12 Dicembre 2022

“La scuola ha bisogno di cure speciali. Inutile blaterare di merito o di umiliazione”

Di nuovo nella bufera, oggi come ieri, la scuola. Viene in mente l’omonima poesia di Sandro Penna.

“Negli azzurri mattini
le file svelte e nere
dei collegiali. Chini
sui libri poi. Bandiere
di nostalgia campestre
gli alberi alle finestre”.

Non più in fila e neppure con il grembiule nero. La nostalgia riguarda anche l’albero che si scorge alla finestra della classe. C’è un’espressione latina, resa celebre da Dante: “Nomina sunt consequentia rerum”. I nomi sono davvero conseguenti alle cose? Quando parliamo di scuola, su ogni parola si ricama, ne nascono paroloni, rebus che spesso diventano acronimi e poi sigle tanto strane che nessuno ricorda più davvero che cosa diavolo nascondano dentro di sé.  Spesso, chi parla di scuola, discetta per sentito dire o per un vago ricordo di polverosi banchi di scuola. Lo scrittore milanese Marcello Bramati, invece, a scuola ci passa gli azzurri (ma pure quelli grigi, insegna in un liceo a Milano) mattini e, da tempo, si spende e scrive fiumi d’inchiostro e diversi libri per cercare di illuminare quello che è in ombra, di fare luce per indicare una strada. In questa direzione è da leggere il suo ultimo, in senso cronologico, lavoro, steso a quattro mani con Lorenzo Sanna, docente e tutor di studenti e famiglie La scelta più giusta (Mimesis) che segue Basta studiare! (Sperling & Kupfer, 2016) e Leggere per piacere (Sperling & Kupfer, 2017). Una bussola per orientare i ragazzi nella difficile scelta della scuola superiore.

Di che cosa parliamo esattamente? Perché è così difficile scegliere?

“Scegliere è sempre difficile e insegnare a farlo ancora di più. Proprio per questo motivo il tema della scelta della scuola superiore è delicato per gli studenti, alle prese con la loro prima decisione irrevocabile (o quasi), e lo è anche per i genitori, nel ruolo di consiglieri interessati ma anche necessariamente in cabina di regia di un dialogo educativo che porti a una decisione condivisa. I genitori faticano a orientarsi tra tecnicismi, novità e scadenze, così con Lorenzo Sanna abbiamo pensato a un testo che riordini i frammenti di un argomento come la scelta della scuola superiore per garantire un sommario e una scaletta che cataloghi le priorità necessarie per operare una scelta assai importante per lo studente, ma anche per l’equilibrio di una intera famiglia. Orientarsi alla scuola superiore significa provare a fare chiarezza tra open day pubblicitari, consigli spassionati ma anche interessati di amici e parenti, informazioni di seconda mano, titoli sui giornali e diluvi di dati sempre non abbastanza contestualizzati, ma anche tradizioni familiari, confronti litigi e differenze di vedute. Il tutto con il rischio di farsi prendere dall’ansia all’ultimo momento e scegliere d’istinto, oppure far prevalere lo sconforto e optare per la scuola più vicina, oppure per quella dove andranno gli amici, oppure per quella di moda o alta in una classifica apparsa su un giornale pochi giorni prima”.

Parliamo adesso di merito, che cosa ne pensi della parola “merito” affiancata alla parola “Istruzione” nel titolo del Ministero?

“La parola “merito” c’entra con il mondo della scuola, infatti ogni studente raggiunge da sempre determinati livelli riconosciuti dal sistema di valutazione numerico, e così acquisisce valutazioni, viene ammesso oppure no alla classe successiva, concorre per borse di studio.

Ora, non è nemmeno da ribadire quanto tutti sarebbero contenti che ci fosse onore al merito ovunque e così anche nella scuola: docenti meritevoli in cattedra, studenti meritevoli appagati, dirigenti scolastici meritevoli, confortati e supportati nella loro azione. Ciononostante, il termine merito dove è stato collocato non va bene, perché il Ministero dell’Istruzione non può occuparsi solo, o preferibilmente, di un tema – il merito in questo caso – rispetto a tutti gli altri ambiti che sono di sua competenza. Intitolare un ministero come è stato fatto significa operare una selezione tematica, per cui viene spontaneo chiedersi se questo ministero prediligerà il merito all’inclusione, il merito alle pari opportunità, il merito al dono di una lezione mirabile, il merito all’obbligo, il merito al metodo, il merito al diritto. Perché così è, se vi pare, leggendo le carte intestate che da un mese citano “Ministero dell’Istruzione e del merito”. Si tratta di una scelta politica che implica una selezione e indica come prioritario il campo del merito, quando invece la scuola è di tutti e per tutti: è per chi va bene e merita, ma anche per chi va male e merita ugualmente, è per chi non ha voglia e non si merita l’azione educativa e di istruzione che invece va garantita addirittura, se possibile, con maggiore convinzione ed efficacia, è per chi si trova in ospedale, è per chi ha sbagliato e si trova in riformatorio, è per chi si trova in riformatorio e non ha intenzione di cambiare, è per chi sceglie la scuola sotto casa, è per chi sceglie un collegio esclusivo”.

Recentemente il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito ha parlato dell’importanza dell’“umiliazione” come “fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della propria personalità, di fronte ai propri compagni”. Che cosa ne pensi?

“Le parole sono importanti, per parafrasare Nanni Moretti, e vanno sempre pensate e pesate, tanto più se si parla da responsabile di una comunità che coinvolge milioni di lavoratori, famiglie, studenti. L’uscita del ministro è stata straordinariamente infelice, e lui stesso – dopo quasi un giorno di silenzio – ha precisato di essersi espresso in malo modo. Ci sono voluti decenni per estirpare dai metodi educativi la punizione esemplare, il pubblico ludibrio da cappello con le orecchie d’asino e ora rievocare questo immaginario umiliante, addirittura esaltarlo con un moto di eccitazione mentre se ne parla, risulta sgradevole e sgradito, innanzitutto perché dimentico di studi pedagogici recentissimi e meno contemporanei, ma anche di battaglie civili di donne e uomini di scuola come Mario Lodi, don Lorenzo Milani, Maria Montessori e tanti dirigenti scolastici, insegnanti e genitori che si sono spesi perché la scuola fosse diversa da un luogo inospitale, spigoloso, scomodo. Quel che preoccupa maggiormente è l’idea di scuola che ha probabilmente in mente il ministro Valditara: un modello fatto di punizioni esemplari e di esemplari premi al merito. Una scuola che preferisce mantenere l’ordine con il timore anziché stimolare la passione, che impone il silenzio anziché stimolare il dialogo costruttivo non è uno spauracchio stereotipato, ma un modello reale, che in Italia c’è già stato e che credo che non abbia mai funzionato”.

Riguardo, invece, al tema del cambiamento degli insegnanti si è parlato di “maestro con la emme maiuscola”. Come è cambiata la professione? Perché gli insegnanti (e anche i professori) non sono “meritano” più la lettera maiuscola?

“Siamo nel tempo delle maiuscole. Tutto è urlato e il carattere maiuscolo trova spazio nelle chat dei nostri cellulari e nei messaggi di tutti. Abbiamo smarrito l’uso linguistico e il desiderio di farci capire attraverso argomentazioni ed esempi, preferendo alzare i toni, gridare, scegliere il maiuscolo come modo di essere per segnare la differenza con ciò che invece deve essere schiacciato, ridotto, miniaturizzato, sia l’altro o il debole di turno. È così anche per la scuola, che pare così impossibile da risollevare interamente che si prediligono operazioni di distinguo che portano a selezionare i migliori. Così c’è sempre bisogno di eroi, di professionisti con la lettera maiuscola, di maestri da prima pagina o da primo premio. È un individualismo pericoloso per cui prevale il maestro con la maiuscola rispetto ai suoi colleghi, picconando ancora una volta la categoria intera di coloro che sanno di più (maestro, da magis, di più) e che proprio per questo stanno in cattedra, nel contesto disciplinare e didattico. La scuola, però, ha bisogno di una categoria intera e non del solista”.

Negli anni del Covid la scuola è letteralmente entrata nelle camerette degli studenti ma da quelle stesse stanze ne è uscita piuttosto acciaccata. Pensi che abbiamo imparato una lezione?

“La scuola era in crisi da almeno trent’anni, per cui da ben prima del Covid, e questi due anni letteralmente “attaccata alle macchine” ne ha generalmente peggiorato le sue condizioni, senza impartire lezioni, senza beneficio per nessuno. I soggetti fragili sono crollati, mentre sono aumentati esponenzialmente coloro che hanno bisogno di aiuto, tuttavia non c’è uno psicologo in più nei corridoi delle scuole, così come continuano a mancare docenti di ruolo in alcune classi di concorso. Sembrava ci volesse un virus per capire che in classe in 27, 28, 30 si è in troppi, eppure nemmeno la pandemia ha fatto mettere mano alla legge che, facendo formare le classi con numeri minimi così altri, di fatto garantisce l’esistenza delle classi pollaio”. 

Quali sono a tuo avviso le priorità della scuola, ingessata dalle mille riforme, che l’hanno resa sempre più difficile da gestire e burocratizzata?

“La scuola ha bisogno di cure speciali, se davvero è quella priorità che pare sempre essere almeno nelle dichiarazioni di intenti di ogni discorso politico. Servono quindi lungimiranza e pazienza, perché una riforma degna di questo nome deve essere strutturale e almeno decennale.

Servono nuovi edifici, non solo sicuri – ma serve ancora dirlo, nel 2022 – ma anche belli e confortevoli. Servono classi a numero ridotto, per favorire l’educazione personalizzata, la cura alla persona e l’azione didattica più qualitativa che quantitativa. Servono docenti sereni e motivati, per cui anche meglio pagati, meglio formati, meglio selezionati. La scuola dovrebbe essere un lusso pubblico, esteticamente e materialmente bella, ricca di cultura e di possibilità, luogo di incontro con i maestri del passato sui libri e nelle lezioni, ma anche con insegnanti colti ed educatori capaci e formati nel quotidiano. Sembrano parole alte, e lo sono, sembra un esercizio di retorica forse, ma perché la scuola deve essere avvicinata ai termini “umiliazione” o “lavori socialmente utili” e non a un immaginario lontano dalla realtà attuale solo perché costerebbe moltissimo un simile investimento per farle cambiare pelle?”

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