A un certo punto, ricevo uno strano messaggio su Facebook: “Non so perché non mi sia venuto in mente prima, ma volevo invitarti a prendere visione del mio blog, dato che tu sei uno dei pochi maschi a cui ancora piaccia la fica”. Beh, è una bella cosa quando qualcuno ci riconosce i nostri pregi.
A ogni modo, devo ammettere che questa ragazza romana, Francesca Tocchio, con il suo spazio web, Eresia Minimale, ha saputo coinvolgermi. Ho trovato molto intrigante l’erotismo nelle immagini di cui è protagonista. Oggi che, anche nel porno, va per la maggiore il modello girl next door, lei fa comprendere come nella cosiddetta ragazza della porta accanto si possa nascondere la sottile minaccia di un turbamento che pervade e risveglia tutti i sensi, solleticando il piacere dell’abbandono all’ossessività. Sicché, dopo un’ora di incantato voyeurismo e pensieri che ben mi guardo dal condividere con il lettore, le ho scritto: “Ti andrebbe, se ti intervistassi? No, tranquilla, non è una scusa per provarci. Chi sa scuotere così nel profondo, dare fuoco ai pensieri di un uomo, deve chiaramente avere qualcosa da comunicare. Per farsi semplicemente le seghe, credo basti YouPorn”. Il risultato dello strano gioco che ne è seguito – in cui come sempre l’uomo insiste per strappare in fretta tutti i vestiti, mentre la donna si lascia scoprire per poi rivestirsi almeno in parte – sono le parole che seguono. Peccato solo che sia impossibile riportare quel seducente modo in cui le voci si strusciavano tra loro…
Mi racconti brevemente com’è nato il tuo blog?
Dapprima era semplicemente questione di superare un blocco, che avevo fin da ragazzina, verso l’essere fotografata. Mi dava fastidio proprio l’apparecchio fotografico puntato addosso. Mi sentivo cretina a mettermi in posa. Infatti, ho pochissime immagini del mio momento migliore, fisicamente parlando, quello postadolescenziale, fino ai 30 anni, quando il corpo è all’apice della giovinezza, della carnosità, dello splendore – il corpo, non la sessualità. Mi doleva pensare che sarei diventata vecchia senza niente a documentare i vari passaggi. Sennonché, a quel tempo, lavoravo per una rivista di foto erotiche ed ero in contatto con diversi fotografi. Uno di questi – uno dei miei preferiti – mise un annuncio per modelle, a Roma, e mi venne l’idea di propormi al fine di superare la mia ritrosia. Pensai potesse aiutarmi posare per un estraneo, quasi si trattasse di un lavoro. Lui accettò. Il risultato piacque molto e, successivamente, sono arrivate altre proposte. Per raccogliere i diversi servizi, infine, ho aperto il blog, pensando così di far conoscere anche i miei scritti attraverso l’attrazione per la fica (ride maliziosamente).
Perché questo nome, Eresia Minimale?
Eresia perché la traduzione primaria di questo termine, dal greco, è “scelta”. Per chiarire che, mettermi con la fica di fuori, non era la classica decisione da sprovveduta, ma una scelta ben consapevole. Inoltre, sovente, quando uno dice qualcosa in cui crede, viene tacciato subito di dire assurdità, di eresia. E io mi sono sempre sentita così. Quelli di sinistra dicono che sono di destra, quelli di destra che sono di sinistra. Vogliono che tu ti percepisca come strana e incompatibile con il resto del mondo. Infine, questa mia eresia è minimale perché il blog raccoglie poche cose, l’essenziale direi. Anche il modo in cui scrivo è semplice – per tutti, a mio avviso. Sono diretta, perché mi piacciono le cose pulite e trasparenti.
Che cosa vuoi ottenere con queste immagini? Vuoi mostrarti, eccitare il pubblico, fare arte, indurre a una masturbazione liberatoria?
Il primo servizio l’ho fatto perché l’ho trovato divertente, liberatorio appunto. Ho iniziato a pensare che nelle imperfezioni di ognuno di noi possa risiedere qualcosa di gradevole, di eccitante. Mi piaceva l’idea di stare in prima linea per un certo tipo di bellezza che non fosse quella canonica. Ma non ti posso dire che lo scopo primario è quello, perché a monte non vi è una decisione tanto netta, come quella di essere la paladina del corpo qualunque. Anche se è vero, io offro un’alternativa alla modella da uno e ottanta, il capello lungo e la terza di seno. Il primo servizio, pensa, l’ho realizzato di notte, dopo un concerto in cui avevo ballato e sudato. Non mi ero neppure risistemata. In generale, non mi sono mai truccata per le foto, né ho scelto degli abiti particolari – anche perché di solito non ne indosso nelle foto (ride in modo sbarazzino). Diciamo che ho sempre cercato di essere il più spontanea possibile.
Tra i vari post ce n’è uno che ho apprezzato molto. Si intitola “LETTERA SEMPLICE PER SEMPLICI FOBICI”. È un vero e proprio inno alla liberazione dionisiaca. Siamo un mondo di repressi, vero? Io l’ho sempre pensato. La rivoluzione sessuale è una colossale presa per il culo. Ci esponiamo, andiamo in giro seminudi, ma scopiamo meno dei nostri nonni.
Sono d’accordissimo. Vedi, io sono una persona terribilmente sincera, che ama mettersi a nudo con gli altri. Mi mancava solo di farlo letteralmente. Anche se spogliarmi, mostrarmi, è il meno rispetto al modo in cui esterno solitamente ciò che sento. In fin dei conti, spogliarsi non è rischioso come essere sinceri. Per il resto è difficile capire fino a che punto si sia condizionati dal tempo in cui si vive, dall’educazione e dai fattori esterni. Io per prima non lo so, non fino in fondo. So per certo, però, che sono stata inibita, ma credo di averci lavorato su come si deve. Sicuramente lo sono meno della maggior parte delle persone che conosco, a giudicare dalla repressione generale che c’è in giro.
Da cosa dipende?
Dipende dal senso di colpa inculcato negli esseri umani…
Non è anche una forza motrice della nostra sessualità?
La proibizione è una forza motrice, il senso di colpa meno. Il divieto, ecco, questo sì. Ma oggi sussiste un grande problema – che causa molta repressione – dato dai tanti termini di paragone in circolazione. In passato non si sapeva niente in merito a come andasse fatto il sesso, a chi lo faceva, ai feticismi e alle trasgressioni varie, alle prestazioni e alle dimensioni. Era tabù e tale restava. Però, nei fatti, ci si liberava maggiormente, come si poteva. Comunque si agiva, si concretizzava e se ne parlava meno. Adesso tutto viene posto in vetrina, in una gara a chi è più trasgressivo, a chi lo fa meglio, a chi è più soddisfatto. Più che praticarlo, insomma, discutiamo molto sul sesso. Non io. Io lo faccio… tanto, tanto, tanto (ride). Ma per una donna è più facile. Anche per alcuni uomini, sia chiaro. Ci vuole un po’ di faccia tosta, la volontà di correre il rischio. Molti sono pavidi in amore, o anche solo nell’approccio sessuale. Invece bisogna correre il rischio del rifiuto, dell’apparire ridicoli, grotteschi, perché il sesso è in gran parte grottesco – quando ero, anche io, maggiormente condizionata, lo vivevo davvero come unicamente tale… Io, fin da piccola, sono stata ipersessuale. Organizzavo spogliarelli per i miei coetanei. Andavo dai compagni a dirgli “ti mostro la patatina, se tu mi mostri il pisellino”, o cose simili. Se mi toccavano, ero felice. Il mio primo fidanzatino, per esempio, mi aveva giusto baciata e io mi dicevo “ma perché sto cretino non mi tocca le tette?!”. Sì, ero ipersessuale. Poi, però, vedendo le reazioni altrui, come quelle dei miei amichetti inorriditi di fronte alle mie proposte di denudarmi, mi sono chiusa, fino a pensare di essere completamente sbagliata. Come sappiamo, si vedono tette e culi ovunque, anche per pubblicizzare il detersivo per pavimenti, ma se poi una come me dice che le fa piacere una mano sul culo, le danno della depravata. Questo, in passato, mi ha reso repressa. Poi però, per fortuna, la mia indole è tornata a galla.
A un certo punto scrivi, sotto una foto: “L’altro giorno volevo dirti che mi fai sentire come una donna d’altri tempi. Quando da dietro ti avvicini e mi stringi. Mentre sto lavando i piatti. Mi baci il collo e mi fai scorrere le mani addosso. […] Sento il tuo desiderio come doveva accadere alle donne prima, quando il sesso era una cosa nuova. Quando il primo uomo non era raro fosse anche l’ultimo. Che a pensarci non c’è niente d’invidiabile se non quel desiderio, pieno d’ingenuità. Desiderio puro”. Che dici, si stava meglio quando si stava peggio? In quella società della repressione era maggiormente possibile sentire fino in fondo il desiderio?
Assolutamente. Le cose vietate hanno molto più gusto. Ora che siamo libere di darla a chi vogliamo, di fare quello che ci pare, c’è più bigottismo che in passato. Prima tutti si facevano semplicemente i fatti loro. Adesso invece recitano la parte dei libertari, se si parla di sesso, ma, appena si dimostra di essere davvero libertini, si finisce per essere etichettati come zoccole o maniaci. All’aumentare del libertarismo, anche i giudizi divengono più severi.
Cosa ne pensi di femministe e #metoo?
Poverine! Anche loro, come la massa, non sono capaci di contestualizzare. Non riescono a comprendere la necessità di un cambio di rotta dai tempi in cui le donne erano davvero relegate in cucina, rispetto al presente in cui sono loro i carnefici della società. Oggi, dove è concesso tutto e di più, spesso abbiamo noi il coltello dalla parte del manico. Pensa per esempio alle cause di affidamento, o ai casi di molestie. In questo buonismo imperante, alcune sono certo mosse da buone intenzioni, ma è difficile capire quanto possano essere condizionate dall’antropologia che ci gira intorno.
Ci sono un paio di foto in cui mostri la vagina e sembra che ti masturbi, in un parco, appoggiata a un albero. Quelle foto che effetto dovrebbero sortire?
Non mi masturbo, me la guardo. Non l’ho mai fatto di toccarmi in foto. Sembrerò ingenua, se ti dico che non ho pensato all’effetto che avrebbero sortito le mie immagini. Ho sottovalutato questo aspetto.
Davvero non ne sei cosciente?
Non è che non sono cosciente, è che non me ne frega proprio niente. Se uno si vuole segare, la cosa mi lusinga – in fondo, sono fatti suoi. Se un altro vi scorge ulteriori aspetti, meglio ancora. Io mi sono divertita a posare e mi piace avere mie immagini realizzate da bravi fotografi. Le foto erotiche mi intrigano in primis come spettatrice e quelle che ho fatto mi sembrano un prodotto di qualità.
Cosa deve avere una foto per essere erotica?
Il vedo non vedo, ma le mie sono quasi tutte nude (ride).
Le tue sono erotiche?
Non tutte, alcune.
E le altre, quelle non erotiche, cosa sono?
Sono foto, un prodotto artistico frutto della collaborazione tra due persone con una certa creatività, o una certa predisposizione alla comunicazione. Comunque, non ho voluto puntare con esse alla eroticizzazione della mia figura.
Non è quello che avevo in mente. Pensavo piuttosto, anche partendo da ciò che si legge in alcuni tuoi post, che ci fosse implicito un invito ad abbandonarsi al dionisiaco, alle pulsioni.
A me non importa nulla che gli altri siano come me, basta che non mi rompano le scatole. Non voglio necessariamente essere un esempio.
Perché le condividi con gli altri, allora? Due persone che, nel segreto della loro stanza, si scattano foto mentre scopano, lo fanno per puro piacere personale. Non mi sembra che il tuo caso sia assimilabile.
Sarà la mia vena esibizionista, non lo metto in dubbio, non so. Sicuramente c’è, per quanto di solito, nella mia vita di tutti i giorni, io non mi metta granché in mostra. Forse è sfociata lì. Più che altro sono state una liberazione, attraverso cui ho sentito di poter mostrare senza troppe remore un difetto e, attraverso cui, come ti dicevo, io ho superato un blocco.
Ma se queste foto non sono un invito lanciato al pubblico per liberarsi, se sono un qualcosa che non contempla altri che te, non si cade nell’autoreferenzialità e nell’autismo?
No, perché non per tutti liberarsi significa necessariamente mostrarsi nudi in foto. Per me lo è, naturalmente. Sicchè io non spingo nessuno a mostrarsi, anzi inviterei piuttosto a censurarsi. Non amo eccessivamente il libertarismo: pochi hanno qualcosa da dire; degli altri faccio volentieri a meno di sapere cosa pensano. Tutti che parlano di tutto: che palle! Io ho scelto l’erotismo perché a me è sempre piaciuto e me ne sono interessata nel corso del tempo. Perciò ho voluto misurarmici totalmente, tra racconti erotici, il lavoro per la rivista, le mie foto sul blog.
Ma il sesso non è politico? Non chiama, come qualunque attività, gli altri a una presa di posizione, sia essa un rifiuto o la volontà di prendervi parte? Sartre direbbe che io faccio ciò che faccio assumendomene la responsabilità di fronte a tutto il mondo. Dunque, denudandosi, come può una persona non pensare che quel gesto non abbia una valenza politica?
Nella misura in cui mi oppongo al canone di perfezione imposto, le mie foto hanno una valenza politica. In sostanza, il messaggio potrebbe essere inteso come un “non sono il classico modello di bellezza, eppure mi spoglio come e quando voglio”. In generale, comunque, io sono un essere politico dalla nascita, per il semplice fatto che ho l’abitudine di dire quello che penso e soprattutto ho l’abitudine di pensare, di chiedermi perché, e altre cose che si dà per scontato si debbano fare, ma che poi spesso non si praticano. Sono me stessa in un’epoca in cui l’apparenza è tutto e, dunque, essere se stessi è già di per sé un atto rivoluzionario. Ripeto, mostrarsi nudi, tra tutte le cose che ho fatto, è stata la più semplice.
Perché le foto con il pelo?
Lo preferisco. Il pelo, peraltro, va nel senso di quel “vedo non vedo” di cui ti parlavo prima. Inoltre è più erotico, più armonico. La patata senza peli ce l’hanno solo le bambine, una donna ha il manto. Io, poi, sono cresciuta con le riviste e i film anni ’60-’70 e lì ce l’avevano tutte. Rientra nel mio immaginario, per dir così. Certo, non ogni donna ce l’ha carina come la mia – mediamente la patata delle altre mi fa schifo (ride).
Matteo Fais