
“Con le stelle che aspettano”. Discorso sulla poesia di Franco Costabile
Poesia
Luigi Tassoni
Odiava l’estate, Tommaso Labranca. E aveva tutti i motivi per farlo. Sognava la cittadinanza elvetica e all’immersione in afosi cliché – da scadenti hit musicali all’ultimo volume fascettato Strega – preferiva l’isolazionismo domestico, dispiegando il proprio tempo a sbobinare la biografia di Riccardo Fogli come se non ci fosse un domani, uno dei suoi numerosi ingaggi ‘alimentari’ di credo pop.
«Cosa fai? Io Fogli». «Faccio colazione, poi Fogli». «Mi gira la testa, ora mi riposo, poi Fogli». «Vado al discount in bici, poi Fogli». «Non ce la faccio più, vado a letto. Domani mattina sveglia presto e… Fogli» – la conversazione riportata da Luca Rossi in Neve in agosto (ventizeronovanta) – a sottolineare l’amarezza del laico inferno agostano, il mese più crudele, con buona pace di Eliot, che fra tutti ispirò pure il poeta di Pantigliate, colui che, con generosità amicale, fece dono ai più intimi della sua personale Terra desolata, una plaquette limitata in velluto nero, rilegata a mano, dal titolo Le poesie dell’agosto oscuro.
Odiava l’estate, Tommaso Labranca, tanto da abdicare alla vita il 29 agosto, beffando l’infausto mese a un istante dalla fine. Nei diversi numeri della sua egozine – Labrancoteque, portata a nuova vita, cartacea, da GOG edizioni – numerose le memorie dal sottosuolo antiesotico, corredate di relative istantanee trash e osservazioni di piglio arbasiniano annotate con cura da vate dell’effimero. Dal must neoproletario dei viaggi di nozze a New York al disatteso galateo aeroportuale emblema della postmodernità, fino al tonno mangiato dalla scatola, in piedi, direttamente sul lavandino, da colui che all’estate opponeva l’estasi da ipermercato di periferia, al barbaro rituale dell’happy-hour, i party in stile Bauhaus nei trenta metri quadri del suo appartamento.
Con la malinconia metafisica di un agosto che muore, il profetico tomo di Labrancoteque va letto nello squarcio terminale della calura urbana, equipaggiati di mercanzia Apple ultimo modello, una selezione di comfort-food sottomarca di dubbia edibilità e bevande liofilizzate, come da labranchiano culto. Riemersi da una lunga apnea nell’iperuranio cerebrale di TL – nell’attimo in cui alla coscienza subentra l’incoscienza, o viceversa –, la prima conversazione utile con un essere umano rischia di svolgersi più o meno così. «Cosa fai? Io Labranca». «Faccio colazione, poi Labranca». «Mi gira la testa, ora mi riposo, poi Labranca». «Vado al discount in bici, poi Labranca». «Non ce la faccio più, vado a letto. Domani mattina sveglia presto e… Labranca».
Odiava l’estate, Tommaso Labranca. E aveva tutti i motivi per farlo. “Prima di cremarmi, ricordatevi di ungermi con il Vicks Vaporub” – scrisse, involontario testamento.
*
Poesie dell’agosto oscuro
Cvpio Dissolvi
Nei giorni disadorni di questo agosto oscuro
Lo specchio sopra il muro non riflette alcun futuro
Rispetto all’altro anno le rughe han fatto un danno
Rispetto all’altra estate si son disidratate
Mi applico a fondo
Chanel Hydromax®
Dovrei anche stare
Più tempo in relax
Spianare le rughe
Celare l’occhiaia
Per esorcizzare
L’odiata vecchiaia
E antiossidanti e poi fiori di Bach
Per non far la fine del vecchio Aschenbach
Se col botulino sparisse l’angoscia…
Se il bisturi insieme alla pelle già floscia
Potesse tirarmi su anche il morale
Mutando oltre ai tratti il mio tema natale.
Filosofare insulso, restiamo in superficie
Qui serve solo un lifting che non lasci cicatrice
Tirando forse un poco la pelle dietro ai lobi…
(mi dicon spesso in molti che rassomiglio a Moby)
Star giovane per sempre, per obbedire all’hype
(per altri invece sono quasi uguale a Michael Stipe)
Ragazzo volevo
Unirmi agli Wham!
Mi trovo specchiato
In un video dei REM.
Ma a cosa mi serve la gioventù eterna
Che senso avrà mai quel rubare a Dea Verna
La crema anti-age con cui il tempo s’iberna
Se poi mi rintano in oscura caverna?
Al buio la vita diventa un fastidio
E il lifting ideale rimane il suicidio
*
Ludwig II me
Quando d’agosto mi trovo dentro un treno
del metro verde che va verso Cologno
io chiudo gli occhi e brevemente sogno
di stare in una villa su a Laveno
Villa? Chalet! Tre stanze ed un boudoir
non grande come quella di George Clooney
che è sempre fatta oggetto di importuni
assalti all’ex pediatra di E.R.
Ma ciò che mi distingue dall’attore
è un Cigno enorme in legno e silicone
che riesce a trasportare otto persone
con cui galleggio sul lago Maggiore
Raccolti sette amici decadenti
di notte, quando ormai la luna è alta
con musica di Wagner che ci esalta
lasciamo andare il Cigno alle correnti
Ma appena abbiamo superato Cerro
buttiamo via il cd de “La Valchiria”
per ascoltare Mina, Giorgia e Syria
e al Siegfried preferiam Tiziano Ferro
Rispetto a Orietta Berti appare scialba
anch’Eva Marton. E il canto di un Hans Sachs
non vale un verso solo del gran Max
Pezzali che poi noi cantiamo fino all’alba
Svanisce il sogno, scompare lo chalet
Si arresta a Gobba il treno con un fischio
ed io mi affretto perché altrimenti rischio
di perder la navetta Mediaset.
*
Esclusione De Luxe con amarene
Tutte le sere vuote
I pomeriggi a casa
Le ferie non godute
La vita un po’ noiosa
Il senso di esclusione
L’inconsiderazione
Il non avere amici
Le poche uscite in bici
Le attese irrealizzate
(chissà… l’anno venturo…)
Gli amori irricambiati
Che il cuore malsicuro
Traffiggon come aghi
E tutte le altre sfighe
Che a lungo mi han vessato
Trovato hanno ricetto
Sicuro in un gelato,
un semplice Cornetto®.
In quasi quarant’anni
Di spot pubblicitari
Né pene, doglie o affanni
Ma gaudi voluttuari
In un mondo perfetto
Han fatto del Cornetto®
Un catalizzatore
Di risa, amici e amore
Di amplessi sulla rena
Senza mai giorni bui
Insieme in acqua: lui,
tritone, e lei, sirena.
Hanno cambiato stile
Costumi acconciatura
Ma una cosa dura:
Disprezzo quasi ostile
Per chi da solo resta
Escluso dalla festa
Gustarlo da appartato
Non è mai stato ammesso
Ché il senso del gelato
Legato stretto è al sesso.
Svuotato della panna
Il cono simboleggia
Le parti su cui poggia
Il coito uomo-donna:
un lato penetrante ∆
a coppa invece l’altro ∇
Il vivere nel niente
Mi fa vedere oltre
E anche in fase down
Son meglio di Dan Brown.
*
La ballata del vecchio marinaio
“Per cena c’è un’acciuga.”
(Fuggir dal bagnasciuga…)
“Stasera tu non esci!”
(O! Meglio star tra i pesci!)
“Ma che gilet, Patrizio!”
(Mi veste da novizio.)
“Il grigio mi par d’uopo.”
(Mi fa sembrare un topo.)
Le sartie oppure le sarte?
Dubbio non c’è: si parte.
Orzare oppure oziare?
Da soli in mezzo al mare
Non c’è dicotomia.
È meglio veleggiare
Tra un porto ed una rada
Che stare a casa mia
Con lei, Miuccia Prada.
Tommaso Labranca