03 Marzo 2022

“Verremo a bruciare i tuoi libri...”. Sandro Teti e la guerra di Russia

“I militari hanno proibito Sofocle, Tolstoj, Euripide, spaccare i bicchieri alla russa, imparare il russo, scioperare, la libertà di stampa, Eschilo, Aristofane, Socrate, Gorky, Dostoevskij, Čechov, la musica popolare, la matematica moderna, la lettera Z che in greco antico vuol dire è vivo!”. Era il finale di Z. L’orgia del potere. Nell’Italia di Draghi, il potere politico che di fatto decide, fornendo materiale bellico all’Ucraina, la guerra alla Russia, non ha nemmeno bisogno di vietare alcunché: il cosiddetto mondo della cultura e dell’informazione si imbavaglia da solo. Chi eccedendo in zelo, come l’Università Bicocca di Milano che per viltà prima cancella e poi, avendola fatta troppo grossa, salva un corso di Paolo Nori sull’insospettabilmente cripto-putiniano Dostoevskij. Chi, e sono un bel numero fra gazzettieri e amanuensi di varia specie, suonando la grancassa della verità unica di Stato sull’aggressione voluta da un Vladimir Putin caduto in evidente, tragico e inaccettabile fallo di reazione.

E poi c’è chi viene boicottato, sabotato e censurato perché russo, filo-russo o presunto tale: agli editori colpevoli di essere cittadini della Federazione, viene impedito di partecipare alla Fiera dei libri per ragazzi di Bologna; a musicisti, direttori d’orchestra e sportivi con passaporto di Grande Madre Russia viene intimata l’abiura pubblica del proprio Paese; il corrispondente e colto russista Marc Innaro, viene messo nel mirino dei Goebbels alla vaccinara perché reo di non aver ripetuto a macchinetta la versione ufficiale del Minculpop atlantista; e così via, in un gorgo fognario di abiezione maccartista.

A fare le spese del clima da caccia alle streghe è anche Sandro Teti, titolare della omonima casa editrice romana il cui catalogo è ricco di pubblicazioni sulla Russia: “Continuo a ricevere messaggi intimidatori e minacce sui social, via mail, al telefono, cose tipo ‘verremo a bruciare i tuoi libri’… Prima dello scoppio della guerra, perfino un raffinato intellettuale, un polonista come Francesco Cataluccio, dopo il rilancio che ho fatto nella nostra newsletter di un libro a più voci del 2015, ripeto 2015, intitolato Attacco all’Ucraina, in cui comparivano fra gli altri Lucio Caracciolo, Giulietto Chiesa e Carlo Freccero, perfino lui, che scrive sul Foglio, mi ha insultato per iscritto. E tutto è peggiorato dopo un mio intervento in una trasmissione pomeridiana di SkyTg24, in cui ho osato dire che non è vero che i russi stanno bombardando a tappeto le città. Ma prima di poter specificare la fonte, che era il direttore della Nato Defense College Foundation, Alessandro Politi, ho sentito la voce del fonico: ‘dottore, le stiamo staccando il collegamento’. Se ne sono accorti anche i telespettatori, tanto che mi ha telefonato per chiedermi cos’era successo un mio amico, l’allenatore della nazionale di calcio dell’Azerbaigian, che è un italiano. Una censura bella e buona”.

Cos’altro avrebbe voluto dire, se non l’avessero tagliata, come si dice in gergo?

“Che, sempre basandomi su Politi, il dirigente di un ente legato alla Nato, il numero ufficiale di morti in quel momento, 126, era la riprova che l’esercito russo non stava usando le bombe sui civili indiscriminatamente. Ogni morto è una tragedia, ma bisogna saper leggere i dati. Inoltre so, anche grazie a fonti che ho in Donbass, come Dima, un giornalista che era il capo della sicurezza di Limonov (politico e scrittore russo di recente scomparso, con un passato all’opposizione di Putin, ndr), che esistono filmati che provano che in realtà lì, a Lugansk e Smolensk, c’è un altro fronte contro i volontari filo-ucraini, i più feroci, perché le truppe russe nel loro blitzkrieg si sono lasciate alle spalle sacche di resistenza, eredità di otto anni di guerra. Ma quanto pare ci sono morti di serie A e morti di serie B”.

L’attacco all’intero territorio ucraino, però, l’ha inaspettatamente scatenato Putin, che non si è fermato al riconoscimento e all’inglobamento delle due repubbliche separatiste. Un errore, un orrore, o tutt’e due?

“Un errore, non un orrore, perché sta cercando di fare meno vittime civili possibile. Ha sbagliato perché anziché andare oltre il Donbass avrebbe dovuto continuare con il negoziato per il ripristino della clausola costituzionale che vietava all’Ucraina di aderire ad alleanze militari. La Russia non è mai stata di suo aggressiva nei confronti dell’Ucraina, tanto è vero che dal 1991 le ha dato 100 miliardi in forniture di gas a prezzi sotto mercato. L’ipotesi a cui puntava la Russia era di fare dell’Ucraina una seconda Finlandia, cioè l’ingresso nell’Unione Europea ma non nella Nato. Uno Stato-cuscinetto neutrale. A Putin bastavano rassicurazioni reali su questo, oltre a mantenere i Paesi Baltici e la Polonia prive di basi militari atlantiche. Voglio ricordare che al tempo della crisi dei missili a Cuba, il rozzo contadino orgoglioso Nikita Chruščëv seppe deporre l’orgoglio e disinstallare le postazioni missilistiche. Nel caso ucraino, invece, vale un detto orientale: a tirare troppo i baffi della tigre…”.

In sostanza l’invasione è da condannare, ma non le ragioni russe che la motivano. Ecco perché la accusano di essere filo-russo.

“Ho visitato molte città in Russia e in Ucraina, l’ambasciatore italiano a Kiev, Pierfrancesco Zazo, è un amico, e con il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Beirut stavamo organizzando un evento sulla cultura yiddish fra Italia e Ucraina a Odessa, alla vigilia del conflitto. Perché sul fronte culturale, come su quello umanitario, esiste una frazione di persone ancora ragionevoli”.

Senta, ma la Russia è o non è definibile una dittatura?

“Prima della guerra, non era definibile come tale. Ma neppure una democrazia come la intendiamo noi. C’è una pluralità di partiti d’opposizione, il primo dei quali è il partito comunista, come c’è una pluralità di media. Ora, come aveva promesso di fare se avessimo cominciato noi, il governo ha fatto quel che abbiamo fatto noi che abbiamo oscurato Russia Today e Sputnik. Faccio alcuni esempi di media anti-putiniani. Ci sono Kommersant e DG, che contestano in modo soft, ma anche Radio Svoboda, nata nel 1950 come creatura della Cia e oggi anche sul web, finanziata dagli Usa. C’è Radio Eco di Mosca presente in tutte le città, che dà tradizionalmente ampio spazio alle posizioni di Navalny (attivista sopravvissuto ad avvelenamento, tenuto in grande considerazione in Occidente, ndr). C’è il settimanale della Politkovskaja (giornalista dissidente assassinata nel 2006, ndr) che si può trovare, ad esempio, in tutti gli aeroporti. Prima che scoppiasse questa guerra, limiti forti all’informazione c’erano solo in televisione. Per il mio settore, invece, si registra una grande bibliodiversità, con una miriade di piccole e piccolissime case editrici anche radicalmente anti-governative, alcune schierate a favore dei temi lbgt, altre perfino anarchiche”.

Lei dice prima della guerra. Ora ci sarebbe stata un’ulteriore stretta, con arresti in piazza. Quindi, secondo lei, la versione di un regime già prima sostanzialmente a partito unico, per capirci quella raccontata da Saviano, è falsa.

“Sono stronzate. Saviano non è in cattiva fede, ma dà retta a personaggi squallidi. Perché nei nostri talk show non si invitano mai giornalisti russi che vivono in Italia? Perché non viene invitata la direttrice dell’Istituto Russo di Cultura a Roma, che faccio notare essere stato chiuso dalla Digos per mettere in sicurezza l’incolumità di chi ci lavora?”.

In effetti, sembra essersi innescata una spirale di russofobia, nella nostra opinione pubblica. Cosa rappresenta la cultura russa, per noi italiani?

“Anzitutto diciamo che per noi italiani i russi hanno un’adorazione, e non solo per l’arte, ma anche, e fin dai tempi dell’Unione Sovietica, per la nostra musica leggera. Le censure anti-russe, così come le sanzioni economiche, non sono soltanto controproducenti perché rafforzeranno, anziché indebolire, il consenso a Putin, ma sono anche stupide. Quel che noi non vogliamo capire o sapere è che i russi si sentono molto più europei che euroasiatici. E si sentono zero asiatici. Ma proprio per niente. Invece noi Occidente li stiamo spingendo verso la Cina. Ma per loro si tratterà di un abbraccio a cui recalcitrano”.

Tirando le somme: qual è il motivo profondo di questa guerra che sta sconvolgendo l’ordine mondiale?

“Il progressivo allargamento della Nato verso i confini della Russia. Putin ha esperito tutti i tentativi e si era illuso di arrivare a un compromesso, e alla fine ha proceduto a una sciagurata invasione. Ma non è affatto vero che sogni il ritorno all’impero sovietico. Non ha mire egemoniche sull’Europa. A lui sarebbe bastato, riguardo l’Ucraina, che fosse assicurata la neutralità. E voglio precisare un’altra cosa”.

Prego.

“Noi popoli occidentali non siamo più abituati a soffrire. I russi invece supereranno le sofferenze in modo meno traumatico rispetto a noi. Anche perché sono estremamente patriottici. E faccio anche un appello: sono pronto a qualsiasi confronto, purché nella massima civiltà dialettica, con chiunque voglia discutere della guerra e della Russia. Perché a differenza dei liberali soi-disant, che in realtà sono degli stalinisti, io sono aperto a ogni tipo di critica”.

Alessio Mannino

 

Gruppo MAGOG