30 Settembre 2023

“Discorso selvaggio di Hitler alla radio. Stato d’animo di tragica esaltazione”. I diari di Thomas Mann

Nel gennaio 1941, Klaus Mann, a seguito dell’emigrazione negli Stati Uniti e dopo circa un anno di progettazione, dà alle stampe culturali il primo numero della sua nuova rivista, Decision – sottotitolo, ‘Review of Free Culture’. A contribuire alla causa, una folta compagine di celebri autori e, accanto ai nomi di emigranti come Franz Werfel, Stefan Zweig, Heinrich Mann e il titanico padre Thomas – che parteciparono perlopiù con testi in lingua inglese – la rivista arruolò anche autori internazionali come W. Somerset Maugham, Aldous Huxley e Jean-Paul Sartre. Nell’editoriale del primo numero si affermava chiaramente che lo scopo di Decision era quello di porsi come strumento per intensificare i rapporti tra lo spirito americano e quello europeo, onde favorire il movimento verso un nuovo umanesimo e una democrazia mondiale. Si abbonarono in duemila, cifra insufficiente a rendere economicamente sostenibile l’ossatura di Decision, che si arenò presto, dopo un anno appena, incensata dalle parole di Mann senior. “La migliore rivista letteraria che l’America abbia mai visto” – scrisse nel 1950. “Una rivista di disaccordi onesti” – la definì nel 1966 Lloyd Frankenberg, nostalgico collaboratore.

Solo pochi anni prima dell’effimera esistenza di Decision, lo stesso Klaus, sotto l’egida di André Gide, aveva retto il timone di un altro periodico, Die Sammlung, la cui luce editoriale pure brillò per poco – dal settembre 1933 all’agosto 1935 –, manifestamente osteggiato dall’intellighenzia tedesca dell’epoca, come narrato dal padre Thomas nei suoi diari. Mensile letterario e politico, fu pubblicato dalla Querido Verlag di Amsterdam grazie all’amicizia con Fritz Landshoff, diretta da Klaus, e accompagnata da un comitato composto dallo stesso Gide, Heinrich Mann e Aldous Huxley. Il saggio di Heinrich Mann incluso nel primo numero gli conferì fin dall’inizio un tono inequivocabilmente politico e polemico – benché Klaus avesse indotto suo padre e René Schickele a considerarla una rivista puramente letteraria. Fra gli altri, nel numero d’esordio, gli scritti di Jakob Wassermann e Alfred Döblin, un racconto di Hermann Kesten e un frammento di romanzo di Joseph Roth.

È il tempo in cui, a cavallo fra le guerre, le riviste culturali si fanno luogo di scontro letterario e politico, poetico e letale. Sono testimonianza, portavoce, arma e promessa. Nascono e sfioriscono in un giro di luna, come arbusti di stagione. E Thomas Mann, nei suoi diari, in maniera volatile e granitica, tratteggia il contesto privato e pubblico in cui ciò si verifica. (Fabrizia Sabbatini)

***

Giovedì, 7 settembre 1933

L’abitudine di una nuotata mattutina dal molo (dove l’acqua è ferma e limpida) mi è diventata cara.

Ero preda della scrittura, anche più di ieri, quando sono stato interrotto.

Telefonata di Saenger,[1] reduce di una notte insonne nella rumorosa Tolone.

Leggere l’Europäische Revue dell’esecrabile principe Rohan risulta un’attività insopportabile, un veleno per i nervi, ingiurioso e al contempo deprimente, operata dall’auto-tortura e dal desiderio, piuttosto debole, di ascoltare l’altra sponda e arrivare a comprendere il suo “modo di pensare”. In ogni caso, la Revue non fa cenno ad una “rivoluzione”, ma piuttosto ad una “controrivoluzione nazionale”, che il direttore e i suoi collaboratori salutano, tuttavia, come una grande rinascita che dovrebbe fungere da modello per il resto d’Europa. Ma non è certo una sorpresa che il quadro politico sia cambiato nell’arco di sessant’anni. Perché dovrebbe suscitare in me ostilità e raccapriccio? I metodi autoritari “fascisti” con sfumature nazionaliste stanno iniziando a sostituire ovunque le viete forme classiche di democrazia. Perché farne una peculiare mistica tedesca? E perché la Germania dovrebbe insistere a rappresentarsi come leader e salvatore del mondo? Dopo la rivoluzione antidemocratica in Russia e quella in Italia – intellettualmente insignificante – la Germania ne propone una tutta sua, che rappresenta la presa del potere da parte delle masse piccolo-borghesi impoverite e colme d’odio, lo strato sociale intellettualmente più degradato. È la terza della fila. Cosa la distingue dagli altri? Il mondo dovrebbe forse essere guarito dal lurido misticismo, dalla farraginosa filosofia di vita di cui questo movimento è ammantato? Perché gli attuali mutamenti nella tecnica politica e nel metodo di governo assumono la forma di un culto omicida razzista e guerrafondaio il cui livello morale e intellettuale è più infimo che mai nella storia? Vendicatività e megalomania si fondono fino a costituire una minaccia per il mondo al cui confronto l’imperialismo prebellico era pura innocenza. Inoltre, questo principe con l’anima di un cameriere ci assicura che la Germania regolerà l’Europa con lo stesso spirito pacifico con cui ha scalato il potere al suo interno “in maniera costituzionale”. È l’unica nazione in Europa che non teme e aborrisce la guerra; anzi, la divinizza, non ha in mente niente di meno di tutto ciò che ha compiuto negli ultimi sei mesi, si è preparata a null’altro che alla guerra, cui forse nemmeno anela consciamente, ma che il suo retroterra e la sua natura la dispongono a desiderare. Il programma – in parte consapevole, in parte inconsapevole – è chiaro: prima sconfiggere il “nemico interno”, ovvero tutti quegli elementi che hanno resistito alla guerra (un modo per vendicarsi del proprio popolo per averla persa), e poi… Ciò che farà seguito nessuno può saperlo; non è prevedibile, e ad ogni modo negherebbero il proprio volere. Ma in segreto ci sperano, desiderano il loro amato Caos, un amore che li conduca a dominare politicamente il mondo intero – motivo per cui si armano con tutte le proprie forze. È innegabile, mera verità. Ma secondo lEuropäische Revue, chi vive di queste idee non è più capace “di fare il salto da un defunto passato al futuro in evoluzione”.

Katia ha di nuovo la febbre e staziona a letto per la maggior parte del tempo. Sono preoccupato.

È venuta Annette Kolb[2] per il tè, che avevamo visto l’ultima volta a Basilea. Dopo pranzo Golo mi ha accompagnato a St. Cyr dai Meier-Graefe,[3] dove abbiamo incontrato nuovamente Annette e gli Schickele.[4] La nostra ospite ha letto ad alta voce due storie di artisti. Abbiamo discusso delle questioni che ci attanagliano, anche della faccenda della Sammlung, che sembra essere un colpo per la casa editrice Fischer e un serio pericolo per il libro di Jacob. Per di più, Klaus ci ha giocato un tiro mancino inserendo l’articolo di Heinrich nel primo numero… Ho raccontato del biglietto ricevuto oggi da Monaco, firmato da “un nazionalsocialista”, che mi intimava di “non mettere mai più piede sul suolo tedesco”. La calligrafia, tipica di un piccolo commerciante, è eloquente. Ho anche letto loro alcuni passaggi del pamphlet di Barth.[5] Sono stato colpito da un attacco d’ansia.

Ho iniziato a rileggere il Don Chisciotte e stavolta intendo terminarlo. Non andrò a letto prima dell’una e mezza.

*

Sabato, 14 ottobre 1933

Cielo più sereno, aria fresca e frizzante. Ho scritto ancora sugli “Anni Dieci”. A mezzogiorno passeggiata nel bosco.

Bella lettera di Fiedler[6] sulla Germania, sempre con timbro postale svizzero.

Ida Herz[7] ha inviato un telegramma per comunicare che il volume di Jacob è arrivato. Ho inviato delle copie a Le Jour e al New York Times per evitare complicazioni.

Vengo a conoscenza dalla Neue Frie Presse che l’accusa di “tradimento intellettuale” rivolta a Schickele, Döblin e me dall’Agenzia del Reich per la Promozione della Letteratura Tedesca è stata ritirata. Idioti.

Pomeriggio impegnativo. Mentre dettavo una lettera indirizzata a Bermann[8] sulla questione davvero mortificante della Die Sammlung e sul suo comportamento in relazione alla Book Guild, è giunto un telegramma da Schwarzschild; deve prendere una posizione definitiva riguardo a Die Sammlung e chiede un chiarimento privato. Ho dovuto inviargli immediatamente una lettera, in parte destinata alla pubblicazione; l’ho terminata e spedita questa sera dopo pranzo. Nel mentre, una telefonata di Herzog[9] per avvisare che la Germania si è ritirata dalla Società delle Nazioni e che la Conferenza sul disarmo è saltata; l’edizione serale della Neue Zürcher Zeitung avrebbe dovuto riportare la notizia. Non siamo riusciti a trovare nulla al riguardo. Ho chiamato un redattore del giornale che ha confermato concitato la notizia e mi ha spiegato che erano riusciti a inserirla solo in una parte dell’edizione. Discorso selvaggio di Hitler alla radio: nuove elezioni del Reichstag (?!), plebiscito, stato d’animo di tragica esaltazione. Un popolo miserabile, isolato, demente, ingannato da una stupida, rozza banda di avventurieri, scambiati per eroi mitici.

La cosa più sorprendente è che le ultime notizie da Ginevra lasciavano intendere che America, Francia e Inghilterra si stessero avvicinando. Speravano forse di ottenere dei vantaggi provocando una rottura prima della firma di un trattato? Cosa è accaduto per far sì che la “Germania” si ritirasse dai negoziati, che avrebbe potuto continuare a usare come schermo per il suo riarmo? Le conseguenze non sono prevedibili. Le potenze alleate sono obbligate a porre fine ai preparativi bellici della Germania. La invaderanno? Raderanno al suolo il Paese? Una federazione danubiana? Una cosa è certa: all’interno del Paese ogni considerazione dell’opinione esterna sarà messa al bando. Per esempio, questo costerà la testa ai difensori nel processo di Lipsia. Ma che flagello è questa farsa di processo: dopo aver escluso i giuristi stranieri, ora probabilmente escluderanno tutti gli osservatori stranieri! Così questo Paese indossa ancora una volta il volto del nemico dell’umanità!

Klaus ha telefonato da Amsterdam, dove hanno appreso le notizie dalla Germania. È pronto per la controdichiarazione di Querido,[10] che comprendo benissimo. Ha scritto ogni sorta di appunti fino a notte fonda.

* I testi tradotti sono tratti da Thomas Mann, Diaries 1918-1939 (André Deutsch, London 1983); la scelta dei testi, la traduzione e la curatela complessiva del servizio sono di Fabrizia Sabbatini


[1] Samuel Saenger (1864-1944), professore e politologo, divenne editorialista politico e coeditore della Neue Rundschau nel 1908. Emigrato in Francia nel 1939, lavorò per un breve periodo al Neue Tage-Buch di Parigi, poi fuggì in America.

[2] Annette Kolb (1870-1967), romanziera e saggista tedesca di origine francese, amica d’infanzia di Katia Mann, moglie di Thomas. La Kolb introdusse quest’ultimo all’opera di Marcel Proust nel 1920, in un periodo in cui era completamente sconosciuto in Germania. Da sempre sostenitrice dell’intesa franco-tedesca, lasciò la Germania per vivere a Parigi nel 1933, disgustata dallo sciovinismo e dall’antisemitismo del regime nazista. Nel 1941 fuggì negli Stati Uniti e tornò in Europa nel 1945. Fra gli estimatori dei suoi romanzi, spicca Rainer Maria Rilke.

[3] I coniugi Julius – storico dell’arte, studioso dell’Impressionismo e riscopritore di El Greco – e Anne Marie Meier-Graefe. Quest’ultima sposò in seconde nozze Hermann Broch.

[4] In particolare, René Schickele (1883-1940), scrittore alsaziano. Trasferitosi a Sanary per motivi di salute nel 1932, incoraggiò altri scrittori a rifugiarsi lì dopo la presa di potere nazista. Durante la Prima guerra mondiale Schickele aveva attaccato Thomas Mann nella sua rivista pacifista Die Weissen Blätter, ma in seguito i due divennero buoni amici. TM poté usare la casa di Schickele a Badenweiler come indirizzo di copertura nel 1933 e, in quanto cittadino francese, Schickele fu utile per far uscire dalla Germania parte del patrimonio di TM.

[5] Theologishche Existenz heute [Esistenza teologica oggi] di Karl Barth (1886-1968), teologo protestante svizzero, professore a Bonn fino al 1935, quindi a Basilea.

[6] Kuno Fiedler (1895-1973), pastore protestante che avviò una corrispondenza con Thomas Mann nel 1915 e che battezzò Elisabeth Mann-Borgese. Destituito dalla Chiesa a causa del suo libro Luthertum oder Christentum, sfuggì all’arresto nazista nel 1936 e si rifugiò in Svizzera, dove trascorse il resto della sua vita.

[7] Ida Herz (1894-1984), bibliotecaria a Norimberga, conobbe Thomas Mann nel 1925 e fu da lui incaricata di riordinare la sua biblioteca di Monaco. Divenne un’appassionata collezionista di ogni documento e frammento di ephemera relativi a TM, e col tempo lui stesso le inviò innumerevoli ritagli, frammenti di periodici e copie di manoscritti, sapendo che sarebbero stati conservati al meglio nella sua collezione. La Herz riuscì a portare con sé questa singolare collezione durante l’esilio a Londra e in seguito la donò, insieme alla sua vasta corrispondenza con TM, all’Archivio Thomas Mann di Zurigo.

[8] Gottfried Bermann Fisher (1897-1995), originariamente chirurgo, sposò nel 1926 Brigitte Fischer, figlia dell’editore S. Fischer. Divenne amministratore delegato della società nel 1928 e, per volontà del suocero, aggiunse il nome Fischer al proprio. Al momento della presa di potere nazista, a trentacinque anni, era praticamente l’unico responsabile dell’azienda. All’inizio del 1935 riuscì a trovare un accordo con il Ministero della Propaganda nazista, in base al quale le scorte di libri di autori della Fischer indesiderati o proibiti in Germania, così come vari altri titoli, venivano svincolati a condizione che la famiglia Fischer vendesse tutte le parti rimanenti dell’azienda e la trasferisse in mani “affidabili”. Fu trovato un gruppo di finanziatori che acquistò l’azienda, la quale proseguì in Germania sotto la direzione di Peter Suhrkamp. Bermann Fischer desiderava fondare una nuova casa editrice in Svizzera, ma non ottenne l’autorizzazione ufficiale a causa dell’opposizione degli editori svizzeri. Fondò quindi la nuova Bermann-Fischer Verlag a Vienna, che iniziò a pubblicare all’inizio del 1936. Nel 1938 trasferì l’attività a Stoccolma.

[9] Wilhelm Herzog (1884-1960), scrittore, editore della rivista pacifista di Monaco Das Forum fino all’inizio della Prima guerra mondiale, nella quale attaccò duramente Thomas Mann per il suo sciovinismo. Herzog fu anche intimo amico di Heinrich Mann e dopo la trasformazione politica e la conversione alla democrazia di Thomas, i due raggiunsero un certo grado di accordo amichevole e durante gli anni dell’esilio rimasero in buoni rapporti.

[10] Emanuel Querido (1871-1943), editore olandese.

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