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Fabrizia Sabbatini
Scrittrice dal genio incontenibile, sottile, a tratti crudele, Shirley Jackson ha ideato alcuni autentici classici della letteratura statunitense degli ultimi decenni: di lei vanno letti, almeno, La lotteria e L’incubo di Hill House. Morta nel 1965, la Library of America ha ‘ridotto’ l’opera della Jackson in due volumi curati da Joyce Carol Oates e Ruth Franklin. In Italia, i libri della Jackson sono pubblicati da Adelphi: di recente sono usciti La luna di miele di Mrs. Smith e la versione economica di Abbiamo sempre vissuto nel castello. Qui pubblichiamo parte di una intervista a Ruth Franklin, che grazie alla sua biografia, Shirley Jackson: A Rather Haunted Life, pubblicata nel 2016, ha inaugurato un autentico revival dell’opera della grande scrittrice. Ritenuta, per lo più, autrice horror, prima del ‘trattamento Adelphi’ – che l’ha cristallizzata in classico –, la Jackson era pubblicata da Urania, con La casa degli invasati (cioè: L’incubo di Hill House).
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Shirley Jackson muore nel 1965. 55 anni dopo possiamo parlare di un vero rinascimento, la sua opera si è riversata anche nella cultura pop…
È così. I critici letterari, al tempo della Jackson, non la capivano pienamente, non potevano: i suoi libri parevano inclassificabili. I lettori, oggi, sono più avvertiti, sono più aperti all’idea che uno scrittore possa attraversare i generi con geniale naturalezza, che la narrativa, insomma, sia porosa, prensile, attenta al tutto.
Quali sono, per così dire, le novità della nuova sistemazione critica dell’opera della Jackson?
Shirley Jackson non ha mai fatto due volte la stessa cosa. Ciascuno dei suoi romanzi ha una forma e un tema distinti, spesso sorprendenti. The Road Through the Wall è una rappresentazione acida e satirica della vita in una periferia californiana di lusso, non dissimile da quella in cui è cresciuta la Jackson. Hangsaman è un romanzo di formazione, pur anticonvenzionale. Lizzie è lo studio di una donna con disturbo multiplo della personalità, che si snoda in formule sorprendenti. The Sundial, con la vicenda di una famiglia benestante che si appresta ad affrontare una prossima, possibile apocalisse, ha tratti da romanzo di fantascienza. Ognuno di questi romanzi stupirà il lettore abituato alle atmosfere da horror psicologico, tipiche della Jackson.
Come riesce la Jackson a creare un’atmosfera di pervasivo disagio in scenografie tanto familiari, quotidiane?
L’idea che l’orrore possa prendere spazio ovunque, soprattutto negli luoghi più accoglienti, familiari, è uno dei marchi di fabbrica della Jackson. Basti pensare a La lotteria, in cui un rituale barbaro si svolge nel borgo americano più ordinario, perfino anonimo. Nei suoi primi romanzi tutto pare normale, al principio, l’ambiente è convenzionale, tipico, ma le persone non lo sono. Basta il commento tagliente di un vicino ficcanaso per mutare il panorama del romanzo in qualcosa di instabile, di pericoloso.
Nella biografia che ha dedicato a Shirley Jackson ritiene che la scrittrice abbia narrato “la storia segreta delle donne americane della sua epoca”. Cosa significa?
Le faccio l’esempio di due romanzi, che si concentrano sulla crisi psicologica di una giovane donna. In Hangsaman è Natalie Waite, studentessa al primo anno di università, a sentire la propria psiche dividersi, smarrirsi, senza ragione apparente. Lizzie, invece, come dicevo, ha al centro una donna con disturbo della personalità multipla, diagnosi che all’inizio degli anni Cinquanta, quando scrive la Jackson, aveva appena iniziato ad affacciarsi. Entrambi i libri, tuttavia, parlano in modo molto più ampio delle pressioni subite dalle donne. In diversi modi, negli anni Quaranta e Cinquanta (e oltre), le donne hanno dovuto isolare o minimizzare alcuni aspetti del loro carattere. Dovevano comportarsi in modo convenzionale, sopprimendo i lati più selvaggi di sé; l’attesa sociale vedeva una donna nei panni di una casalinga modello, benché potesse nutrire ambizioni professionali e creative. In ciascuno di questi libri le donne sono profondamente fraintese da uomini che credono di aiutarle.
L’umorismo mi pare essere uno degli aspetti narrativi della Jackson ancora sottovalutati…
Quasi tutta la narrativa della Jackson è attraversata da lampi ironici. Anche in L’incubo di Hill House la scrittrice stempera la tensione introducendo un personaggio esilarante: una medium incapace, che pensa di essere esperta nel soprannaturale, ma che non riesce a percepire i fantasmi che tutti gli altri personaggi sentono intorno a sé. In una conferenza, la Jackson chiamava la sua tecnica “l’aglio nella letteratura”: attirare, cioè, l’attenzione del lettore usando piccoli aggettivi provocatori, oppure alcune immagini “che accentuano ed enfatizzano”. Ecco, l’umorismo è una delle sue tecniche più efficaci.