02 Marzo 2022

Sottomessi al denaro. Sul nuovo libro di Valentina Di Cesare

In “Tutti i soldi di Almudena Gomez” la scrittrice abruzzese Valentina Di Cesare conferma un talento che si sta compiendo e uno sguardo sulla vita davvero universale, in cui gli eroi si nascondono per vocazione e non per timidezza. E dove le eredità (morali e materiali) non si tramandano in banca o per strada, ma si decidono alla “scuola della resistenza”. Un romanzo pieno di umanità e ispirato da un fatalismo antico, che ricorda la straripante potenza del realismo magico.

Valentina Di Cesare coltiva la passione dei cognomi. Non perché da essi sia interpretabile un dato destino, quanto perché in ogni cognome si nasconde l’essenza stessa delle storie cui dà vita. «Ho cominciato a scrivere questa storia quando aveva già un titolo, che poi è quello attuale» confessa, a conferma del fatto che l’autrice abruzzese riesce a isolare magia e difetti nello stesso dettaglio, grazie a un approccio positivo che – nel grigiore generale del panorama letterario italiano – va segnalato con onestà.

Da “L’anno che Bartolo decise di morire” (2019) a questo “Tutti i soldi di Almudena Gomez” (Polidoro Editore, Napoli 2022), nello stile di Valentina Di Cesare c’è un fatalismo antico che ricorda la straripante potenza narrativa del realismo magico: lei si schernisce, ma certe attese come certe disattese, certi capovolgimenti di fronte e certe caducità inesorabili rimandano a quel modo di restituire la poesia del mondo. E proprio di “restituzione” parla l’ultimo, bellissimo romanzo “Tutti i soldi di Almudena Gomez”, che fa chiarezza – per quanto può un libro – sul fatto che certe eredità non si trasferiscono, ma si meritano. Fanno cronaca i casi sempre più numerosi in cui capitani di industria o di dinastie imprenditoriali, anziché destinare il loro impero ai propri figli, preferiscono abdicare nei confronti di perfetti sconosciuti: badanti, vicini di casa, prossimi del rione, segretari o segretarie, lontani compagni d’infanzia. Decisioni che, il più delle volte, culminano in cause decennali da cui escono sconfitti tutti. Contese legali che spesso non tengono in nessun conto la volontà – semantica, fisica e quindi politica – del donatore, quella di eludere chi non merita rivolgendosi a chi invece ha meritato.

Questo romanzo si occupa non tanto del merito, quanto del metodo. Come farsi da parte e perché. Come farsi succedere, con quali tempi. «Per qualche tempo nessuno aveva saputo la verità, e la verità è quella cosa che tutti vogliono sapere ma che pochi riescono a dire, perché dirla significa, il più delle volte, restare soli». Almudena è accolta come badante dalla signora Cols, dentro la casa della quale comincia un’esperienza lavorativa e d’amicizia, di conflitto e complicità, di asprezze e tenerezze commoventi. Un legame, quello tra le due donne, che «suscita scalpore e perplessità che si intensificano alla morte della Cols, a causa di una postilla contenuta nel suo testamento e per l’avarizia dei figli (della signora Cols, NdR) che vorrebbero metter mano all’intera eredità». Dentro questa trama tutto sommato comune, la scrittura della Di Cesare si innesta sapientemente, frapponendo la saggezza all’entusiasmo, il coinvolgimento emotivo a un controllo ammirevole. Ogni capitolo è preceduto da un mini soggetto, una specie di “scansione bonsai” della scaletta del testo, come a precedere le intenzioni ma non le espressioni. Una scelta che calza benissimo l’edizione della collana Perkins (di cui fa parte il romanzo), davvero molto elegante (perlomeno quelli di questa collana, sono libri cuciti: quasi una rarità in Italia) e molto ben bilanciati tra grafica, lettering e gabbie editoriali.

“Tutti i soldi di Almudena Gomez” non è un romanzo sugli abusi dei soldi, semmai sulla sottomissione cui costringono, sulla dipendenza cui riducono, umiliando all’origine ogni rapporto umano. Ecco perché, quando anche la signora Cols, sceglie come destinataria delle sue attenzioni proprio Almudena, la rivolta dei figli (della signora Cols, NdR) ricorda da vicino le battaglie legali di certe dinastie imprenditoriali, le contese di certe famiglie (in Italia su tutte quella in seno agli eredi Agnelli, NdR) che portano sui giornali il privato di cui nessuno sospetta ma tutti ambivano a spiare. «Il tempo per Almudena Gomez quasi non esisteva perché non sapeva afferrarlo e se tentava di prendersene un po’ per sé contraeva gli artigli come un felino impaurito e gli dava le spalle». Nata a Sulmona e cresciuta a Castel di Ieri (L’Aquila), Valentina Di Cesare insegna Lettere in una scuola di Milano. I titoli dei suoi romanzi e alcune fotografie della sua quotidianità, che posta sui social a cadenza distratta ma efficace, dicono di lei ciò che la sua scrittura dissimula (ma non troppo). Che il Novecento le è rimasto addosso più di quanto non dica, più di quanto (la fretta giornalistica con cui è stato crocifisso) non ci piaccia ammettere. «Non le era mai passato per la mente di negoziare la distanza che c’era tra il suo mondo di provenienza e quello che ora viveva da vicino …». Un uso parco, molto giudizioso, dell’interpunzione fa il resto, collocando questo romanzo tra le uscite più felici e sapide del nuovo anno.

Davide Grittani

Gruppo MAGOG