La storia è questa: nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1940, tre giorni dopo l’ingresso dei tedeschi a Brest, un soldato si presenta al castello del poeta Saint-Pol-Roux. Il tedesco visibilmente ubriaco, minaccia lui, sua figlia Divine e Rose, la domestica, li costringe a scendere in cantina e cerca di approfittare di Divine. Il padre, ottantenne, protegge la figlia come meglio può, ma il soldato lo allontana brutalmente e ferisce Divine ad una gamba. Sta per sparare al vecchio quando interviene Rose. Le spara in bocca tre volte. Quindi, mentre Saint-Pol-Roux giace a terra come morto, violenta Divine che verrà salvata dall’intervento del suo cane allertato dalle grida. Il poeta e sua figlia saranno curati per diversi mesi presso l’ospizio civile di Brest. Durante questo periodo, il castello venne saccheggiato e i manoscritti bruciati. Appreso questo, Saint-Pol-Roux morì dalla disperazione.
L’impressionante spettacolo delle rovine del castello giungono a noi come le rovine della sua parola. Dalla foresta delle Ardenne alle coste della Bretagna, Saint-Pol-Roux ci confida le sue lussurie, le sue sorprese, ci canta i sacrifici del cuore e le lacerazioni del mondo. Eppure, nulla gli sfugge: né la pesantezza, né la grazia della pura infanzia. Tutta la sua vita, i suoi incontri, le persone o le cose che lo stupiscono, tutto è lì, implicato in questi infiammati resti.
Nonostante sia ad oggi un poeta ignorato dai più (vi è una traduzione italiana di Gian Paolo Baiocchi e Michele Canosa di cinema vivente per Argolibri) dal 1886, Saint-Pol-Roux, ha collaborato attivamente alla celebre rivista “La Pléiade”. Il suo nome è comparso in tutte le riviste letterarie dell’epoca, rendendolo così uno dei più noti e grandi poeti del movimento simbolista e precursore del surrealismo, che lo celebrerà come tale in sbronze e banchetti. Nel 1895, scrive La Dame à la Faulx. Successivamente vennero la luce Anciennetés, L’Ame noir du Prieur Blanc, e i tre volumi che compongono Le Reposoirs de la Procession: Les Reposoirs de la Procession, Le Féeries Interieures, De la Colombe au Corbeau par le Paon.
Qui proposti una selezione di testi tratti da un’antologia del 1947 curata da Robert Ganzo, altro misconosciuto enfant prodige della poesia francese, in cui compaiono cinque autori (Max jacob, Robert Desnos, Benjamin Fondane e André Chennevière) della cui morte è responsabile il regime nazista:
“Giaccio tra i cadaveri. Ci sono morti che portiamo con difficoltà: continuiamo a rivendicare nel profondo di noi stessi ciò che doveva rimanere per tutta la vita e gli è stato rubato. Parlare qui di cinque poeti assassinati è impegnarsi a farlo con modestia. Ogni volta che s’impongono a me , li vedo mescolati ai volti, alla moltitudine di altri che ho sempre davanti ai miei occhi, come in una sorta di orrore pungente e silenzioso. Degli umili morti, questi sembrano essere, nella nostra tragedia, coloro che più mi perseguitano. A Drancy, una ragazza di vent’anni, fragile, luminosa ed ebrea: tutto il suo crimine. I suoi carnefici le lasciarono un libro di poesie di Rainer Maria Rilke, su questa copia data poi ad un altro prigioniero, scrisse: “A te affamato che hai condiviso il pane. La nostra luce è ancora lontana. La morte s’avvicina. Domani, nel mio carro sigillato, non avrò più bisogno di leggere. Elsa. Drancy 6 febbraio ’44”. Trasferita in Germania, di lei non si ha nessun’altra traccia. Reggendo questa copia tra le mani, credo di sentire il poeta di Duino singhiozzare”.
(Préface da Cinq poètes assassinés)
***
La morte del pozzo
Mulino in rovina che è nel suolo. Stracci di licheni; cornicione usato per le brocche che vi si posavano sopra, galline d’argilla; un po’ di corda pende dalla carrucola, treccia disfatta…
Amare i pozzi – perché devono essere, nell’esistenza delle cose, come madri consolatrici – mi chinai a interrogare la sua anima.
L’avevamo bevuta.
Qualche goccia appena, in profondità, come nel palmo della mano: una costellazione lontana all’estremità del cannocchiale di un astrologo, o una carezza dentro un ricordo.
Ho avuto pietà di questa carcassa dove non palpitava che un gioiello fragile a vivere e mi sono trovato a pensare ai suoi oboli di freschezza.
O acqua: vivo desiderio dei biondi deserti! Assoluzione della sete, miniatura dell’Inferno!
Invecchiando d’anno in anno lo sguardo dei miei pensieri, vidi sorgere dall’atmosfera, a poco a poco, grano, gigli, mele, lamponi, iris…
Poi questi frutti e questi fiori condussero a forme umane, e queste erano braccia, gole, spalle, guance, occhi, capelli: tutte le donne d’un tempo che vi venivano, dall’infanzia all’agonia del pozzo.
Di nuovo, finalmente, la visione è cambiata.
Queste numerose forme, fondendosi sul margine, sono state sintetizzate in una notevole fiamma simile ad una vasta lingua pendente.
“Fui Sete-di-questo-paese!” disse con scintille in forma di parole.
Infame, gridai, chi potrebbe prosciugare l’immenso fiore miracoloso e farne lembi e cinture di gioia con le perle del suo lento supplizio!…
“La sua vita non era morire perla per perla?” obiettò la Sete-di-questo-paese.
“Stendardo rosso dell’egoismo!”
Non fui più egoista che prodigo, pozzo di cui l’orgoglio era fatto di gole ottuse. E se questo pozzo ti sembra dolente è, credimi, per i rari pistilli lasciati al mio estremo rispetto nel suo calice d’ombra.
Ora, la mia santa ira e la vicinanza dell’Apparizione (davanti alla quale sudavo come un quarto di carne di cervo) m’avevano cambiato, scesi innocentemente in fondo al pozzo – e lì raccolsi le ultime gocce…
Risalito dall’orifizio, non vidi più Sete-di-questo-paese, ma sul bordo, al suo posto, scintillava il resto di beffarde risa- mentre un rospo, grosso sputo in cui si conservano le sillabe, gracchiava:
“Assassino!”
Ho capito!
Fuggì all’impazzata, non osando tornare al pozzo, ormai grande occhio cieco.
Nella foresta oscura dove andai a scomparire, un uccello raro cantava:
Il pozzo è morto felice d’averti fatto contento, vengo ad offrirti la sua inesauribile grazia.
***
Liminario dei resti della processione
Il passo della mia vita… la vita, questo pellegrinaggio della morte! – avanza verso l’Idea attraverso la Natura, e la mia anima nell’estasi dell’aurora o del sole o della notte si ferma alla minima occasione in cui Questo sembra Quello.
L’Idea, ingenua o meravigliosa o triste, ne corteggio ogni apparente significato e, quando l’ora è matura, la faccio Mia, nonostante questa fiorente vigilanza delle cose che affascina, abbaglia, distrae, gela l’audacia corporea ma che sa oltrepassare la temeraria spiritualità.
⁂
Lasciatemi dire:
Il mondo delle cose, a parte tali concessioni generali di primitività, mi sembra il segno inadeguata del mondo delle idee; l’uomo mi sembra abitare solo un paese fatato di vaghi indizi, leggeri pretesti, timide provocazioni d’affinità lontane, enigmi.
Credendo in idee sottili se non meschine che un travestimento protegge, vedo raggiungibile nella menzogna misericordiosa e seducente della bellezza, verità prima.
Questa formidabile Iside, la cui subitanea intensità causerebbe la morte, è addolcita da innocenti rilievi e libera fenomeni infantili ad uso della pigra appercezione e della debole comprensione dell’uomo timoroso, – ed ecco l’universo sensibile: benigna elemosina dell’apocalisse latente.
Vivere è quindi assistere alla Commedia dei segreti rappresentata nell’incommensurabile cornice della pietà.
Spettacolo acroamatico di cui è opportuno ricercare audacemente le chiavi, perché i suoi personaggi con i gesti del vento, del fiume, folla, giocano sotto una maschera spessa come la montagna o sottile come il profumo di un fiore, perché esoterico è questo spettacolo inteso come essoterico dalla quieta ignoranza dei semplici.
Senza tacciare come paradossale lo spettacolo quotidiano e definirlo esclusivamente con il rovescio, sarà saggio vedervi solo un prologo tanto breve quanto uno squillo di tromba.
Partendo dal principio che la natura ha la missione intermediaria solo di metterci sulla via dell’allenamento, quindi dovremo fare affidamento solo sulle nostre risorse personali per riuscirci.
Tutte le scienze che incubano in noi in uno stato potenziale e divinatorio, possiamo sapere tutto da soli – per la ragione elementare che il Tesoro si “virtualizza” nell’ipotesi dell’uomo e che spetta all’uomo riconoscerlo ed emanciparlo.
I commentatori dell’ipostasi dicevano di Gesù che la sua persona conteneva la natura umana e divina, noi diremo del poeta che la sua anima ha due sessi: produrrà se la coltiverà. […]
Traduzioni dal francese e cura del testo di Tony Vero (da “Cinq poètes assassinés” di Robert Ganzo, editions de minuit, Paris 1947)