26 Agosto 2018

La destra? Ha rotto le palle con la nostalgia, la tradizione e le cause perse (come quella contro gli omosessuali). Bisogna uscire dal ghetto e tornare a fare cultura. Cioè, imitare la sinistra

A malincuore – o per meglio dire masticandosi i coglioni –, ma non si può negare che la sinistra abbia in buona misura ragione quando muove certe critiche alla destra o presunta tale. La massa destrorso-populista è in larga parte rozza e incolta, tanto quanto l’altra è sopraffina e intellettualistica nella sua stucchevole partigianeria.

Una sana destra, che voglia porre fine alla sua costante autocommiserazione, dovrebbe rinnovarsi in alcuni aspetti, ma in modo radicale. È già una buona cosa aver abbandonato la via del liberismo più sfrenato, costringendo al suo interno le degenerazioni attuali del pensiero sinistrorso, per imboccare invece quella del sovranismo identitario. Qualsiasi deriva mondialista ed europeista va respinta e allontanata. Per confrontarsi con un mondo che cambia bisogna possedere una propria identità salda e fiera. Lasciamo che siano gli altri a portare il loro internazionalismo alle sue conseguenze più perverse. Quel cammino non può essere il nostro e non sarà quello del popolo.

Sono altri i problemi che la destra non vuole affrontare. Il primo risale oramai al secolo scorso e gli avversari, che decisamente non sono stupidi, hanno saputo cogliere la palla al balzo, conquistando così il loro potere temporale. In due parole, la destra deve tornare a fare cultura con grande slancio. Non si possono unicamente difendere imprenditori, partite iva, e allevatori vittime dell’ignobile limitazione delle quote latte. Bisognerebbe riscoprire e rilanciare lo spirito che animava quello che fu “Il Giornale” di Montanelli, quando il Maestro volle formare un vero e proprio esercito, da Nicola Abbagnano a Mario Praz, per rivaleggiare con la macchina da guerra dell’intellighenzia di sinistra.

Suvvia, non è possibile che non si trovino quattro soldi per finanziare un fronte simile. Del resto gli intellettuali, sul mercato, costano meno delle baldracche e, se ben retribuiti, sono molto più fedeli. Ma che la smettano una volta per tutte di chiudersi a riccio nel culto nostalgico di un passato glorioso, da Heidegger a Jünger, passando per Evola. Non è con uno sparuto gruppetto di pensatori deceduti che si può fare una rivoluzione. Ci vogliono autori freschi, menti vive. Bisogna stare nel proprio tempo. Bisogna imitare la sinistra, ma rifiutandone l’elitarismo. Se la prima ha subdolamente alimentato la frattura tra cultura alta e bassa, la destra deve lanciare un approccio differente, nazionalpopolare e postmoderno, rimescolare le carte insomma.

L’altro errore fondamentale è antropologico: la dobbiamo finire di combattere cause perse. L’aborto, l’omosessualità e via dicendo, sono datità rispetto alle quali le lancette della storia non torneranno mai indietro. Soprattutto rispetto all’omosessualità, la questione è di vitale importanza. La sinistra, che pure in passato era stata tristemente omofoba – l’amore per quelli del proprio sesso era una degenerazione della sessualità borghese –, ci ha visto giusto anche in questo e, sempre strumentalmente, ha abbracciato la causa consapevole della resa elettorale che ne avrebbe ricavato. Bisogna essere realisti, ogni tanto. Esiste una comunità LGBT. Fare come Silvana De Mari, o sposarne la prospettiva, sarebbe mortale. L’unico punto di vista ragionevole, e sul quale bisognerebbe insistere con forza, è quello di smetterla di fare distinzioni – chi è normale e chi no – e capire che, piuttosto, si dovrebbe riscoprire la dimensione privata. In soldoni, a livello comunitario, non conta cosa si faccia sotto le lenzuola, ma che si riesca o meno a dare un contributo positivo alla società intorno a sé. Gay, trans, poliamorosi, arcobaleno e quant’altro sono faccende che devono retrocedere all’ambito personale e sparire dal discorso politico.

Questo è ciò che davvero importa, almeno se ci si vuole rendere rispettabili e uscire dal ghetto in cui ci si è trovati a essere confinati e, in parte, ci si è reclusi. Il resto sono stronzate, facili nostalgie, stolta volontà di imitare i nonni. Questo non lo capirà quasi nessuno, anzi, quelli che sono i miei stessi simili mi odieranno… Pazienza! Come diceva qualcuno “Molti nemici, molto onore”.

Matteo Fais

Gruppo MAGOG