
Cinema dissidente: omaggio a George A. Romero e alla sua geniale saga degli zombie
Cinema
Massimo Triolo
Un classico. E se lo dicono i francesi. Michael Mann. Uno dei registi più audaci di sempre. Michael Mann è:
*i colori lividi di Miami Vice (la serie tivù con Don Johnson, però);
*la corsa strepitosa di Daniel Day-Lewis ne L’ultimo dei Mohicani, e chi se la dimentica;
*la faccia bastarda di Al Pacino in Insider e Tom Cruise con i capelli argento in Collateral;
*la danza di Will Smith mentre simula – tonante somiglianza – sul ring Alì, ovvero Cassius Clay.
Ce n’è a sufficienza? Macché. Michael Mann è il regista di Heat, uno dei film più belli degli ultimi decenni, più un dramma dostoevskjiano che un film, volgarmente, ‘d’azione’. L’ha detto lui, per altro. “Heat per me è un dramma più che un thriller. Inizia come un film d’azione. Poi cambia registro. Si entra nella vita intima dei protagonisti. Creature solitarie – ma con gli stessi problemi nella vita di coppia che ha ognuno di noi. Volevo che lo spettatore precipitasse nell’abisso del poliziotto, Al Pacino, e del ladro, Robert de Niro”. Il Festival Lumière di Lione ha dedicato una giornata, Super Mann, al regista americano e al suo capolavoro, Heat, pubblico nel 1995. Le Figaro lo ha intervistato e Mann, intanto, ha sfatato una flautata leggenda. “Al Pacino e Robert De Niro: sognavo loro in quel ruolo. Non avevano concorrenti. Quanto alla leggenda che non volessero comparire nella stessa scena, per eccesso di protagonismo, è una stupidaggine. Ho girato molte scene insieme. Ma le ho tagliate. Perché? Perché volevo che ciascuno di loro mantenesse la propria austera individualità”. Il film, ispirato a una pellicola di Jean-Pierre Melville (per questo piace tanto ai francesi…), scritto e diretto da Mann con un cast incontenibile – oltre al duo De Niro/Pacino ci sono Val Kilmer, Jon Voight, Ashley Judd, Natalie Portman – e la fotografia corrusca di Dante Spinotti, ha avuto una lavorazione difficile (“per i produttori era troppo lungo; più tardi mi hanno detto che facevano a gara per chi avesse dovuto comunicarmi di tagliare almeno mezz’ora del film. Poi, accettarono tutto”). Fatica premiata. 170 minuti di film, costo 60 milioni di dollari, 187 milioni di dollari di incasso. Al Pacino e De Niro sul set insieme dai tempi del Padrino. Epico. Epocale. Assoluto. L’unico neo? Che a Michael Mann non è mai cascato tra le braccia l’Oscar. Brutto affare. D’altronde, per restare ai francesini, si sono scordati di dare il Premio Nobel a Marcel Proust. I premi nobilitano i cretini.