Supervagamondo (Settecolori, 2022) di Stenio Solinas è il diario di un uomo in esilio, il carteggio interiore di un esule che ha sempre trovato nel viaggio la vera patria e nella scoperta di un mondo segreto, inafferrabile, avventuroso la propria liturgia personale. Lo confermano i saggi che compongono ed aggiornano questa raccolta che attraversa i confini del Mediterraneo e le topografie dell’anima russa, i dandismi superstiti di una Europa carbonizzata dal falò della volgarità occidentale e i profili duri, militari e mistici di un Oriente medievaleggiante e trafitto dalla tecnica in cui il lettore viene trasportato dalla penna raffinatissima e pungente dell’autore. Solinas, infatti, nelle numerose sezioni che compongono questa nuova edizione del suo Vagamondo del 2008 (raddoppiato da oltre trecento pagine di inediti) mostra le ombre dei Dragoni cinesi e le vite illustri e numinoso degli esteti armati, una Russia spettrale, sotterranea e sciamanica, nella sezione “Casa Russia” e le prospettive dei tanti volti, paesaggi, divismi e ricordi che compongono oltre cinquant’anni di attività giornalistica ed intellettuale.

Leggendo Supervagamondo, dedicato a Manuel e Pino Grillo e al nuovo corso della loro Settecolori, il lettore non si troverà di fronte solo ad un gioiello letterario, ma anche ad una raccolta che non vuole solo mostrare paesaggi, aneddoti, profili, luoghi e ricordi di una formidabile attività di inviato, ma evocarli, rivelarli, donando non solo al lettore nuove immagini da ammirare, ma anche nuovi occhi per vedere il mondo oltre le nubi della mediocrità e volgarità attuale.

Per meglio conoscere i segreti ed i dettagli di Supervagamondo abbiamo intervistato Stenio Solinas.

Come nasce Supervagamondo e quali mondi e atmosfere inedite ha raccontato in questo diario desilio e di viaggio?

Nasce da un libro che si chiamava Vagamondo, uscito molti anni fa e andato esaurito. Il Super che lo affianca sta a indicare praticamente il suo raddoppio, due nuove sezioni che ne fanno praticamente un altro libro, pur conservando l’impronta di quello originale.

Spettrale ed eterna, quale è la Russia che racconta nella sezione Casa Russia e quali sono i protagonisti che infestano queste pagine?

 La Russia è d’attualità per i motivi che sappiamo tutti e che quindi è inutile ricordare. Ma io appartengo a una generazione nata ai tempi della guerra fredda, in un Paese che ha avuto il più forte Partito comunista d’Europa e che ha a lungo visto nell’Urss, come allora si chiamava, un esempio e una guida… Adesso non se lo ricorda più nessuno, e sembra quasi che in Italia il comunismo non sia mai esistito… È una perdita di memoria che porta con sé un curioso cambio di prospettiva e oggi in fondo non si permette a Putin, in nome del nazionalismo, ciò che ieri si accettava, da Stalin a Gorbaciov, in nome del marxismo… Su tutto ciò credo valga la pena riflettere e sulle conseguenze geopolitiche che ne derivano, fra le quali c’è un’assenza di identità europea, trasformata in pura e semplice cinghia di trasmissione degli interessi d’oltre Atlantico… Al di là di ciò, ci sono gli scrittori, da Puškin a Gogol’, e la tragedia novecentesca che ha visto la Rivoluzione d’ottobre e i suoi esiti fare strame di quelli a lei contemporanei, Babel’ , Bulgakov, Achmatova, Bunin, Blok, per fare solo qualche nome,  e insieme trasformare un Paese in un gigantesco gulag… Quella Russia illustra, come nessun altro Paese in Occidente, il delirio cui può giungere un’ideologia autoproclamatasi “salvifica”, e l’eroismo di chi ha fatto proprie le ragioni dell’arte fino al punto di sacrificarle la vita… Come vedi, per uno scrittore, come per un lettore, è un campo affascinante, sinistro, pericoloso, ma con significativi spazi di grandezza.

Cartoline di viaggi proibiti, souvenir di luoghi segreti, testimonianze di luoghi inaccessibili. Quali sono i viaggi e i luoghi a cui è più legato di questa raccolta?

È sempre difficile stilare delle preferenze e del resto molti luoghi, Cipro come Malta, come Gibilterra, hanno un senso più come mito, la storia che raccontano, che come realtà. Si viaggia anche per recuperare le tracce di ciò che è stato e vedere se possono ancora avere un’eco nel presente. Poi, certo, c’è Hong Kong, c’è l’India, Cuba, l’Algeria, il Kenya, e con essi il tentativo di sfuggire a un’omologazione occidentale tanto più evidente quanto più avvilente. Ma qui il discorso ci porterebbe alla globalizzazione, al mercato unico, temi che ci condurrebbero troppo lontano.

Stenio Solinas

Perché definisce medioevo meccanizzato del XXI secolo l’Afghanistan e che ricordo ha di quel luogo?

Be’, quando hai i muli, le grotte e i kalashnikov,  i razzi e i clan, i signori della guerra, la guerra santa e le guerre d’invasione, i mercenari e la tradizione, mi sembra che la definizione sia corretta. Il ricordo è quello di un Paese affascinante nel paesaggio, duro e crudele nello stile di vita, e però anche generoso.

Nel capitolo su Bobby Sands traccia uno straordinario profilo dell’Irlanda. Cosa la colpisce della terra di Collins e De Valera?

L’Irlanda ha avuto un Novecento insensato e violento, con persino una guerra civile fra chi voleva tutto subito, De Valera e la sua idea di indipendenza, e chi lo vedeva al termine di un processo graduale, Collins. Nel secondo dopoguerra, le vicende dell’Ira hanno per certi versi riproposto quello schema e insomma continuare a ricordare i torti subiti, veri e presunti che siano, e a volersi vendicare degli stessi irrigidisce in un rifiuto sterile e che ha come sua arma di difesa l’accusare di tradimento chi cerca di trovare una via d’uscita.

Cosa la lega alla figura di Lawrence d’Arabia e come è nata l’affinità elettiva con questo irregolare protagonista del primo Novecento?

Ho letto I sette pilastri della saggezza da ragazzo e ovviamente ne sono rimasto affascinato. Lawrence fa parte di quello che qualcuno ha definito “il genio dell’adolescenza”, ovvero le grandi cause, i grandi amori, le proclamazioni ideali, il non voler mettere Dio nella carriera… In più Lawrence è un grande scrittore, uno che in fondo ha messo su carta il suo trionfo mentre la realtà faceva a pezzi ciò per cui si era battuto.

Quali sono i luoghi e gli incontri, di quelli raccolti in Supervagamondo che più rimpiange e quelli di cui ha più nostalgia?

La nostalgia non è un sentimento che mi appartiene. So, per esperienza, che tornare sui luoghi dove si è stati felici non è mai un bene, ma sempre una delusione… Più in generale, e questo lo dico dal punto di vista di uno scrittore, la mia preferenza va a quei luoghi, a quegli incontri, che sulla pagina risultano più convincenti, hanno cioè una loro compiutezza stilistica, che è poi la cosa che, appunto in quell’ottica, mi interessa di più. Anche qui, più che fare un elenco, sono invece curioso di sapere quali siano le preferenze di chi legge, che cosa lo abbia colpito di più… Ma voglio che sia lui a indicarmele, non io a suggerirgliele.

Aurelio Picca dice che sono pochissimi ormai i luoghi segreti in cui nascondersi, conoscersi e tramontare. Per lei esistono ancora dei luoghi segreti in cui sbiadire?

Ci sono, certo, ma proprio perché segreti non ho alcuna intenzione di renderli noti…

Esistono ancora snobismi e dandismi che non siano logorati dalla visibilità e dalla pubblicità? Oggi che cos’è veramente snob?

Snobismo, dandismo sono ormai parole prive di senso. Presupponevano una società, una gerarchia di valori e di comportamenti, un limite e la sua trasgressione consapevole… Se vuoi, oggi che tutti vogliono apparire ed esserci, l’unica forma di snobismo e/o dandismo consiste nello sparire e nel non esserci, ovvero nel non prestarsi alle regole del gioco…

Vita e destino, I due stendardi… Quali sono i grandi romanzi della sua vita e che legame ha con loro? Che cosa le hanno lasciato?

Diffido sempre, l’ho già detto, degli elenchi. Siamo fatti di tanti io che periodicamente si affacciano per poi scomparire e ogni volta portano con sé il grande romanzo di quel particolare momento, che poi magari rieletto non avrà più quel particolare profumo che allora ti incantò. Per restare ai due che citi, quello cui sono più affezionato è comunque il secondo. Vita e destino è naturalmente un libro e importante, ma lo è come quadro e controcanto di una tragedia del nostro Novecento e di un popolo, laddove I due stendardi è il romanzo della vita di tutti noi al tempo dei vent’anni: passioni infelici, sogni di grandezza, amori impossibili, discussioni fiume sui grandi temi, sbronze, sesso, risse… Che cosa si può volere di più? Inoltre, è un libro che mi sono battuto per anni per farlo tradurre, nonostante la mole, la difficoltà di renderne in italiano lo stile, la fama sulfurea, meglio, la damnatio memoriae del suo autore. L’esserci alla fine riuscito è una delle poche cose di successo della mia vita.

*L’intervista è a cura di Francesco Subiaco

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