Un articolo del New Yorker firmato da Paul Muldoon, poeta tra i più noti nel mondo inglese, tradotto anche in Italia, evviva (Sabbia, Guanda, 2009), ha un titolo rombante “John Ashbery ha cambiato il ruolo della poesia americana”. L’attacco del ‘pezzo’ dice tutto: “John Ashbery è certamente l’ultimo poeta americano la cui grandezza sia accolta da un consenso pressoché unanime”. Figlio del vecchio mondo – era nato il 28 luglio di 90 anni fa – Ashbery, che ci ha lasciato per sempre il 3 settembre scorso, era il più importante poeta vivente from Usa. “Nessun poeta americano ha allargato così tanto il vocabolario, non l’ha fatto Whitman, non l’ha fatto Pound, l’ha fatto Ashbery” ha detto Longdon Hammer, della Yale University. Amico di Andy Warhol, ‘benedetto’ da Wystan H. Auden – il poeta, per altro, su cui si era laureato – Ashbery, che ha vinto tutti i premi di poesia immaginabili, è stato medagliato dall’amministrazione Obama per meriti culturali, è stato introdotto in Italia da Aldo Busi, che nel 1983, per Garzanti, ha tradotto Autoritratto in uno specchio convesso. Attualmente, siamo messi male, c’è poco e nulla. Il piccolo editore Sossella – deo gratia – ha ripubblicato l’antologia Un mondo che non può essere migliore, che si ferma al 2007.
Qui l’articolo di Muldoon: https://www.newyorker.com/books/page-turner/john-ashbery-changed-the-rules-of-american-poetry.
Qui una poesia tradotta da Damiano Abeni:
E lei si chiama Ut pictura poesis
Non puoi dirlo piú cosí.
Preoccupato della bellezza devi
uscire allo scoperto, in una radura,
e riposare. Certo, qualsiasi cosa strana ti succeda
è OK. Chiedere di piú non sarebbe
da te, tu che hai cosí tanti amanti,
gente che ti ammira ed è pronta
a fare cose per te, ma tu pensi
non sia giusto, che se ti conoscessero davvero…
Basta cosí con l’autoanalisi. E adesso,
su cosa mettere nella tua poesia-quadro:
i fiori sono sempre belli, specie i delphinium.
I nomi di bambini conosciuti un tempo e le loro slitte,
i razzetti vanno bene – esistono ancora?
Ci sono un sacco di altre cose con le stesse proprietà
delle sunnominate. Ora si devono
trovare alcune parole importanti e molte di basso profilo,
dal suono fiacco. Lei mi contattò
perché comprassi la sua scrivania. D’improvviso la strada fu
follia pura e clangore di strumenti giapponesi.
Prosaici testamenti vennero sparpagliati tutt’attorno. La sua testa
s’allacciò alla mia. Eravamo una biciancola. Qualcosa
andrebbe scritto su come ciò ti condizioni
quando scrivi poesia:
l’estrema austerità di una testa pressoché vuota
che si scontra con il rigoglioso fogliame Rousseau-simile del suo desiderio di comunicare
qualcosa nelle intermittenze del respiro, anche se solo nell’interesse
d’altri e per il loro desiderio di capirti e disertarti
per altri centri di comunicazione, cosí che la comprensione
possa avere inizio, e cosí facendo essere disfatta.