
“E tu vivi malgrado te stesso”. Su una poesia di Evtušenko
Poesia
Giorgio Anelli
Ricevere una lettera di congratulazioni prima dei trent’anni da parte del santo graal dei letterati. Chissà quante volte succede. A Yeats andò così: scribacchiava sullo Scots Observer e poi sul National Observer comparve la sua poesia sull’isola sul lago di Innisfree. Stevenson che tirava a campare alle Samoa ne fu ammaliato e prese la penna in mano:
14 aprile 1894, Vailima
Caro Signore,
da quel lontano tempo in cui ero ragazzo ricordo l’emozione con cui ripetevo le poesie e le ballate di Swinburne. Più o meno dieci anni fa un incantesimo similare mi è stato scagliato da Love in the Valley di Meredith; la stanza che incomincia con When her mother tends her’ haunted me and made me drunk like wine; e ricordo che si risvegliava l’eco tra le colline di Hyeres. Potrebbe interessarle sapere che sono caduto in schiavitù per la terza volta e questo si deve alla Sua poesia The Lake Isle of Innisfree. È così anticamente carina e ariosa, semplice, artistica ed eloquente per il cuore – cerco invano le parole giuste. Basterà dire che always night and day I hear lake water lapping with low sounds on the shore perché io sia il Vostro riconoscente
Robert Louis Stevenson
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La poesia di Yeats era apparsa a stampa anche in due suoi libri diversi entrambi del 1892 e le cose avevano continuato al modo consueto, con le note bagarre di letterati. In quel giro d’anni Stevenson si spiegò meglio al riguardo del passaggio di testimone generazionale scrivendo a un altro corrispondente, il poeta William Henley: è una lettera interessante che merita la nostra attenzione di là dall’edizione Archinto, testo che andrebbe rammodernato e ampliato.
Buona lettura! (Andrea Bianchi)
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Stevenson a Henley
15 luglio 1894, Vailima
Mio caro giovanotto, Giobbe sostiene che l’uomo è nato per patire così come la scintilla se ne va in cielo, e veramente tu hai avuto la tua parte. È strano, ma sembra che io non abbia la mia, o non ancora quantomeno: sono in arrivo bei tempi, presumo. La mia unica seccatura è che, con le carte giuste in mano, non sono riuscito a crepare al momento giusto e incomincio a guardare avanti con preoccupazione nei confronti di quella vecchia età quando incomincerò a scrivere come faceva nei suoi ultimi giorni Wilkie Collins, o magari il caro Scott coi suoi Cavalieri di Malta. Ma tu hai avuta la tua parte, spessa e dura, come la pioggia a dicembre col ventaccio in fondo. Sono certo che tu abbia ancora dei versi dentro di te così come sono sicuro che saranno carini, quando verranno fuori. Tu e Meredith e Yeats siete le uniche persone che vorrei sentire sul palco, ma non il Meredith attuale, semmai quello di Love in a Valley. Nomino Yeats benché potrei dire di non conoscere i suoi lavori; ma tutti gli spizzichi che mi sono arrivati per via sono davvero intonati e genuini; e un pezzo come The Lake of Innisfree semplicemente si rifiutava di uscirmi di memoria: And always, day and night, I hear lake water lapping with low sounds on the shore. Com’è buono quello spondeo con due sillabe lunghe! È quasi la scoperta della prosodia moderna quanto sia d’effetto lo spondeo inglese ben padroneggiato. […]
Marcel Schwob è stato in certo senso mio corrispondente ma non emerge e per me rimane una figura molto ombrosa; pure, molto intelligente. Hai visto il suo Mimes? Lì c’è un pezzo, Hermes psychagogos, che è un trapano. Ti sarebbe piaciuto metterlo in versi. Gente giovane continua sempre ad arrivare; per la maggior parte sono poca cosa; ma dai tempi che abbiamo cominciato noi due sono sorti Barrie e Kipling e Bourget e Meredith si prende 1200 sterline a romanzo mentre le opere complete di Stevenson sono sul cartellone pubblicitario così che c’è sempre qualche cambiamento che meriti attenzione e ricordo. […] Lo sai che tendo sempre a essere critico benevolo e speranzoso nei confronti dei contemporanei tranne che con la povera George Eliot. Ebbene lei è morta e a mio parere non era delle peggiori anche se non lo sapeva giacché aveva l’abitudine di tenere i piedi al caldo senza preoccuparsi delle recensioni: in entrambi i gesti oso dire che avesse ragione, ma si è persa un bel po’ di divertimento […] Presto, presto dobbiamo proseguire dove non c’è più nulla da scribacchiare e i plausi e i fischi, i capolavori e i fallimenti sono tutt’uno.
For this is the end of all things under the sky,
To love a little, to work a little, and then to arise and die.
Improvvisazione – o ricordo. Quantomeno, un luogo comune, una trovata geniale. Per sempre tuo
Robert Louis Stevenson