30 Dicembre 2018

Scegliere di precipitare in un canto: Malhara, giovane talento della musica italiana, ci ricorda i versi di Raymond Carver

Secondo il mito Clizia è una ninfa che si innamora del Sole, tanto che “il suo amore per il Sole era sfrenato”. La passione verso l’entità irraggiungibile strugge Clizia finché la ninfa, come narra Ovidio nelle “Metamorfosi”, si trasforma in girasole, il fiore che si muove guardando l’astro che nessun occhio umano può vincere né sostenere. “Malgrado una radice la trattenga, sempre si volge lei verso il suo Sole e pur così mutata gli serba amore”. Clizia, figura terrena dell’amore solare, sfrontato e immutato, viene ripresa da Eugenio Montale, in una delle sue liriche più belle, “La primavera hitleriana”: “Guarda ancora/ in alto, Clizia, è la tua sorte, tu/ che il non mutato amor mutata serbi”. Questa è la ragione del titolo che abbiamo assegnato a questa rubrica, ‘Clizia’: la bellezza in ogni sua variante, la solarità di un viso, ci portano al concetto di un amore immutabile, che non cambia mentre ogni forma, preda del divenire, morsa dal tempo, inevitabilmente muta. L’amore che non muta è ciò che permette all’uomo, tramite la visione di una forma vana, di vincere la morte.

***

MalharaCiò che ti rapina, qui, fino a stabilire una galassia sulle labbra è la personalità. Questo, in fondo, è il gesto scabro della bellezza: il carisma, il culmine della persona, uno sguardo che si getta in profondità che neanche pensavi di avere, e lì scava, con avidità di sciacallo. Giorgia Barletta nella sua vera vita si chiama Malhara, ha uno sguardo che ammalia, è una cantante che ha già ottenuto, pur giovanissima, risultati importanti. “Il mio sogno più grande è quello di arrivare al cuore della gente con la mia voce e spero un giorno di riuscirci perché ho tanto da raccontare ancora di me”, ci dice. La bellezza di Malhara è lì, allora, tra sguardo e gola, s’incarna in una voce che invoca meraviglia. “Come si fa/ ad essere sempre felici/ vorrei saperlo”, canta Malhara in Quello che c’è, segno che l’energia del canto è cinta, risolta, in una salutare inquietudine. Malhara conosce gli sguardi, ma anche il vuoto, il torbido del dolore. Il suo viso e la sua personalità ci ricordano le poesie di un grande scrittore americano, Raymond Carver, che da piccoli eventi quotidiani scovano grumi stellari. Sono, in effetti, poesie da cantare. Questi versi sono tratti da Questa parola amore, poesia inclusa nell’antologia Orientarsi con le stelle (minimum fax, 2006).

Ma questa parola amore
questa parola s’oscura,
s’appesantisce e si scuote, comincia
a farsi strada coi denti, con brividi e convulsioni
su questo foglio
finché anche noi scompariamo quasi
nella sua gola trasparente e siamo ancora
separati, lucidi, fianchi contro coscia, i tuoi
capelli sciolti che non conoscono
esitazioni.

A volte non bisogna dire l’amore, farci dire dall’amore, ma amare – cioè scegliere l’abbandono di uno sguardo, preferire di farsi preda di una voce, di un canto. Lasciarsi ammaliare. L’amore, in effetti, ha denti.

*Le fotografie sono di Antonio Tonti

Instagram links: Malhara: malhara_official; Antonio Tonti antonio.tonti

*Potete ascoltare la voce di Malhara in questo video dove canta “Caruso”.

Gruppo MAGOG