16 Aprile 2018

“Sono geloso, dunque ti amo”. Per amore compiamo le azioni più belle. E quelle più terribili. Catabasi nell’ultimo romanzo di Philippe Vilain

È possibile comprendere la vita con l’arte? E l’arte con la vita? Il dilemma risulta quasi insolubile. In altri termini, si tratta di addentrarsi nel complicato rapporto che viene instaurandosi tra realtà e finzione. Cosa c’è di vero in un libro o in un film? Cosa si può attribuire dell’opera all’autore? Tutta una serie di domande simili potrebbero susseguirsi, suscitando interesse nel lettore, come nel critico e nello scrittore. In generale, in chiunque si avvicini alla materia.

Il rapporto tra finzione e realtà continua infatti a essere tematizzato nel corso dei secoli. Tantissimi i titoli che sviluppano questo argomento, a cominciare dai film di Roman Polansky e Tornatore, come Venere in pelliccia o Una pura formalità. Solitamente tra fantasia ed esperienza si contrappongono desideri, amori, proiezioni, dipendenze sentimentali e non. Un topos però si ripropone costantemente: il protagonista confuso tra finzione e realtà è quasi sempre uno scrittore.

Philippe Vilain, in La ragazza con la macchina rossa, tradotto e pubblicato in Italia da Gremese Editore, rielabora in modo profondamente originale e critico la relazione tra finzione e realtà. Lo fa attraverso il racconto di una storia d’amore che vede come protagonisti uno scrittore di mezza età e una giovane studentessa universitaria. Il rapporto tra i due è segnato da alcune differenze. Innanzitutto, quella dell’età, da cui scaturisce una dissomiglianza di linguaggio ed esperienza. Questo aspetto traspare esplicitamente nella comunicazione di coppia ed è latente nel non detto: essere compresi significa anche lasciare parte di noi ostaggio dell’altro. Un gioco di proiezioni e di tentate interpretazioni intercorre continuamente tra i due. I romanzi dell’uomo trovano un ruolo in questa dinamica, Emma vede in quelle storie qualcosa di più di una finzione letteraria: “Avevo difficoltà a credere che una studentessa di lettere potesse fare una lettura tanto ingenua dei romanzi, senza separare l’autore dai suoi personaggi […]Ovviamente non mi sono capitate tutte queste storie, certe sono inventate, altre romanzate, ma non posso negare che la scrittura intrattenga un legame con la mia vita sentimentale e che, a volte, come con Emma Parker, siano i  miei amori a scrivermi, i loro corsi aleatori, gli avvenimenti e le peripezie, il carattere romanzesco che, senza lasciarmi nulla da inventare, mi spingono a trascriverli.”. Cosa c’è di vero nella letteratura e cosa sfiora la finzione nella vita reale? E cosa c’entra l’amore? Una riflessione metaletteraria ed esistenziale si profila lungo il corso della storia d’amore narrata. Il tutto è restituito dalla penna esperta di Vilain in modo complesso e delicato. Siamo infatti in grado di compiere, per amore, le azioni più belle e generose, di condividere tutto della vita fino a stravolgerla. Ma, per lo stesso motivo, riusciamo a mostrare anche gli aspetti più terribili di noi stessi. Gli esempi letterari abbonderebbero: la Fedra di Racine risulta emblematica in tal senso.

Libro VilainL’amore, che lo vogliate definire biologicamente come una pulsione, o come un profondo sentimento umano, è qualcosa che urge di essere donato all’altro, per sua stessa natura. Se ristagna nell’ego non ha ragione di esistere. Marcisce. Per questo Fedra, di fronte a un amore negato, tenta di sopprimere tale sentimento e, non riuscendoci, si consuma fino alla morte. L’amore, se vissuto in solitudine, se non ricambiato, diventa del tutto simile alla gelosia che si alimenta da sé stessa. Qualcosa di affine lo si ritrova anche nell’opera di Vilain: “Non le avevo dato sufficienti prove d’amore? Non so. In certi casi, la gelosia è una proiezione, e i desideri che attribuiamo al partner sono, in realtà, i nostri stessi desideri mascherati: la gelosia non rivelava forse il suo desiderio di cogliermi in flagrante per dare libero sfogo alle sue fantasie e rompere una relazione che, forse, cominciava a pesarle? O, semplicemente, pensava davvero che le mentissi, perché lei stessa, in fondo, sospettosa e diffidente, non poteva concepire che l’amore non mentisse? […] Non è che non fossi geloso ma, sforzandomi, mi proibivo di esserlo, probabilmente per non soffrire, ma anche perché non ero più vittima di quel calcolo semplicistico che la gelosia amorosa ci porta a dedurre – «Sono geloso, dunque ti amo» – facendoci confondere il bisogno di possesso con l’unico amore che personalmente concepisco, l’amore più puro e disinteressato, l’amore della comprensione.”.

Forma di possesso, di proiezione sull’altro delle proprie insicurezze o delle proprie voglie, la gelosia è alimentata morbosamente dall’immaginazione che tenta di comprendere l’oggetto del desiderio. L’altro potrebbe pure non esistere quando si è presi da gelosia. Anzi, la causa di questo sentimento, la si vorrebbe eliminare. Tuttavia, ciò che ci fa innamorare dell’alterità, allo stesso modo, è tutto ciò che le ricamiamo sopra con l’immaginazione, ciò che di noi vi proiettiamo, i significati che attribuiamo alle immagini, ai simboli, ai gesti, le parole di ciò che abbiamo davanti. Che sia un’altra persona, una poesia o un romanzo. Il rischio è che questa alterità diventi irresistibilmente affascinante, ci conquisti proprio come succede in Venere in pelliccia. La nostra realtà di esseri umani dipende dall’interpretazione e, in questo, trattiene un poco di finzione. Per lo stesso motivo la letteratura spesso si mostra vertiginosamente realistica. Philippe Vilain con La ragazza con la macchina rossa ci consegna un nuovo e attuale classico.

Alessandro Paglialunga

Gruppo MAGOG