Ormai da tempo, il viaggio è diventato un’offerta di mercato come un’altra, ennesima variante al più vasto servaggio della nostra anima, al giogo dei desideri altrui. Da Tokyo a New York, da Reykjavík a Città del Capo, ogni meta è a portata di mano: egualmente asettica, fotogenica, esatta. Il viandante e il flâneur non hanno scampo nei loro ondivaghi vagabondaggi, preda dell’ardore o del tedio: il ‘navigatore’ installato insidiosamente nel cellulare li riporterà, supini, sulla retta via.
Eppure, il viaggio è un esercizio di smarrimento – finanche di rivolta dal proprio misero io, dal proprio ego-faina.
Non c’è scampo neppure al di là dei grandi centri: non esiste borgo che non sia turisticamente attrezzato; non c’è bosco che non sia lordato da forzate marce di scalatori vacanzieri. Esistono agenzie che organizzano viaggi nei luoghi ‘selvaggi’, perfino nei deserti; all’adatto portafogli si spalancano inaccesse profondità oceaniche, le crociere su Marte… ma il viaggio non è forse lasciare impresa al caos e al caso, disorganizzare il tempo nei dintorni dell’audacia? Viaggio non significa forse: possibilità di non fare ritorno a casa?
Forse, l’estremo rifugio del viaggio è il libro, veliero incontrollato, estremo lembo di libertà…
Da qui, dunque, l’idea di un sentiero specifico nel nostro catalogo: un invito al viaggio senza bussola, un elogio del romitaggio. A partire dal libro di viaggio per antonomasia, l’Odissea – nella traduzione di un viaggiatore d’elezione, collezionista di deserti, “Lawrence d’Arabia” – si parte per un periplo tra isole remote e luoghi inaccessibili, tra l’estremo Nord e gli estremi equatoriali, navigando sulle baleniere, tratteggiando sentieri con i cammelli. Insieme a Herman Melville disertiamo a Nuku Hiva, l’isola più remota del mondo, dove un ragazzino francese, Joseph Kabris, decenni prima, era stato eletto, per una fortuita avventatezza, re. Insieme ad Arthur Rimbaud, ripudiamo le chiacchiere dei letterati parigini e ci gettiamo nello Scioa, nei recessi dell’Etiopia, insieme a Jules Borelli, impavido esploratore francese. John Muir, naturalista di solido genio, pioniere della conservazione ambientale, ci porta, invece, verso la misteriosa isola di Wrangel, nell’Estremo Oriente russo, dove gli zar sono gli orsi bianchi, supportati da una corte di volpi…
Dietro ogni avventura c’è il desiderio di riscoprire l’Eden, di salvare un amico, di sfuggire dal giogo della ‘civiltà’, di perdersi, scoprendosi sovrani di se stessi.
Più che altro, questi libri sono stralunate guide di viaggio: fanno del cuore un astrolabio, un caravanserraglio, una banchisa.
Seppellite il vostro nome per riscoprirlo, a libro chiuso, affilato come un coltello, pronto a tutto.