05 Marzo 2024

I nazisti dell’Illinois, la strage degli innocenti e l’utopia di Theodor Herzl

Sul ciglio dei fiumi
a Babilonia seduti
nel pianto
ricordiamo Sion…

figlia di Babilonia Desolata
benedetto per chi ti ricambierà
per come ci hai combinato

benedetto chi preda i tuoi bimbi
          li frantuma contro la pietra*

“Io li odio i nazisti i nazisti dell’Illinois!”, tanto quanto i neonazisti austroungarici che annualmente si radunano a Budapest con la peggio gioventù europea. La chiamano “giornata dell’onore”, con tanto di svastiche, uniformi delle SS o dei collaborazionisti magiari che invero già furono svergognati e gettati nella polvere dall’Armata Rossa. Lo stesso sentimento non sembra nemmeno lontanamente sfiorare quel cialtronesco caporale italico, o meglio di pura razza padana, che i misteri della reincarnazione caporalesca e la decomposizione del senso morale hanno innalzato ai più alti scranni in quest’era bassamente politica, per non dire della poetica. Così mi viene da pensare alle parole del più grande filosofo occidentale dopo Aristotele, Antonio De Curtis di Bisanzio, che nella sua opera Siamo uomini o caporali ci ricorda l’ingiustizia che domina il mondo dal tempo della Caduta. Egli sostiene che qualunque sia il regime, sotto qualunque cielo o in qualunque epoca, la stessa odiosa faccia o feccia sembra reincarnarsi, occupa posizioni di potere da cui offende il cielo e umilia gli ultimi. Questi caporali! Come dice Qoelet, c’è un tempo per ogni cosa. Questo sembra un tempo ad essi particolarmente propizio. Anche se, come ci ricorda un altro grande filosofo partenopeo, “ha da passà ‘a nuttata”.

Il caporale che mi suscita queste considerazioni è veramente il degno esemplare del caporalato di tutto il mondo. È il rappresentante che si meritano i tanti italiani che lo hanno voluto e lo mantengono da una vita e per la vita con uno stipendio da generale di corpo d’armata. Personaggio sempre in cerca di consenso, sempre pronto a rimestare gli umori linciaioli e a raccogliere i più crudeli istinti degli “italiani brava gente”, già uso a fare mostra del crocifisso nelle pubbliche adunanze (gesto peraltro stigmatizzato dai vescovi) e vilmente a mettere in croce i poveri cristi, i migranti, i profughi, i carcerati… Insomma, i naufraghi della vita, gli Ebrei di turno nella storia. Uno che dice e fa l’esatto contrario di quel che è scritto nel Vangelo. Di fronte al caso di Ilaria Salis, sorella ideale dei Blues Brothers, da lungo tempo in carcere a Budapest per aver osato disturbare l’annuale radono dei neonazisti europei, con chi se la prende? Forse con l’estrema destra ungherese che la vorrebbe impiccata? Forse col governo di un paese che permette simili adunanze? Se la prende con l’Ungheria, dove nel corso dell’ultimo conflitto mondiale centinaia di migliaia di Ebrei furono rastrellati dalla gendarmeria, consegnati alle SS e avviati ai campi sterminio? Se la prende con i questurini ungheresi che dopo aver incatenato questa coraggiosa giovane donna la irridevano gridandole “Duce!”, “Mussolini!”? Se la prende con questi discendenti dei gendarmi del 1944 che di Ebrei ne affogarono moltissimi nel “bel Danubio blu” con la volonterosa partecipazione di non piccola parte dei Magiari? Macché! Questo caporale senza onore e senza gloria (al fronte scapperebbe al primo colpo di fucile, anche se fosse a salve!) non se la prende coi neonazisti e chi li blandisce o quantomeno tollera, come suggerirebbe un minimo senso della decenza e un briciolo di intelligenza, dal momento che si crede e si considera uno statista. Il caporale se la prende con Ilaria Salis. Egli ha detto che, se condannata dalla giustizia ungherese – giustizia che al momento sembra perseguitare i giusti e lasciar libero campo ai neonazisti – ella non possa e non debba più esercitare la sua professione (già precaria) di maestra e corruttrice dell’infanzia.

Che dire? Colpisce ma non sorprende (almeno me) che il caporale in questione si presenti nel contempo come grande tifoso della peggiore politica israeliana, al pari di quell’altro caporale, però non il “caporale boemo”, cioè Hitler, bensì un personaggio di spettacolo di bassa lega, argentino di nascita e purtroppo in parte di origine italiana, cattolico ma in fase di transizione all’ebraismo (sai che acquisto), che qualche tempo fa è atterrato con tanto di kippà in Israele. Accompagnato dal suo rabbino-confessore personale, si è recato tra gli applausi al Muro del pianto (aveva appena trasferito l’ambasciata argentina da Tel Aviv a Gerusalemme), dov’è scoppiato in un pianto spettacolare. All’altro muro, quello di Gaza, oltre il quale notte e giorno piovono bombe, si mescolano lacrime e sangue, un muro oltre il quale c’è la fame e si alzano alte grida di dolore e disperazione, questo caporale argentino non ha dedicato nessuna attenzione. Cieco, sordo e muto, al pari degli altri caporali, di fronte alla sofferenza di altri esseri umani.

Ho fatto solo un paio di esempi di “ingiusti” tra le nazioni, ma ne potrei fare un lungo elenco: politicanti d’alto bordo oppure di basso profilo, giornalisti, famigli di questo o potente… A parole questi infami condannano l’antisemitismo “senza sì e senza ma!”, si spacciano per grandi amici di Israele, si dicono filosemiti, anzi ultrasemiti, questi eredi spirituali di coloro che veramente mandarono gli Ebrei nei campi di sterminio. Eppure bisogna trovare il coraggio di comunicare loro la sconvolgente notizia: anche i Palestinesi appartengono al ceppo semita, discendono da Sem, il primogenito di Noè, com’è scritto nella “Tavola dei popoli”! Ma c’è di più. Secondo più di uno storico israeliano, con tutta probabilità la popolazione “indigena” originaria della Palestina è più vicina agli antenati ebrei che insorsero contro i Romani nella guerra giudaica di quanto non lo siano i coloni d’ultima generazione, armati fino ai denti, che imperversano in Cisgiordania. Gente che non fugge dai pogrom, dai Centoneri, dalle persecuzioni. Gente venuta l’altro ieri più che altro dall’antica terra dei Kazari, dei Parti, dei Sarmati, dalle Indie occidentali, dal modo della Luna o da chissà dove, perlopiù fanatici che si credono i discendenti di Giosuè alla riconquista della Terra Promessa. (Che i fallahin palestinesi fossero i discendenti degli Ebrei cristianizzati o islamizzati pare lo abbia scritto persino Ben Gurion nel 1918 insieme ad uno storico sionista. Certo, in questo caso la tesi era funzionale ad un attestato della presenza, permanenza e continuità millenaria degli Ebrei nell’Antica Nuova Terra).

L’Antica Nuova Terra o Altneuland invece è un altro libro – una sorta di romanzo coi limiti del genere didascalico – che anni fa comprai in una libreria di Tel Aviv (Tel Aviv è il titolo che diedero a questo libro nella traduzione in ebraico). L’ho riletto di recente. L’autore è Theodor Herzl, conosciuto soprattutto per lo Judenstaat, Lo Stato degli Ebrei, sorta di manifesto del movimento sionista. Considerato il profeta del ritorno degli Ebrei in Eretz Israel, da gran tempo Theodor Herzl riposa nel sacrario che gli hanno eretto sul Monte della Memoria, ad ovest di Gerusalemme. Tra questi due libri, il famoso Lo Stato degli Ebrei e il poco conosciuto L’Antica Nuova Terra, la differenza è grande, radicale e non si può nascondere. Theodor Herzl scrisse quest’ultimo libro, ritenendolo il migliore, al principio del secolo corso, in un periodo di grande scoramento. Da anni si estenuava per la causa. Godeva di scarso credito, a dir molto, presso le cancellerie imperiali, o presso la Sublime Porta di Istanbul (la Palestina allora faceva parte dell’Impero Ottomano), con la sua stravagante idea dell’emigrazione degli Ebrei in Palestina. Una volta, incontrando un funzionario ministeriale zarista, si era sentito dire che ben volentieri avrebbero agevolato l’esodo degli ebrei, perlopiù piantagrane e terroristi, dal momento che uno di loro figurava tra quelli che avevano assassinato Alessandro II. A Londra invece Lord Rothschild, che inizialmente lo riteneva più che altro un ciarlatano, lo aveva invitato a non elemosinare  un “focolare ebraico” per gli ebrei in Palestina, semmai in Uganda. Il rabbinato poi non lo considerava certo un Messia. Così Theodor Herzl cercò consolazione nella letteratura di genere fantastico-didascalico. Nell’arco di un paio di mesi immaginò e scrisse come avrebbe potuto trasformarsi l’Antica nuova terra dopo solo una generazione dal ritorno degli Ebrei: un paradiso laico, un paradiso in terra, una Shangri-La! Un paese cosmopolita, fondato su ideali diciamo anarcosindacalisti: terra, industrie, banche, trasporti, tutto improntato su modello cooperativistico. Un paese lontano anni luce dello sfruttamento capitalistico come dall’autoritarismo socialista. Una società fondata sul libero consenso dei suoi membri. Un paese libero dai demoni del nazionalismo che invece proliferavano in Europa. Dall’Europa e dall’America semmai veniva il meglio, non certo il colonialismo. Venivano tecniche d’avanguardia, la musica, l’arte il teatro… Si parlavano diverse lingue, nessuna lingua ufficiale, neanche l’ebraico, in questa Shangri-La, ma la diversità non degenerava in una Babele, bensì arricchiva i cuori e le menti. Insomma, il contrario di uno stato etnico. E i Palestinesi? Cosa ne pensavano i Palestinesi degli Ebrei dopo soli vent’anni dall’arrivo dei primi coloni?”.

“Gli Ebrei vivono con noi come fratelli” dice un capo palestinese. “Perché non li dovremmo amare?”.

L’Antica Nuova Terra fu tradotto in diverse favelle, ebbe grande notorietà, prima di cadere sostanzialmente nell’oblio, credo anche a motivo dello sfavore con cui era stato accolto non solo dalla destra sionista. Aveva suscitato perplessità persino nel filosofo Martin Buber, il quale asserì che tra le sue pagine non riscontrava “una sola qualità che esprimesse le caratteristiche popolari di una rinascita dell’ebraismo”.

Così il sogno di un’armonia delle diverse culture (l’ebraica, la maomettana, la cristiana e persino la buddista!) nell’Antica nuova terra, cosmopolita, pacifica e prospera, si è trasformato in un incubo che non è certo cominciato con la strage degli innocenti del 7 ottobre e non finirà certo con il massacro di Gaza. Penso che l’autore de L’Antica Nuova Terra da tutto questo sarebbe inorridito. Ma oggi come oggi, coi tempi che corrono, forse ci sarebbe qualche caporale tipo quello succitato, tipo quelli che non odiano “i nazisti dell’Illinois” ma chi li contesta, qualcuno insomma capace di dare dell’antisemita anche a Theodor Herzl, il quale concludeva il suo romanzo con un accorato appello, più che un auspicio: “Se lo vorrete, non sarà una favola”.

Eppure ci furono quelli che lo avrebbero voluto. Forse pochi ma ci furono e ne ho trovato traccia. Ci furono e ci credettero, tra i Palestinesi come tra gli Ebrei.

Enzo Fontana

*dal Salmo 137, interpretato e tradotto da un “fine ebraista”, secondo “lo giudicio” del compianto storico del cristianesimo antico Remo Cacitti, che fu suo maestro. Questo struggente salmo, con la sua chiusa atroce, dovrebbe suonare come tremendo monito circa il cieco desiderio di vendetta a cui può essere indotto un popolo in cattività, ovvero qualunque popolo martoriato ed esiliato.

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