20 Gennaio 2025

Trame e tremori. Guardando “Eraserhead” durante il terremoto. Ovvero: David Lynch è morto, evviva David Lynch

David Lynch è morto. Per la mia prima volta ho guardato Eraserhead, il suo primo lungometraggio.

È su YouTube, a questo link Eraserhead [1977 – SUB ITA] – YouTube. Il web fa anche cose buone.

Inizio: una pietra galleggiante.

Un uomo occupa la scena buia. La fronte taaanto larga collide con un ammasso oscuro nell’oscurità fuori di lui o dentro di lui.

Dentro di lui un pianeta scabro. Dico pianeta perché qualcuno lo abita. Qualcuno di scabbioso, di verminoso, che tira leve.

Suoni spaziali e metallici. Immersi in un grande universo di metallo. Una fabbrica cigolante produce costantemente l’universo difettoso.

Dopodiché un uomo con un sacchetto di carta in grembo e la pettinatura alta, laccatissima, va per scorci urbani macilenti. Attraversa impianti fangosi. Entra in una pensioncina. Esiste un aggettivo: postindustriale.

L’uomo prende l’ascensore. L’ascensore rumoreggia come uno shuttle in partenza.

Guardo Eraserhead sottotitolato. Il primo sottotitolo è al minuto 10, secondo 36. “Sei tu Henry?”.

Henry, con le penne nel taschino.

In sottofondo sempre i rumori meccanici del mondo. La musica meccanica del mondo in funzione.

D’accordo Henry, accendiamo il grammofono. Col suo gracchio. Come di donna che beve troppo, fuma troppo. Come la donna che qualche frame prima nel corridoio gl’ha chiesto “Sei tu Henry?”

Perché sei triste, giovane Henry? I tuoi begli occhi chiari nel bianco e nero cosa vedono che gli altri non vedono ai piedi del calorifero dov’hai messo ad asciugare i calzini? Cosa c’è nella selva dei tuoi capelli, nel cespuglio post-atomico dei tuoi capelli vulcanici? Cos’è quella siepe riarsa sul cassettone alle tue spalle, dove stai cavando la fotina strappata a metà di un volto di donna? Stai diventando un insetto, Henry, una larva? Lo stai diventando o vuoi a tornare a essere ciò che eri prima di diventare questo Henry, nella speranza di poter poi diventare un Henry diverso?

Oh, cambio scena: appare il volto della donna bianca e bionda e pallida, guarda da una finestrella che ha il vetro ricoperto d’umido condensato, con tanto di tendine. Chi è questa donna per te, Henry? E chi sei per la donna del corridoio che ti ha chiesto “Sei tu Henry?”, che ti ha detto che c’è stata una telefonata per te, un invito a cena a casa dei genitori di Mary?

È notte, cammini sui binari, i cani abbaiano, le luci bianche dei lampioni sono votive.

Henry raggiunge casa di Mary, la donna della foto strappata. Era dalla finestrella della porta d’entrata che Mary scorgeva il fuori. In attesa di un ospite o di una minaccia. Come tutto fischia, fuma, sbuffa, cigola. Siamo nella grande fabbrica del mondo, del cinema.

(Visione interrotta, doppia scossa bradisismica, ore 18:00 circa di venerdì 17 gennaio. Mi incontro con gli altri fuori dal residence dove vivo da un paio di mesi con moglie e figlia e cane, solo che fuori si gela, c’è allerta meteo fino a domani sera, per il freddo e per il vento. Decidiamo di rientrare nella camera, in attesa delle prevedibili scosse di assestamento, nella speranza non ce ne siano di più violente. Il boato della fabbrica sotterranea del mondo.)

Sullo stipite di legno della casa di Mary c’è segnato il numero 2416, non è detto sia più di un civico. (A fine visione per gioco sposto la barra del video su YouTube al minuto 24, secondo 16: fotogramma di Henry e del papà di Mary che gl’ha appena chiesto di tagliare il pollo per lui. L’angolo del tavolo dove cenano è in asse con l’angolo delle pareti. Siamo tutti messi all’angolo. Il padre che già lo è e il padre che non sa ancora di esserlo si guardano. Il primo ha l’aria di sottintendere per il secondo: non sai cosa ti aspetta. Il secondo non sa che si sta allenando a trinciare. Questo insegnano i padri agli altri padri: come si trincia.)

C’è già così tanto Lynch a venire in questi interni di casa americana borghese piccola piccola, stentata, traumatizzata, arredati con poco: un divano, un tavolo, la porta a ventola verso il tinello. Tanto Lynch in questo calpestio continuo, nel tramestio, nel buio rischiarato, nei dialoghi dilatati fino al surrealismo più disturbante. “Sono un tipografo”. “Sono stato un idraulico.” Spennellare il pollo. Girare l’insalata con le mani della nonna paralizzata. Gli attacchi di panico repentini. Che paura la normalità ripresa nella sua natura morta in vita.

La sigaretta accesa tra le labbra della nonna immobile. Il fumo la ucciderà. Il fumo ti ucciderà Lynch.

Il cucù segna le otto. Sono come una mezzanotte degli orrori.

Il pollo cotto al forno e impiattato muove le coscette, spurga sangue o salsa. La madre ha una crisi. Il padre si paralizza, come la nonna. La madre esce dalla stanza attraverso la porta a ventola. La figlia la segue. La madre rientra nella stanza. “Henry, posso parlarti un minuto, di là?”. L’elettricità sfrigola. La lampada si spegne. Lynchiano avanti lettera.

(Il cane si ficca tra le mie gambe. Dopo poco torna a poltrire sul divano. L’ho lasciato imbracato con pettorina e guinzaglio. Io ho messo nelle tasche il portafoglio e lo smartphone. Ho le chiavi della camera a portata. Guardo Eraserhead al portatile, seduto davanti alla scrivania di fianco alla porta d’ingresso., nel caso occorra andare fuori di nuovo di colpo, in caso di emergenza, di sussulto nella macchina del mondo. Non mi sono guardato allo specchio dopo le scosse. Ignoro se ho i capelli issati come Henry Spencer.)

Henry, non è che tu e Mary avete fornicato?

(Anche lì fa molto freddo, come qui ora, da dove lo guardo, da un punto differente del tempo e dello spazio – non in un dopo, non in un prima. Da un altro punto del tempo che inevitabilmente è un altro punto dello spazio. Anche lì c’è una cagna che uggiola, spaventata, come qui. La cagnetta di qui però non allatta una cucciolata squittente, come di topi e non di cagnolini.)

Il mostriciattolo di mamma e papà, e il pacciame nella camera di Henry.

Cosa metti in quello stipetto, Henry? Una coda di verme, di gamberetto? Le tue colpe, le tue elucubrazioni? Il frutto rinsecchito delle tue masturbazioni mentali?

Il mostriciattolo piange tutta la notte gelida. Le espressioni commedia muta di Henry Spencer.

Versione Trama Horror Numero 1 → S’è ammalato il bebè, notte insonne. Che mostriciattolo… E se si fosse preso i parassiti?

Versione Trama Horror Numero 2 → L’adulterio con la donna della camera 27 rovinato dal bebè che piange. Che mostriciattolo… E se lo ricordasse quando cresce? Mannò, è troppo piccolo per poterselo ricordare. Consciamente no, almeno.

Interpretazione 1 → Le prime scene rappresentano l’orgasmo fecondatore tra Henry e Mary, freddo, alienato, insano, ma cosa può esserci di sano in un mondo corrotto, diventato un’unica grande macchina avvelenatrice, affumicatrice, arrugginatrice?

Stacchetto musicale della donna un po’ paffuta un po’ barbuta che vive nel teatrino dietro al calorifero: “In paradiso va tutto bene.” Una loggetta nera?

(Dati dell’Osservatorio Vesuviano: si è trattato di tre eventi “con magnitudo preliminare di 1.6, 3.0 e 1.7 +/- 0.3 profondità inferiore a 2 km ed epicentro a Pozzuoli ad ovest della Solfatara”.)

Seguono scene per cui a farsi cogliere impreparati occorrerebbero poi un paio di anni in analisi per venirne fuori. L’anziano barbone che si vede scippare via da sotto gli occhi la testa decapitata e precipitata di Henry da un bambino di strada è uguale sputato all’ultimo Sanguineti.

È evidente che Henry debba rifarsi la punta al cervello, per risolvere la sua condizione di vita impantanata, stritolata, spezzata.

Henry, ecco, ha avuto un incubo all’interno del suo incubo di vita, che forse è all’interno di un incubo ancora così grande, e via andare, secondo un ordine crescente di incubi e non si ha come stabilire se l’incubo più vicino alla realtà sia quello più grande o se quello più piccolo. Se esiste una realtà oltre il suo incubo o se non sia appunto un incubo e basta la realtà.

La vita umana sulla terra, che termitaio.

Versione Trama Horror Numero 3 => Tuo figlio ride di te, dei tuoi fallimenti, e tu devi confrontarti con la pulsione infanticida, ovvero col tuo desiderio di morte, di suicidio per interposta reincarnazione, uccidendo la tua parte più nuda, con il fuori più simile al dentro, non ancora mascherata, sotterrata.

 Versione Trama Horror Numero 4 => Chi ti proteggerà da tuo figlio?

Il finale: elettrizzante.

C’è qualcosa di profondamente instabile in ogni profondità, sia essa fisica o psichica. Nelle viscere tumultuose della terra o della mente c’è qualcosa che sempre trema e trama.

antonio coda

Gruppo MAGOG