11 Marzo 2023

“Nascosta dalla luce”. Le poesie di Tove Ditlevsen

Tra i casi editoriali degli ultimissimi anni, spicca, per autorevolezza paradossale, quello della danese Tove Ditlevsen. Nata a Copenaghen il 14 dicembre del 1917, da famiglia modesta, ha pubblicato tantissimo, con un successo candido, ma per lo più ‘locale’. Del tutto devota alla scrittura, Tove Ditlevsen è scrittrice estremista, che – dicono – fonde gli acuti di Janet Frame alla fermezza di Joan Didion. Scrisse anche per la radio. Dilaniata da problemi di alcol e di depressione, con quattro matrimoni – e altrettanti divorzi – alle spalle, Tove Ditlevsen si ammazza il 7 marzo del 1976.

I suoi temi ricorrenti – la memoria, il femminile ulcerato, l’infanzia perduta – emergono nella cosiddetta “Trilogia di Copenaghen”: pubblicati in origine tra il 1967 e il 1971, sono tradotti nel mondo anglofono nel 2019, facendo della Ditlevsen un ‘caso’, appunto. In Italia, è l’editore Fazi ad aver pubblicato, con intuito, la trilogia come Infanzia, Gioventù, Dipendenza (quest’ultimo, uscirà il 4 aprile). Di lei si sono occupate un po’ tutte le testate di riferimento del mondo americano – dal “New Yorker” al “NY Times” a “The Nation” – spesso con enfasi: amore, ossessione, devianza mentale arrivano a noi, oggi, con i rasoi sulle dita. La storia di una donna nel trauma conquista per effrazione d’emozioni.

Secondo Patty Smith – così nell’edizione della “Trilogia” stampata da Penguin – si tratta di “una scrittura straordinaria, inflessibile e flessuosa, la cronaca di una marginalità assoluta”. Ciò che si dimentica di ricordare, semmai, è che anzi tutto, ai tempi suoi, Tove Ditlevsen era nota come poetessa: autrice di spaurita precocità – comincia a scrivere versi a dieci anni, pubblica da quando ne ha venti – raggiunge la fama con la raccolta “Blinkende Lygter”, uscita nel 1947. Seguirono diverse raccolte di versi; alcune poesie sono state messe in musica: “al momento della sua morte, volontaria, era una delle autrici più lette in Danimarca”.

Alcune poesie, pur procedendo per colpi di luce, frazioni, candele nel loggiato scuro, hanno un tono narrativo, d’inquisizione, da cronaca di uno sconfinamento. In certi momenti, Tove ricorda i ripidi tratti di Ágota Kristóf: tutto, soprattutto l’indicibile, va detto incuneandosi in uno scavo. Che a qualcuno venga in mente, prima che il ‘caso’ sia ravvolto nel lino dell’oblio, di tradurre le sue poesie. Intanto, una silloge.

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La luce trema

Nella lunga notte dell’infanzia, fioca e nera,
ci sono piccole luci scintillanti che tremano
tracce della memoria, sparse braci,
mentre il cuore gela e prende il volo.

Soltanto qui il tuo amore inesorabile risplende
perso tra le notti cupe, irte di nebbia,
e tutto ciò che hai amato e sofferto
sconfina oltre la volontà.

Il primo dolore è una faglia di luce
torsione di lacrime nello spazio;
quel dolore avvinghierà il tuo cuore
quando ogni tempo sarà svanito.

Alta come la stella primaverile
brucia la prima gioia dell’infanzia
la cercherai per sempre, per rampicare
sulle rapide dell’ombra, a fine estate.

La fede comporta estremismi:
il primo e l’ultimo sono impagabili
nell’oscurità qualcosa sfavilla:
non hai più nulla da perdere.

Qualcuno si avvicina a te – magari quell’altro –
ma nessuno potrà conoscerti del tutto
perché la tua vita è nascosta da quelle luci
che tremano: che tutti rinuncino a te.

*

Morte 2

Il vecchio
si alza presto.
Non tutti
i pensieri
si possono cogliere.
Come bambini si muovono sempre
rientrano tardi
inciampano e si grattano gli stinchi
sulle strade dello Jutlad.

Siede tranquillo
su una panchina, al sole.
Gli altri vecchi
gli parlano di rado.
Sente poco e male
legge libri
a volte riceve
lettere o visite.

È il più vecchio:
un addetto deve
portarlo dentro
per mangiare.

Le sue mani tremano
violente per niente
il dottore è serio quando
gli urla nelle orecchie.

I carrelli sferragliano
attraverso la stanza.
Il vecchio ricorda
di essere un bisnonno.
Il figlio maggiore ha sessant’anni
e il tempo corre
come pioggia lungo
le grondaie, in cortile.

Quando dorme
sogna la moglie
per sempre giovane
nella sua memoria.
Prepara il pranzo
a Søndermarken 
e gioca con i loro
figli, che crescono, sottili.

Si sveglia spesso
soffre
nella parte bassa della schiena
è solo
e confuso
distante
da gioia e dolore.

Domani gli procureranno
un apparecchio acustico.
La morte è ancora
lontana, come l’orizzonte.

*

Divorzio 3

Non è facile
stare da soli
gli altri hanno
occhi impazienti
nell’attesa.
Il pavimento
risucchia i passi
sotto di te.
Ti reggi
sulle tue braccia
ora per ora.
Un vocabolario
di circa
cento parole
che non puoi
spartire.

Il sentore di
qualcosa di spiacevole
l’assenza di
odori forti.
Sfere di fumo
tra le tende.

Il letto ora
è troppo largo.
Le tue amiche ti mollano
quando è il tempo di cucinare le patate.

Libertà
arriva
sul prossimo treno:
uno sconosciuto
viaggiatore
che non ama
i bambini.
Il cane è
agitato
annusa
le gambe dei pantaloni
è presto
per andare in calore.
Tu leggi
libri
guardi la tivù
non capisci
nulla
ma all’improvviso
sei felice
è mattina:
la sera
tornerai triste.

È una fase
dicono le tue amiche
che devono dire qualcosa
tu passi oltre.
Senza peso
come un astronauta
leviti
nelle stanze vuote
e attendi
la libertà
di fare
ciò che
non vuoi
più fare.

*

Gli adulti 1

La mattina
il desiderio è
slegato dall’oggetto
è una sorta
di sete
ultraterrena:
la primavera può estinguersi.

Il desiderio
non ha bisogno
di qualcuno in particolare:
soltanto la vita
si divide nel
prima e nel dopo.

È stato bello
svegliarsi
e sapere
che stavi
solo sognando.
Ora vivi
dentro il sogno
ed è bene che
tu lo sappia:
in realtà
tutti gli adulti
sono andati via
non sono mai stati
non torneranno a casa.

Tove Ditlevsen

Gruppo MAGOG