Non so se a Thich Nhat Hanh sarebbe piaciuto essere ricordato come “il più popolare maestro Zen”, come “il padre della mindfulness”. Ogni definizione ammazza; d’altra parte, visto che ogni definizione è illusoria, ci si può passeggiare sopra, leggeri, come su un falò di carta. Nulla ho da dire di Thich Nhat Hanh se non quello che sanno tutti – nasce nel 1926, muore a 95 anni, vietnamita, monaco zen fin da ragazzo, arrestato e vessato durante la guerra in Vietnam, amico di Martin Luther King, maestro seguitissimo – e che ha scritto: la sua bibliografia, anche in Italia, è pressoché infinita. Non chiedo la felicità dai libri né dagli esegeti, ma di Thich Nhat Hanh ricordo un testo formidabile: s’intitola Nulla da cercare, lo stampa, come molti libri del monaco buddhista, la Casa Editrice Astrolabio, ed è un “Commento alla Raccolta di Linji”. Nel pantheon dei maestri chàn, da cui deriva lo zen, Linji è quello più estremo: vissuto nel IX secolo, l’iconografia lo tramanda con lo sguardo severo, la mano destra serrata in pugno, come se meditazione e ira fossero il frutto della stessa energia. Linji, fautore di una sorta di nichilismo sapienziale – non bisogna ancorarsi a nessuno studio, nessuna parola, nessun maestro, l’illuminazione è epifania improvvisa, che strugge e distrugge – è il maestro che insegna, sintesi da macinare tra i denti, “incontrando un Buddha, uccidete il Buddha”.
Così Thich Nhat Hanh riassume il suo sapere: “Secondo il maestro Linji, la persona senza impegni è quella che non corre più dietro all’illuminazione e non si aggrappa più a nulla, neanche al Buddha in persona… Il maestro Linji diceva che quando incontriamo il fantasma del Buddha dovremmo tagliargli la testa. Sia che guardiamo dentro, sia che guardiamo fuori di noi, dobbiamo tagliare la testa a tutto ciò che incontriamo e abbandonare i punti di vista e le idee sulle cose, comprese quelle sul buddhismo e sugli insegnamenti buddhisti”. La veridicità dell’insegnamento buddhista è nell’impossibilità di tramandarlo: esso arriva, sgorga, inabissa, devia. Tutto il resto – cultura, educazione, maestria, disciplina, lignaggio – non è che demone, idolo, idolatria. Sapeva menare le mani Linji, d’altronde, la sua è una sapienza militare, scevra dalle ipocrisie dei monaci dotti e dei docenti del facile irenismo. La sua è la via irta del candore, quella più semplice, cioè la più difficile, vuota di ancore, devozioni, medaglie. Ecco un florilegio dei suoi pensieri.
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“Amici miei, ciò che avete bisogno di scoprire è la retta visione. Dovreste agire liberamente nel mondo in modo da non essere illusi dalle parole di quel gruppo di spiriti. Non avere nulla da fare è la base di una persona nobile. La persona più nobile è quella che non ha nulla da fare. L’unica cosa che dovreste evitare è pensare a ciò che farete. Tutto ciò di cui avete bisogno è essere persone semplici, essere padroni di voi stesi ovunque voi siate e usare questo luogo come la vostra piattaforma del risveglio. Se continuerete a pensare e a calcolare come dirigere la vostra ricerca verso ciò che sta al di fuori di voi, avrete commesso un grave errore.
Non cercate il Buddha, Buddha è solo un termine vuoto… Non attaccatevi ai termini. Io chiamo ciò il meraviglioso principio”.
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“I praticanti che non capiscono continuano a essere vincolati da parole e frasi e ostacolati da termini come sacro e profano, eccetera, così che non possono aprire gli occhi della saggezza e quindi non riescono a vedere chiaramente la reale natura delle cose… I praticanti che non capiscono si rivolgono alle parole, cercandovi erroneamente la visione profonda. L’attitudine a cercare un posto da tenere e sul quale fare assegnamento ci fa cadere nel ciclo di causa ed effetto e ci impedisce di lasciare il ciclo di nascita e morte nei tre regni”.
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“Amici miei, se vi aggrappate alle parole di maestri e dite che esse costituiscono il vero sentiero, se dite che questi maestri sono buoni amici spirituali dalle capacità inconcepibili, e se, al tempo stesso, considerate la vostra mente così profana da non osare valutarli, allora siete veramente ciechi. Vi trascinerete questa prevenzione, questo complesso, per tutta la vita. Siete come giovani asini sul ghiaccio, tremanti di paura… Monaci, cosa state cercando? In questo momento, siete di fronte a me ad ascoltare il Dharma. Esso è luminoso e chiaro. Non avete bisogno di dipendere da nulla e, dato che nulla vi manca, non avete nulla da cercare. A mio avviso, non c’è poi così tanto da fare, se non essere semplici, vestirsi, mangiare e trascorrere il tempo senza fare nulla”.
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“I tre veicoli e le dodici divisioni degli insegnamenti sono legnetti gratta merda. Il Buddha è un corpo illusorio. I maestri sono vecchi, inutili. Quanto a voi, siete la prole di vostra madre. Se andate in cerca del Buddha, il vostro spirito sarà risucchiato da Buddha-Mara. Se andate in cerca di maestri sarete vincolati dai Maestri-Mara. Più cercherete, più soffrirete. La cosa migliore è non avere nulla da fare… Se la vostra vera persona, che è qui ad ascoltare il Dharma in questo momento, può entrare nel fuoco e non bruciarsi, entrare nell’acqua e non esserne travolta, entrare nei regni infernali e nei tre destini nocivi come qualcuno che vada a fare una gita nel parco, può entrare nei mondi degli spiriti affamati e degli animali senza doverne sopportare la retribuzione. Questo perché? Perché non discrimina nulla. Se ancora amate il sacro e odiate il profano, allora continuerete ad andare alla deriva e ad affondare nell’oceano di nascita e morte. Le afflizioni hanno origine dalla mente. Se non c’è mente, in che modo le afflizioni possono ostacolarci? Se non perdete il vostro tempo in discriminazioni e non siete vincolati dai segni, allora, automaticamente, realizzerete i frutti del sentiero in un istante”.
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“Se aspirate al Buddha, perderete il Buddha. Se aspirate alla via, perderete la via. Se aspirate a essere il maestro, perderete il maestro. Monaci, non commettete questo errore! Non ho bisogno che voi diate una buona spiegazione dei sutra o degli shastra. Non ho bisogno che voi siate il re o alti dignitari. Non ho bisogno che siate così eloquenti, capaci di parlare senza pause, come un fiume che scorre. E non ho nemmeno bisogno che diventiate incredibilmente penetranti e saggi. Ho solo bisogno che abbiate una corretta visione profonda di come sono le cose… Il vero significato del sentiero non è quello di usare il ragionamento e la discussione per dare lustro ai vostri insegnamenti e convincere la gente che segue differenti sentieri spirituali… Monaci, non usate la vostra mente in modo sbagliato. Il grande oceano non riceverà mai un cadavere. Se, caricando il pesante fardello della vostra psiche in cerca di qualcosa, vagabondate ovunque nel mondo degli uomini, sarà soltanto un ulteriore ostacolo alla vostra capacità di vedere direttamente nella vostra mente. Se il sole è oscurato dalle nubi, allora può risplendere ovunque nella volta del cielo. Se gli occhi non sono irritati, le particelle illusorie non cadranno nello spazio di fronte a voi”.
Linji
*da: Thich Nhat Hanh, “Nulla da cercare. Un commento alla Raccolta di Linji”, Casa Editrice Astrolabio, 2010