A Otto e mezzo, qualche giorno fa, D’Agostino si è trovato a difendere il caro vecchio porno di fronte ai telespettatori, ma soprattutto al cospetto di Michela Marzano, filosofa presente in studio. La pietra dello scandalo nasce dalla campagna elettorale del politico danese Joachim B. Olsen, sfociata per sfortuna anche su Pornhub, importunando con la politica l’intimità di tutti gli uomini. Anche se i clienti più affezionati si ricorderanno Francesco Totti comparire al centro dello schermo, prima dell’apertura del video selezionato, per pubblicizzare un casinò online. Chiaro sintomo che la pubblicità e la politica sono presenti purtroppo ovunque.
Da questo specifico caso danese, la discussione si stalla sull’effetto che l’eccessiva facilità di accesso alla pornografia causerebbe alle nuove generazioni. Secondo la studiosa la sua diffusione sul web non farebbe che alimentare un immaginario che crea nei giovani false aspettative, distruggendo così ogni possibilità di vedere l’altro come qualcosa di unico.
È fin troppo facile immaginare ciò che ha in mente la professoressa, soprattutto per i maschi: un breve teatrino, che funziona da trama, introduce gli spettatori a una performance sessuale che si ripete simile per milioni di video. In studio si finisce però col mescolare le carte, confondendo qualcosa di semplice come i siti porno con l’educazione sessuale e sentimentale.
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Secondo la docente, nella pornografia si utilizza l’altro per la massimizzazione del piacere; nell’erotismo questo viene invece riconosciuto come soggetto, ponendo come discrimine il rispetto che si ha nei suoi confronti.
Il problema non è che la filosofia è talmente annoiata e noiosa che prende gli strumenti concettuali del Novecento e prova a farli valere sul porno del nuovo millennio, ma che, una volta compiuta questa operazione, sembra trovarsi a disagio come un secchione in un bordello e non sa dove mettere le mani. I film per adulti sono un mercato che cerca di accontentare la fascia di clienti che ne usufruisce maggiormente, ovvero i maschi di quasi tutte le età. È quindi difficile pensare un porno particolarmente sensibile ai desideri delle donne.
A causa del porno gli studenti della professoressa, a suo dire, non si sentirebbero poi all’altezza di tali performance. Verrebbe da dire che sono gli unici ragazzi a non aver colto lo spirito di finzione che chiaramente pervade lo spettacolo, alla cui messa in scena partecipano attori professionisti e registi che lavorano per più di un giorno a un solo amplesso.
Dobbiamo pensare che gli studenti di filosofia della professoressa non distinguano la realtà dalla messa in scena? Che clicchino sui video delle milf credendo di guardare immagini paraincestuose tra stepson e stepmother? Il porno è, come ogni arte, finzione. Dentro c’è tutto quello che l’uomo riesce a mettervi. Il bello e il brutto di sé stesso e, come tutto il resto dell’arte e forse un po’ di più, nel porno è possibile rivedere l’intera umanità. Fortunatamente, per questo non serve una professoressa, ma bastano gli approfondimenti che periodicamente Pornhub pubblica, ovvero le statistiche sulle preferenze dei navigatori che accedono al sito, divisi per nazione, sesso, giorno dell’anno. Basta digitare “Pornhub insights”.
Il genere in questione si è evoluto davvero molto dai tempi di Ron Jeremy, da quelle rappresentazioni vintage che sembrano molto più moderate ed educate rispetto ai contenuti che i siti vietati ai minori propongono attualmente. Insomma, dagli anni ’80 e ’90 in cui the hedgehog (“il porcospino”, sempre Ron Jeremy) era il re della scena – gli anni in cui c’era ancora il pelo sul pube e sulla lingua della pornografia –, le cose sono molto cambiate per soddisfare psicologicamente il pubblico odierno. Il quadro è divenuto infinitamente più complesso: un mondo di pratiche, tra vecchie che si sono sdoganate e nuove che vi si sono aggiunte, che vede l’uomo comandare, ma anche farsi comandare in modi che farebbero posare la penna al marchese de Sade.
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Qualche cosa positiva, insomma, il porno ce l’avrà pure. In esso ogni ragazzo o uomo che sia può confrontarsi con gli altri sul piano della propria intimità e sentirsi meno escluso, più sordidamente umano. In termini più semplici, qualcuno può scoprire che i suoi gusti sessuali sono condivisi da altre persone e sentirsi meno strano. A ogni modo, sono cazzi suoi!
Alla fine, l’analisi filosofica della professoressa non è insolita. Il porno oggettifica l’individuo ed è chiaro che, ai suoi occhi non troppo pornoaggiornati, a essere oggettificata è la donna. Ma si tratta di un trend soprattutto del porno giapponese. Quello occidentale sembra navigare per ben altri lidi, come del resto l’intera nostra società: l’uomo virile, peloso e manesco, alla Ron Jeremy è in gran parte scomparso o a rischio estinzione.
La pornografia è sempre più capace di scavare nella psicologia del suo pubblico e soddisfare i suoi desideri. Nel 2019, Billie Eilish, cantautrice statunitense, classe 2001, canta: “I like it when you take control/ Even if you know that you don’t/ Own me, I’ll let you play the role/ I’ll be your animal” (“Mi piace quando prendi il controllo,/ persino quando sai che non mi possiedi,/ ti lascio recitare il ruolo/ sarò il tuo animale”). In pochi versi, volontariamente o meno, questa giovanissima ragazza riporta con onestà lo statuto del rapporto uomo-donna, la differenza tra finzione e realtà, tra i desideri e i rapporti intimi e sociali.
Alla fin fine un pompino non è una questione politica, o sessista, e quello che succede nei video porno, al contrario di quello che ventila la docente in studio, non è l’espressione di una volontà di oggettificare la donna sul piano reale o sottometterla politicamente, ma soltanto l’espressione del desiderio intimo dell’uomo.
Alessandro Paglialunga