13 Ottobre 2022

Vivi e taci! Fëdor Tjutčev tradotto da Tommaso Landolfi

Le poesie di Fëdor Tjutčev sono il regalo più inaspettato che la sorte potesse farmi. Le scopro difatti incredibilmente in una libreria da sogno sul lago Maggiore, a Verbania Pallanza. Prendo in mano il libro, ed è mio!

Non si tratta, tra l’altro, di un’edizione qualunque, bensì dell’edizione numero uno della Bianca Einaudi: traduceva Tommaso Landolfi, slavofilo d’eccezionale eccezione, scrittore assoluto. Così, dunque, leggo qua e là, sfoglio il libro e scopro che tutta l’opera di Tjutčev, come la sua vita, nasce dal folto della contraddizione, si nutre di antinomie lancinanti. L’uomo è per Tjutčev campo di conflitti drammatici, antagonismo di terrestrità e trascendenza, perpetua mutevolezza. Uno strano impasto di poeta ‒ insomma, prosegue Angelo Maria Ripellino nella prefazione ‒: indolente e focoso, reazionario aggrondato e profeta di cataclismi, slavofilo che ama gli incanti del Sud, continuatore dell’ode settecentesca che tende la mano a Baudelaire.

Benché tutto porti allo stupore e alla spavalda sorpresa di un incontro necessario quanto probabilmente predestinato, è la poesia Silentium! a ricordarmi che tutta l’arte è dedizione e null’altro. Sfoghi, desideri, gelosie, illusioni e disincanto non fanno per il poeta; che pur dovrà passare comunque per queste contorte strade, forse prima d’intuire la suprema verità che porta a scrivere delle proprie ossessioni e dei propri vizi. Per nient’altro giustappunto si scrive. Se non per alimentare il mostro che ci guarda allo specchio un attimo prima che quello stesso cristallo esploda in mille pezzi. Fatto forse a pezzi dai nostri stessi pugni, mani chiuse a difesa di un contorto e complesso destino chiamato appunto Letteratura.

E forse un giorno il poeta Simone Cattaneo aveva ben intuito tutto ciò; omaggiando, in un suo libro, con quella stessa parola, il poeta russo. (Giorgio Anelli)

Silentium!

Taci, nasconditi ed occulta
i propri sogni e sentimenti;
che nel profondo dell’anima tua
sorgano e volgano a tramonto
silenti, come nella notte
gli astri: contemplali tu     e taci.

Può palesarsi il cuore mai?
Un altro potrà mai capirti?
Intenderà di che tu vivi?
Pensiero espresso è già menzogna.
Torba diviene la sommossa
fonte: tu ad essa bevi      e taci.

Sappi in te stesso vivere soltanto.
Dentro te celi tutto un mondo
d’arcani, magici pensieri,
quali il fragore esterno introna,
quali il diurno raggio sperde:
ascolta il loro canto      e taci!…

1830 (?).

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