18 Luglio 2018

Voglio la poesia sulla prima pagina dei quotidiani e durante il tiggì. Ma preferiscono rosolarci nell’ignoranza. Intanto, una poesia di Robert Pinsky, grande poeta Usa (noto anche ai Simpson…)

Potrà essere solitaria la mia battaglia, non m’importa, sono abituato a chiamare Shakespeare il pino di fronte a casa e John Keats l’assiolo che mi perfora il cervello ogni singola notte che Iddio tesse a far tacere la brama del giorno, il bramito umano. Ripeto. Voglio la poesia sulle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani. Al posto delle vignette insignificanti, sul bordo dell’editoriale imperiale, in un tempo in cui non c’è niente da ridere. Voglio la poesia sulla prima pagina del “Corriere della Sera” e prima della solita solfa del Tiggì della Rai. Perché? Perché il poeta dilata in fatti in esperienze linguistiche, ci fa vedere le cose nella loro innocente violenza, amplifica gli occhi, moltiplica le letture e gli sguardi. Invece. Il regno dell’informazione preferisce appiattirci sul reale terra-terra (ti dico come sono andate le cose e come va il mondo), oppure riderci sopra. In altri paesi non è così. Sul “New Yorker” è pratica comune pubblicare ad ogni numero delle poesie. Questa, che traduco per i miei quattro lettori volenterosi, s’intitola “Repetition”. L’autore, Robert Pinsky, classe 1940, è tra i massimi d’oltreoceano, è stato poeta ‘laureato’ dal 1997 al 2000, insegna alla Boston University, ha pubblicato, nel 1995, una sua versione dell’“Inferno” di Dante – la prima cantica della Commedia – piuttosto acclamata. La sua ultima raccolta in versi s’intitola “All the Foundling Hospital”, ed è edita nel 2016 da Farrar, Straus and Giroux. La notorietà di Pinsky negli Usa è tale che appare anche in una puntata dei “Simpsons”. Ad ogni modo, un profilo biografico di Pinsky lo trovate qui e alcune sue poesie le leggete qui. Ovviamente, l’importanza poetica di Pinsky è inversamente proporzionale all’attenzione che gli offre l’editoria italiana: ricordo di averlo letto in una bella e pionieristica antologia curata da Damiano Abeni e pubblicata per Minimum fax nel 2003, “West of Your Cities”; l’unico libro in circolo è “Un’America”, per Le lettere, era il 2009, troppo tempo fa. Questa poesia, che ironizza sul concetto di ‘originalità’ in poesia ma che è soprattutto un dialogo con i morti, è bella. (d.b.)

*

Ripetizione

Scrittore, disgraziato, combattente – che cosa vuoi?
Voglio ripetermi. Il cuore che annaspa e tonfa
thud-thud. Il clangore del microbo in ogni cellula.

Voglio pubblicare un libro con lo stesso
poema in ogni pagina. Non mio. Ma mio.
La Lamentazione della Feroce Fornace,

o del Passaggio. Il Coro dei Molti,
la Celebrazione degli Antenati Non di Sangue,
thud-thud. I Pochi. In ogni pagina lo stesso,

e un coro misto in ogni pagina che lotta
per ripetere ancora il diritto di nascita che non
posso rivendicare senza la mia eredità. Ancora

il Coro dei Soldi. L’Esecrazione
del Fuoco. La Donna che Ingannò i Nazisti.
Coro misto in copertina e in ogni pagina.

La profezia dice: gira le spalle all’oceano
e trascina il tuo remo malmesso nell’entroterra,
fino a trovare un popolo che non sa cosa sia

il bizzarro artefatto, nonostante possa ammirarlo
come la reliquia di un antico mormorio, l’oceano –
coro turbolento dei miei morti, tutto ciò che voglio.

Robert Pinsky

Gruppo MAGOG