02 Settembre 2023

“La vita di Lawrence d’Arabia? Una corsa sfrenata. Riscopriamo il viaggio febbrile”. Intervista a Sylvain Tesson

Di recente, lo scrittore francese Sylvain Tesson – autore, tra l’altro, di Nelle foreste siberiane, 2011, Sentieri neri, 2018 e La pantera delle nevi, 2019 – ha compiuto un viaggio in motocicletta in Medio Oriente, sulle orme di Thomas Edward Lawrence, mito della sua giovinezza, fonte di miliari ispirazioni. Alla rivista del gruppo Axa, Tesson ha raccontato il ‘suo’ Lawrence, legato al culto della velocità e del nomadismo, all’etica del viaggio verso l’ignoto. Il dialogo si è svolto durante una delle tappe del viaggio di Tesso, a Damasco; la traduzione italiana è di Giampiero Di Barbaro.

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“Amo l’avventura e Lawrence è al crocevia dell’avventura, della letteratura, del viaggio e della follia. Il mestiere delle armi, il mestiere delle arti. È partito per riunire le truppe arabe e per cacciare i turchi dal Medio Oriente… ha compiuto una traiettoria. Sono partito sulle sue tracce portando con me una recente edizione del suo libro I sette pilastri della saggezza, tradotta da Eric Chedaille. È un libro importante, una enorme stele letteraria del XX secolo. Non è un’opera sulla motocicletta, ma un’opera di avventura militare sulla libertà.

Lawrence mi ispira. Quello che m’interessa di lui è che c’è una coesistenza sul piano dell’avventura fisica, tra l’impresa del corpo e quella dello spirito. È una cosa rara. Alcuni ritengono che un intellettuale debba essere fisicamente fragile rispetto a uno sportivo o un motociclista che, a contrario, dovrebbero essere intellettualmente deboli. Ma gli anglosassoni, come dimostra la figura di Lawrence, sposano le due dimensioni, l’ordine dello spirito e l’ordine dell’azione. Lawrence non può fare a meno di salire sulla sua motocicletta, su un cammello, senza pensare alla letteratura. Prendiamo ad esempio il modo in cui ha proceduto nel riunire la rivolta araba. Scrive “Avevo letto tutti i libri, Clausewitz, le campagne di Napoleone, le tattiche di Annibale, avevo studiato le guerra di Belisario”. Quindi: prima i libri per poi trascrivere sul campo tutto quello che si è imparato.

Si tende a pensare che il valore profondo e filosofico di un viaggio si basi sulla contemplazione. Il viaggio come un raid, veloce, come una razzia, dove si corre sulle cose, ti costringe a catturare tutti i luccichii della vita. Lawrence aveva una cura per l’ipertensione dei suoi nervi e della sua intelligenza: aveva portato la sua considerazione del mondo ad un tale grado di effervescenza e ad una tale tensione, che era costretto a chiedere alla strada, alla velocità, di lavare tutta la tensione del suo essere. La moto gli è servita a questo. Nella sua corrispondenza racconta spesso di usare la motocicletta come una sorta di clistere dell’ipertensione che lo stava disintegrando. Accelera sul pedale e parte lungo la strada.

Bisogna riabilitare questo uso del mondo febbrile e dedicarsi ad una sorta di celebrazione della velocità. Davvero non c’è rapporto proporzionale tra la velocità del movimento e la profondità dei sentimenti che si raccolgono, delle emozioni che ci attraversano, delle riflessioni che nascono, del pensiero ordinario? Non è vero. Non esiste una teoria generale sull’argomento, ma solo casi individuali che parlano della natura umana, disparati e singolari. Un contemplativo ermetico potrebbe non sentire nulla. Al contrario, un uomo che va veloce nei luoghi alti potrebbe trattenere tutto. Non ci sono regole, è la disposizione interiore e particolare a fare la differenza.

Thomas Edward Lawrence e altri hanno cantato le virtù della velocità; i futuristi italiani ne hanno fatto un’arte. Io vorrei farne uno strumento di viaggio e di comprensione delle cose per mostrare che correndo ci si obbliga a mettersi in uno stato di veglia di sovratensione. I sensi in agguato, la mente concentrata e questo risveglio iper-lucido permettono di raccogliere tanta bellezza quanto la lunga gestazione contemplativa davanti allo spettacolo del mondo. Il viaggio veloce diventa allora un raduno, una raccolta, una razzia per la rapidità e la navetta di questo strumento di legno.

La vita di Lawrence è pari a una corsa in motocicletta. È una meteora. Attraversa la metà del XX secolo. Finisce male, arriva nel fosso, ma reca l’impronta del genio. Il suo genio è una miscela di ispirazione politica e di gusto per il nomadismo. Ne I sette pilastri della saggezza scrive che “il nomadismo è il nostro morso”. Non può farne a meno: è sulla strada, riunisce gli uomini e il suo movimento porterà alla liberazione. Un moto fantastico”.

Sylvain Tesson

Gruppo MAGOG