21 Febbraio 2022

“Va in giro cercando qualcuno da divorare”. Sussurri su Satana

Di lui se ne può solo sussurrare, negli avamposti del vento, dando alla parola nitore di serpe, lingua che sibila, finché non ci avvelena. Ogni interpretazione sobilla il maligno, che s’insinua tra gli interstizi del possibile, nel labiale del dubbio, nella malia accademica. Chi, con tassonomica intelligenza, crede di districare l’opera di Satana dalla figura di Lucifero, dando a quest’ultimo attributi magari prometeici, da “stella del mattino” – …et lucifer oriatur in cordibus vestris, 2 Pt 1, 19 –, capace di dischiudere i poteri della terra, finge di non capire, rivolta la lotta in obbedienza, si fa recluta, destro a esegesi binarie, sul bivio, pericolose. Di Satana si sussurri, per ritrarsi nell’antro di parole munifiche, o nell’ardore del silenzio, certi di essere sotto attacco, nel grande libro delle prede. “Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, va in giro come un leone ruggente cercando qualcuno da divorare” (1 Pt 5, 8): questa carne non è che il pasto delle forze celesti o ctonie, insaziabili; tra nodi, legacci, museruole, le forze ci sono addosso come un Niagara di iene – Dio non è meno famelico.

Cinquant’anni fa, durante l’udienza generale del 15 novembre 1972, papa Paolo VI attacca con bianca potenza: “Quali sono oggi i bisogni maggiori della Chiesa? Non vi stupisca come semplicista, o addirittura come superstiziosa e irreale la nostra risposta: uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male, che chiamiamo il Demonio”. L’era di un dio liofilizzato in ‘affare sociale’, in criterio etico ‘socialmente utile’, semmai parlamentare, legante per potenti e frustrati, crede di raffinare Satana in un pupazzo, non gli crede, incanto di un medioevo vessatorio, pare dire Paolo VI. E rilancia: “Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa. Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi ne fa un principio a sé stante, non avente essa pure, come ogni creatura, origine da Dio; oppure la spiega come una pseudo-realtà, una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni. Il problema del male, visto nella sua complessità, e nella sua assurdità rispetto alla nostra unilaterale razionalità, diventa ossessionante. Esso costituisce la più forte difficoltà per la nostra intelligenza religiosa del cosmo”.

Che Satana si muova nell’alcova cardinalizia – “Da qualche fessura pare sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio” – è ovvio: il diavolo sovverte di cardini, converte ai contrari. “Vai dietro a me, Satana! Inciampo [skàndalon] per me sei, perché non pensi le cose di Dio ma quelle degli uomini” (Mt 16, 23), così Gesù urla contro Pietro, che vuole distoglierlo dalla sua missione, con la stessa formula con cui si rivolge al demonio, “Vattene, Satana!” (Mt 4, 10), che lo ghermisce nel deserto. Che tra il primato e il demoniaco sia sancito un evangelico gemellaggio è segno tanto evidente da retrocedere i nostri smaliziati virtuosismi. I Vangeli sono terreno di scontro incontestabile, terribile: il Nazareno irrita le forze malvagie, che da allora ronzano con forza moltiplicata. Nel Libro la lotta è tra l’uomo e Dio, cerca disfatta, fatta di estasi e di tradimenti, rovi ardenti, nascondigli; è guerra aperta tra Israele e i popoli avversi. Il male si è infiltrato nell’uomo, stretto tra esodo e tempio, a preferire Babele o il Tabor; quando Dio sfida Satana a piegare Giobbe, il piagato, l’Ostacolatore denuncia la propria origine: “Dalla terra, vengo, che ho percorso ovunque” (Gb 1, 7).

Il mondo è immondo dominio di Satana, la terra è il suo trogolo, l’uomo il pisciatoio. Per questo, tra “i segni che accompagneranno i credenti” il Messia ricorda che “nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti, se berranno bevanda mortifera non nuocerà loro, imporranno le mani sui malati e questi avranno del bene” (Mc 16, 16-18). È come se con Gesù fossimo entrati in una Apocalisse permanente, in una battaglia epocale: il sepolcro vuoto è Logos, va creduto, mai interpretato. Nel capitolo sull’“Era protestante”, in La vita contro la morte, Norman O. Brown scrive che “il Diavolo è considerato lo spirito animatore dietro la ragione naturale, l’ancora di speranza della virtù naturale della tradizione aristotelica e tomistica. La ragione è ‘la sposa e la puttana’ del Diavolo. La ragione non è solo un nemico reale della fede nelle Scritture, ma è anche legata al principio aristotelico per cui le bune opere rendono buoni gli uomini. La ragione è all’origine di tutte le realizzazioni di questo mondo; ma le buone opere e le realizzazioni di questo mondo sono il dominio del Diavolo; gli insegnamenti della ragione non possono dunque essere che gli insegnamenti del Diavolo, e la voce della ragione la voce del Diavolo”.

Nel Primo Testamento, Satana presiede il censimento – “Satana… incitò Davide a censire Israele” 1 Cr 21, 1 – perché è padrone del numero e delle illusioni, paladino della statistica. Che cambi forma nell’arco delle fatue rappresentazioni umane è appropriato alla sua natura, prevaricante e sfuggente: Satana è mostruoso e bellissimo, seduce e intimorisce, è drago e re, è sottile e prepotente, eroico e vile, è uno ed è legione (“Il mio nome è Legione… perché siamo in molti”, Mc 5, 9), cioè la moltiplicazione dell’uno nei molti, la replica, la copia della copia, la clonazione dell’ambiguo. John Milton fa di Satana una figura shakespeariana – “Piaccia o no alla critica più pia, qualcosa di straordinario accade nella, e alla, poesia di Milton ogni volta che Satana prende la parola. Non credo che Satana sia il daimon del poeta, la personificazione del suo genio, ma è indubbio che quest’ultimo sia intensamente stimolato da Satana”, scrive Harold Bloom –, il Carducci ne fa l’idolo dei lumi, la “forza vindice/ de la ragione”, l’energumeno sapiente che ha “vinto il Geova/ de i sacerdoti” (mio dio che brutta poesia). Sofismi, che non limano l’arguzia paolina, che avverte, “anche Satana si maschera da angelo di luce” (2 Cor 11, 14).

In un articolo raccolto in La carta è stanca (Adelphi, 2000), dedicato a Il diavolo, Guido Ceronetti ragionava sull’ultima diavoleria: non credere nel diavolo, ritenere che sia qualcosa di dominato, il predatore al guinzaglio. Satanica idiozia. “Da Milton in poi, lo scrittore è stato il più commosso amico di Satana. Gli prodigava lodi perfino eccessive. Tra i contemporanei, la tendenza intellettuale prevalente è fortemente antisatanica, moralistica, esorcistica, sotto l’aspetto della negazione indulgente di chi è arrivato al sicuro e guarda lontana”. Satana non c’è perché è dappertutto: a noi non resta che la bava di qualche preghiera, tendere le mani come pane, distillare un salmo a fior di dita, blaterare, accontentarci del pettirosso che s’installa tra le trame scheletriche di un albero. Tra poco si sprigioneranno i boccioli e il verde sarà un principio. Col mondo non si contratta: se tutto ci tocca, si ringrazia.

Con Alessandro Dehò, da una viltà di parole senza tonsura, tentiamo un Nuovo Alfabeto del Sacro. Questa è la S di Satana.

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Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. (Mc 5, 3-5)

La vita è satan: accusa, opposizione, ostacolo, scandalo. Scorre satan come fuoco nelle arterie, a rendere ambigua e vera la nostra partecipazione alla commedia umana, a salvarci dalla mediocrità propria delle comparse.

Condannato è ogni uomo a dimorare tra le tombe strisciando nudi piedi tra la ghiaia appuntita del cimitero delle proprie illusioni. La vita è statan, nessuno riesce a tener legato l’istinto, ad ammansire la bestia che ruggisce l’opposizione alla banalità. La vita è satan, Caino è di carne, Abele un soffio evanescente. Abele non è mai nato.

La vita è satan quando il colpo è troppo duro e si bestemmia il dio prono a una facile consolazione. La vita è satan quando l’accusa al Creatore ci salva dal suicidio.

Negate pure il male, ipotizzate futuri migliori, illudeteci ancora con le vostre visioni ireniche e fasulle, affogherete, affogherete come sempre le vostre rivoluzioni in bagni di sangue, martirizzerete per sempre i vostri oppositori, non si può negare la bestia. Il male esiste, è essenziale a Dio e all’uomo.

La vita è satan. Tacere la brama di morte che ruggisce silenziosa in ogni respiro, illudersi che basti un esercizio educato di libertà dischiuderà il futuro all’ennesima carneficina, della vostra religiosità spolpata rimarrà soltanto lo scheletro inservibile di una diabolica fasulla e soporifera antropologia.

La vita è satan, le vostre caricature da predicatori radiofonici vi costringeranno a ridurre tutto a puerile battaglia da beghine.

La vita, mio Dio, la vita vera pretendo, un gioco che sia pure al massacro ma che regga l’urto del pianto di un bambino trucidato, del grido soffocato della donna violentata, dello schianto improvviso contro un muro, della corda stretta alla gola del suicida. La vita è satan, accusa, richiesta di comparizione, giusta pretesa del Suo volto.

La vita è satan, perché solo la ferita di ceppi e catene, il sangue aggrumato alla ruggine, può balbettare la nostalgia di Dio, le preghiere esigono il dolore delle stimmate.

Smascherate le apparenze, ogni cosa è satan: opposizione e resistenza. Ogni cosa. La forza che ci spinge a terra, l’istinto di sopravvivenza, il gusto delizioso della vittoria, la dolce consolazione della sventura altrui. Scorticate il cuore, strappate la tappezzeria dalle sue pareti, strizzate il muscolo con tutta la forza, spremetene il contenuto torbido, bevetene l’amaro, conoscersi è terribile ma altro modo non conosciamo per implorare salvezza.

La vita è satan, lo sa bene Giobbe che prima della sfida era solo un burattino nelle mani della fortuna. Solo satan può spingerlo a inoltrarsi nel gelo della solitudine, lì dove grazia e maledizione sono accartocciate da una scorza resistente di cocciutaggine. Senza satan Giobbe mai sarebbe arrivato a misurare le estremità scandalose del divino, senza satan Giobbe non avrebbe compreso il baratro vertiginoso della nascita, e mai si sarebbe chiesto se davvero la vita vale sempre la pena che svela.

La vita è satan, ogni cosa accusa, accusa dolore, accusa mancanza, accusa insensatezza. Cosa farsene di un dio che non accetta di lasciarsi imputare? A cosa servirebbe la tortura del pensiero? A cosa le lacrime amare della sconfitta? A cosa il patire se non potessimo almeno accusare il Suo silenzio? A cosa la morte di un figlio se non ci fosse l’urlo a fornire all’Accusato un fragile appiglio, possibilità concessa al Silenzioso di rispondere, un giorno, almeno alla fine.

Satan è l’urlo indomabile dei sopravvissuti che non possono allontanarsi dal cimitero dei propri amori, Satan è la fessura di mistero, la blasfema possibilità di ringhiare preghiere schiumanti alle nubi, la lama appuntita al collo di un Dio che ci avevano raccontato diverso, la possibilità per un qualche Creatore, un giorno, alla fine almeno, di scusarsi, di cedere alle nostre minacce. No, non è solo questione di libertà umana, non è sempre e solo colpa dell’uomo, satan è la fede cristallina in un Verbo silenziato, è la sicurezza che Lui dovrà spiegare perché di questa sua cocciuta assenza.

Satan che spinge gli uomini nel deserto per ricordare la transitorietà della vita, satan il custode di Esodo, satan che costringe alla fame per rimandare al mittente la manna, che è noiosa, che ci riduce a schiavi, che ci incatena al bisogno. Satan che tornerà ai piedi della croce, perché la preghiera si compia, perché si scateni il Dio prigioniero della sua stessa illusione, perché provocarlo ci permette almeno di sperare di non morire impuniti.

Satan a lapidare innocenti con pietre mai tramutate in pane. Satan a gettare dal pinnacolo del tempio la religiosità ipocrita e infantile. Satan a strisciare nel cuore l’impossibilità della fraternità. Satan che entra in Giuda per porre fine alla cena delle incomprensioni, per mettere all’angolo Dio, per costringerlo a tradire le attese umane, perché si squarci il cielo, perché lui si mostri.

La vita è satan perché satan aveva capito da subito la Sua identità, e ora non bastano i porci affogati nel mare, ora non basta la condanna al silenzio, ora non basta più niente.

Satan è l’Amore ferito, l’opposizione alla banalità, la ferita aperta del dramma di vivere che chiede conto a Dio di interpretarlo, finalmente, il ruolo del samaritano buono. Satan è l’uomo umiliato che chiede a Dio di prendersi la sua parte di responsabilità.

Satan è il mondo che non basta, trafittura a mostrare le ossa scarnificate dal dramma. Satan era all’inizio, Satan ritorna alla fine, sacramento doloroso a chiedere conto della fatica di vivere. Unzione sacra di ogni nostra radicale domanda.

Alessandro Dehò

 

Gruppo MAGOG