Tutto può cominciare da un incrocio bibliografico. Nel 1973 la Casa Editrice Astrolabio edita un libro di astrale bellezza, I segni sul muro. La ‘quarta’, come consuetudine per quei tipi, è in copertina: “Il ‘tributo a Freud’ della poetessa americana H.D., sodale di Ezra Pound e paziente del Professore di Vienna. Dichiarazione d’amore, taccuino di sogni e visioni, brogliaccio di un’analisi didattica, poema drammatico e soprattutto incartamento del processo che un artista ma ‘sognatore’ intenta a se stesso per trovare la chiave dei ‘segni’ che la sua mente ha proiettato sul ‘muro’ della realtà”. Il libro – ecco il nodo del caso – è tradotto da Massimo Ferretti, l’eccellente poeta di Allergia; in origine s’intitola Tribute to Freud, è pubblico nel 1956. L’autrice, H.D., lettere che s’incendiano occulte sulla pagina, ha conosciuto Freud a Vienna nel 1933, traendone impulso creativo, voltando l’isteria in estasi. Quando H.D., donna di maschia bellezza e dallo sguardo di cristallina fierezza, arrivò a Vienna, aveva già vissuto miriadi di vite. Hilda Doolittle – nome che evoca un film di Tim Burton – era nata il 10 settembre del 1886 a Betlemme, in Pennsylvania, unica sopravvissuta di cinque fratelli. Era la stella del padre, che di mestiere era professore di astronomia. Conobbe Ezra Pound nel 1901, gli folgorò la fantasia, come una costellazione in un cocktail, diventò la sua prima ragazza, lui le dedicò un florilegio di poesie d’amore; il padre disapprovava e i due ruppero il fidanzamento nel 1908, quando Ez partì per l’Europa. Hilda divenne H.D. per merito di Ezra, che la aggregò tra gli Imagisti facendola evolvere in griffe – amica di Marianne Moore e di William Carlos Williams, atterrò a Parigi nel 1911. Amava le donne, fu una musa scontrosa per molti. Richard Aldington, poeta potente e studioso di letteratura, la convinse a sposarsi, nel 1913: lei gli diede un figlio, due anni dopo, morto al parto. Nel frattempo, H.D. coltivava una relazione con Cecil Gray, compositore decisamente più giovane di lei, di cui rimase incinta, partorendo Perdita, nel 1919. Nello stesso tempo, flirtava con D.H. Lawrence benché il rapporto più sincero e duraturo fosse con Annie Winifred Ellerman, scrittrice, nota come “Bryher”. Erano bei tempi, non esisteva il tradimento ma la complicità, lo studio stupefatto: Aldington sarà uno dei critici più efficaci di Lawrence. Come poetessa, H.D. alternò la moda del Giappone allo studio della Grecia antica, Kyoto e Saffo. Ha tradotto e tradito l’Elena di Euripide, fu tra gli autori che hanno fatto la ‘modernità’, era impeccabile, spietata. Negli States è pubblicata ampiamente da New Directions, è diventata una icona; in Italia è pressoché sconosciuta: Massimo Bacigalupo ha curato per Archinto Fine al tormento: ricordando Ezra Pound; nel 1986, per Lucini, Mary de Rachewiltz collezionò un tributo, H.D., l’editore Raffaelli ha editato alcuni libri in lingua originale. “La sua vita e la sua opera ricapitolano i temi principali del modernismo: la fine delle certezze vittoriane, un’epoca dominata da rapaci cambiamenti tecnologici, la violenza di due guerre mondiali, la disintegrazione dei sistemi simbolici tradizionali, la ricerca di nuovi miti” (così il vasto saggio biografico su “Poetry Foundation”). Morì a Zurigo nel 1961, l’anno prima era tornata negli States per ritirare una medaglia assegnatale dall’American Academy of Art and Letters. Nelle fotografie aveva sempre lo sguardo inclinato, incline a una feroce malinconia, come se dietro i muri riconoscesse licaoni. (d.b.)
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Elena
La Grecia tutta odia
lo sguardo fermo sulla faccia bianca,
la limpidezza degli ulivi
dove si riposa
e le sue mani bianche.
La Grecia tutta disprezza
il candore del suo viso che sorride,
cresce bianco e innocente
insieme all’odio
ricordano l’incanto passato
i passati mali.
La Grecia fissa impassibile
la figlia di Dio, nata nell’amore,
la bellezza dei piedi leggiadri
e le ginocchia sottili,
potrebbe amare quella ragazza
solo se fosse deposta
cenere bianca tra cipressi funebri.
*
Oread
Turbina, mare –
vortice di pini appuntiti,
schianta la pineta
sulle nostre rocce,
grida il verde su di noi,
inghiottici in pozze di abete.
H.D.