09 Gennaio 2024

“La meccanica dell’assoluto”. Jacques Prevel, il discepolo maledetto di Artaud

La vita di Jacques Prevel è votata alla vita di Antonin Artaud. I due si incontrano al caffè Flore, Parigi, il 27 maggio del 1946. Artaud ha “il basco calcato fino alle orecchie, la faccia stravolta”. Immediato, l’affetto patriarcale, il segno che sigilla una parentela tra assoluti: “Assomiglia a mio padre alla fine della vita, il labbro a lama di coltello, la parola tagliente”. Jacques si fa figlio di Artaud, primo discepolo dacché ultimo, il paria, lo sconosciuto – il Pietro/pietra. Consapevole che stare al fianco di Antonin richiede abiura di sé, abitare l’aporia. Due giorni dopo, Artaud gli parla “dei Lama del Tibet”: recluso a Rodez, gli pareva di essere a Lhasa, “i Lama si erano serviti di me. Ero preso nella loro catena”. E poi: “Lo sa, signor Prevel, ci sono milioni di persone che mi fanno delle stregonerie e cercano di nuocermi”.

Antonin Artaud, Ritratto di Jacques Prevel, 1946

Jacques Prevel ha poco più di trent’anni quando conosce Artaud: è nato il 22 luglio del 1915 a Bolbec, in Normandia. A Le Havre, dove esercita diversi lavori, sposa Rolande, una maestra; dal 1942 i due si trasferiscono a Parigi. L’unione – da cui nasce un figlio – non vieta il reciproco tradimento. Nella capitale, Prevel entra in contatto con Roger Gilbert-Lecomte e René Daumal, vive la povertà, lo strenuo isolamento, pubblica i primi versi – Poèmes mortels, Poèmes pour toute mémoire – a proprie spese, da improprio al tempo. Di Artaud, Prevel registra ogni singolo singulto: la dipendenza dalle droghe, le bestemmie, la rude innocenza, l’ignominia della gente che infama il genio (“Diversi vicini si lamentano delle grida di Artaud e minacciano di sporgere una lamentela. La gente è disgustosa”).

Un giorno, descrive la meccanica creativa di Artaud. Senza allerta né allenamento, così come viene, “Artaud ha iniziato a fare dei movimenti nervosi. Improvvisa dei canti, scrive le parole di quello appena improvvisato”. Attacca un dire glossolalico (“lo garbant/ a ta ma muna/ ya ma muna/ ata mura”), “Artaud canta a lungo su un tono sempre più acuto e selvaggio, facendo dei gesti nervosi, poi rimane immobile e si mette a scrivere”. Atto sciamanico, ritualità distorta. Parola che si fa atto – Ivry come Delfi.

Come una torcia gettata in gola, Artaud illumina e incenerisce la vita di Jacques Prevel. Avvitato nel voto, Prevel si avvia naturalmente a morire la morte del suo maestro. Che il maestro non riconosca allievi, non possa allevare nessuno alla mantica del suo verbo, mangiatoia che si fa ghigliottina, è proprio della sua maestria. Quando muore Artaud, Prevel perde la voce. Antonin lo cercava, per lo più, per farsi dare dall’amico laudano e oppio. Pareva bello, Prevel, della genia degli angeli dalle ali mozze, che hanno attentato al cielo e sono rei al fango, morituri in un fasciame di elitre. Tutto si capisce dai versi: sbalzati nell’urlo, sbalorditi nell’ora-o-mai-più, sempre febbrili.

Sfiancato dalla tubercolosi, Prevel muore alla fine di maggio del 1951, cinque anni dopo il suo incontro con Artaud, nel sanatorio di Sainte-Feyre. Alcuni versi adornano la sua lapide, nel cimitero di Bolbec:

“Sono stanco della nebbia che si sfascia
stanco di questa miseria
e immagino un amore in cui vivere senza pianto
immagino un paese dove morire senza rimpianto”.

L’opera più nota, En compagnie d’Antonin Artaud, esce nel 1974 da Flammarion, per la cura di Bernard Noël; in Italia è pubblicata da Giometti & Antonello, nel 2015, nell’impeccabile cura di Antonio Malinverno (cioè per amore di Danni Antonello).

Poeta consegnato a registrare la vita di un altro, come uno di quei padri confessori che inscrivono le visioni delle isteriche consacrate, delle mistiche in estasi in libri ispirati da passare ai secoli, Jacque Prevel non è stato semplicemente lo scrivano di Artaud. Scrutare una vita, riferirne il trono e il distillato di veleno e d’oro è già il premio del poeta. Nel 1950 Jacques Prevel pubblica la sua ultima raccolta di poesie, De Colère et de Haine per le éditions du Lion, con una lettera introduttiva di Artaud, che tra l’altro scrive:

“La sua poesia è sotto la terra. La terra di parecchie catastrofi ammucchiate, e che dopo aver tanto sofferto e sentito l’infinito timore dilaniare la sua faccia, il suo cuore è sul punto di saltare di fronte all’ultimo, sempre l’ultimo, sempre così ironicamente e derisoriamente ultimo supplizio per lei preparato; ancora sofferenza, e soltanto da essa essere nato, questo è quanto l’intera coscienza proferisce. Ora, coloro che lo proferiscono più forte nemmeno hanno sofferto tale embrione di supplizio, né quest’arte che non cessa di perseguitare l’esistenza di Jacques Prevel”.

Col tempo, Prevel, discepolo al lato destro di Artaud, è divenuto figura cultuale, parte del reliquiario artuadiano. Jacques Prevel ou la dérive vers l’absolu è il titolo di un saggio di Bernard Polin edito da L’officine nel 2002. Chissà. Forse, infine, il biografo ha oltraggiato – omaggiandolo – il proprio eroe, la penna non era che un’arteria, il paragrafo la pietra d’angolo del cuore. Infine, scrivendo di Artaud, Jacques Prevel ha ritratto se stesso. Che il tutto sia irregolare, con la bassa inquietudine delle faine, è perfino ovvio.

***

Mi rifiuto di credere che la veglia
sarà incenerita dalla limpidezza del glaciale mattino
mi rifiuto di credere che lo specchio
non carderà la mia ombra
mi rifiuto di credere che tutto sarà pari
alla crudeltà, decollato dal tempo
mi rifiuto di credere che le mie parole
non saranno mai udite
mi rifiuto di credere che questa vita
non mi consegnerà a una gloria
più sofisticata e implacabile della ragione
mania più vasta di ogni gloria.

*
Meccanica dell’assoluto
luce che flagella la faccia
quando sarò libero dalla tua nera desolazione
sole frantumato dalle interdizioni
totem della più totale devianza
ti aspetterò, come sempre,
con il mio diafano e insanguinato viso.

*

Tutto intero nel niente
spaventato miserabile folle
non sono un uomo stravolto dallo stupore
non sono l’uomo che torna e che va
sono un uomo spaventato
il cui stupore è una fiamma

Saturi di responsi, non potete dirmi
il perché di questo scandalo:
si rifrange come l’incendio
domina il mio io informe.

*

La terra è spoglia, sepolta dalla neve
e il muro è spezzato, incolore
sommerso dai fiocchi che cadono:
tutto sembra una realtà illusoria
che nasconde, se ascolti bene, una qualche crocefissione
il vento non soffia mai
e il tempo dilata lo spazio della menzogna
impotente, la rabbia sopravvive
in questa monotonia
scavata con sale amaro e lacrime
e urla:
è tutta questione di sonno
nient’altro che sonno: folle stretta
della sordida ansia
eternità elargita dai pigmei.

*

Nascerà la magica primavera
che spezza l’orrore.
Orrore è ghiaccio su ferro
immacolata neve e sangue cristallizzato sul ferro
asimmetrica angoscia sui nostri volti
pari a un delirio osceno
vendetta dopo l’incommensurabile attesa
veleno della pace impossibile
e la primavera avrà il viso dell’annegato
di ritorno dopo un troppo lungo soggiorno
nei dedali del sonno senza accesso. 

*

Piena carne di vita sregolata e snervante
credevi che bastasse un sogno a ingannarti

Non credere alle stelle filanti della voce
centuria di alcool nei pressi dell’inaccettabile
gli uomini si perdono ogni notte in una città
dal sangue che batte
conquistatori senza cronaca
penetrano negli annali delle maschere
derisione di sperma scialacquato in fumo

Ma cosa importa se l’uomo ne è privo?
Mi si è rivelata la loro solitudine
lussuriosa di gloria
e ho custodito questa battaglia di bambini
negli occhi di una donna che me ne racconta
mentre varco i corridoi di una vita malata
e corro con il mio cuore a pezzi.

*

Ti ho ascoltato e ti ho seguito
Antonin Artaud
nel clamore e nel sarcasmo del Tutto
ho sondato le ombre, stabilito il tuo delirio, incarnato
la tua vita autentica
senza sospettare la morte
senza capire che il mio destino
era vivere solo e maledetto
senza capire che le tue parole in me
avrebbero preso forma di piccoli esseri potenti
che ricattano con l’orrore della demenza
morte che incombe sulla mia vita da molto tempo.

Jacques Prevel

Gruppo MAGOG