28 Dicembre 2018

Saint-John Perse, il poeta che ha preso a cazzotti Hitler e ha inventato l’Europa (e che nessuno pubblica come si deve)

Un poeta al centro dei più importanti (e discussi) avvenimenti del Novecento. Sembra un paradosso, ma il più grande poeta del secolo scorso, Saint-John Perse (Premio Nobel per la letteratura nel 1960), è stato il protagonista degli incontri politici decisivi del secolo, quelli che hanno infiammato la Seconda guerra mondiale.

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Partiamo dalle circostanze di contorno. Nel 1911 Alexis Saint-Leger Leger ha 24 anni ed è già il poeta epico e vertiginoso Saint-John Perse: ha pubblicato sulla “Nouvelle Revue Française” “Images à Crosué” (1909) ed “Eloges” (1911). Deve ancora capire cosa fare da grande. Opta (anche su consiglio del poeta Paul Claudel) per la carriera diplomatica. Nel 1914 è ammesso al ministero degli Esteri e di lì inizia una carriera luminosa che lo porta prima a Pechino, in missione temporanea (dal 1916 al 1921, anni in cui scriverà il suo poema più noto, “Anabasi”), poi in patria, come stretto collaboratore di Aristide Briand, con cui compila il “Patto Briand-Kellog” (nel 1928, un documento internazionale che sancisce di non ricorrere alla guerra per risolvere le divergenze planetarie dei popoli) e l’ipotesi di una Unione Federale Europea (nel 1930; è il primo tentativo di creare l’Europa unita).

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saint-john perse
Saint-John Perse, il poeta, è a destra, vestito di nero, alle spalle di Benito Mussolini, che è in primo piano di fianco ad Adolf Hitler, siamo alla Conferenza di Monaco del 1938

Negli anni Trenta, Saint-John Perse, che trova inconciliabile l’attività poetica con quella politica (dal 1925 «ritenendo incompatibile ogni sua attività pubblica nel campo letterario, proibisce ogni ristampa in Francia delle sue opere», così Romeo Lucchese), tratta con i protagonisti decisivi del secolo. In due incontri capitali, incrocia Benito Mussolini. Il primo è nell’aprile del 1935, a Stresa, superba località sul Lago Maggiore. In una fotografia, Saint-John Perse è l’uomo con i baffetti e un triste impermeabile grigio, pare una specie di smilzo Maigret, mentre Mussolini, cappotto scuro e cilindro, è in primo piano, elegantissimo. Saint-John Perse, a dire il vero, aveva sfiorato il Duce qualche mese prima, a Roma, nella dimora dei principi Caetani di Bassiano, dove è accolto da Ungaretti e da Malaparte: i principi tentarono l’abboccamento tra il poeta politico e il divo Benito «per rendere meno tesi i rapporti italo-francesi», ma non se ne fece nulla. L’incontro di Stresa del ’35 è quello del paradosso: Mussolini firma un accordo anti-tedesco con il primo ministro britannico (Ramsay MacDonald) e con il ministero degli esteri francese Pierre Laval. Sappiamo come è finita: la Germania, in barba all’accordo, si papperà l’Austria; Pierre Laval, accompagnato a Stresa da Saint-John Perse, opta, dal 1940, per il Governo di Vichy, ragion per cui sarà fucilato il 15 ottobre del 1945.

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A cazzotti con Hitler. Mussolini e Saint-John Perse si rividero tre anni dopo, in Germania, a Monaco di Baviera. Nella fotografia istituzionale il poeta è in giacca e cravatta, alle spalle di Galeazzo Ciano e del Duce, in abiti militari, che sta di fianco a Hitler. Alla destra di Hitler, Édouard Daladier, Primo ministro francese, e l’omologo britannico, Neville Chamberlain. L’accordo di Monaco, firmato il 30 settembre del 1938, riassunto in una cinica battuta di Winston Churchill («Dovevate scegliere tra la guerra ed il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra»), fu pubblicizzato dagli Stati firmatari come un gesto pacifista: consegnando il territorio dei Sudeti alla Germania (cioè, la parte più ghiotta e ricca di risorse della Cecoslovacchia) si pensò di arginare l’etica guerrafondaia di Hitler. Mai scelta politica fu così suicida.

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Proprio qui, la notte prima della firma dell’accordo, si fa ingresso nella leggenda: il poeta, «mentre tutti gli astanti restavano succubi di fronte ai voleri del capo del nazismo, si levò in difesa del bene e della dignità dell’Europa» (Lucchese). I fatti vengono dettagliati nella biografia di “Saint-John Perse” scritta da Henriette Levillain. «Il preambolo dell’incontro tra i due uomini è surreale. Hitler confida a Mussolini la sua ammirazione per il poeta di “Anabasi” e Leger dichiara a Hitler di apprezzare in lui “il poeta e l’artista”». Saint-John Perse titilla la vanità del tiranno, «prende da parte Hitler ed esprime la sua convinzione che almeno un borgo, nel territorio dei Sudeti, sia conservato dai Cechi. Il poeta applica alla lettera la dottrina di Talleyrand: si fissa su un dettaglio per ottenere successo sulla questione generale». Hitler comincia a capire dove vanno a parare i complimenti e le sottigliezze del poeta. Il quale tenta il tutto per tutto: una Cecoslovacchia smembrata e umiliata «avrebbe creato problemi di tutela politica all’Inghilterra e all’Italia». I tentativi diplomatici di Saint-John Perse esasperarono Hitler, che perse le staffe urlandogli, «Chi è questo martinicano, questo negro che osa tenermi testa?». Il Führer si riferiva alle antiche origini del poeta, nato nelle Antille francesi da una famiglia francese trapiantata lì dal XVIII secolo. Secondo alcuni, i due, il grande poeta e l’uomo coi baffetti, furono sul punto di venire alle mani. Hitler avrebbe avuto la peggio.

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saint-john perseIl poeta pagò carissima la sua ribellione: reso politicamente inoffensivo dal 1939 (con l’accusa di essere, proprio lui, pacifista estremo, un “guerrafondaio”), durante il Governo di Vichy gli furono confiscati beni e cittadinanza francese; l’appartamento parigino fu saccheggiato dai nazisti, che distrussero parte dei suoi manoscritti. Ma Saint-John Perse, che non andava a genio neppure a De Gaulle (che dirà di lui, «Leger, malgrado le apparenze, non ha carattere: è un buon diplomatico, non un politico») e che tornerà in Francia solo nel 1957, era già negli Stati Uniti, dove scriverà il suo poema più alto, “Esilio”, «porte aperte sulle sabbie, porte aperte sull’esilio». Da espatriato, scoprì l’unica patria nella poesia. (Davide Brullo)

*Saint-John Perse (1887-1975) è tra i grandi poeti di ogni tempo; insignito del Nobel per la letteratura nel 1960, tuttavia la sua opera, mobile e magnetica, in Italia è scomparsa. Nel 2016 l’editore Crocetti ha pubblicato “I poemi provenzali” e Medusa le “Lettere a mia madre dalla Cina”. Troppo poco. Giuseppe Ungaretti, che ha tradotto “Anabasi”, uno dei grandi libri di Saint-John Perse, così ne scrive, nel 1930, alla principessa de Bassiano: “è stata per me una grande fortuna incontrare questo libro… io vi incontro ad ogni passo stupori nuovi – è una consolazione potere consacrarsi ad un tal lavoro”.

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15 gennaio 1927, Thomas S. Eliot a Saint-John Perse

Vorrei esprimerle un po’ della mia ammirazione per Anabasi. Il poema mi sembra uno dei più grandi e singolari dei tempi moderni, e se potrò pervenire a fare una traduzione che sia quasi degna di un simile capolavoro, sarò del tutto contento…

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30 marzo 1950, Thomas S. Eliot a Jean Paulhan

Certamente, è ormai un quarto di secolo, si trovava Saint-John Perse un poeta difficile. Non si inscriveva in alcuna categoria, non aveva in letteratura né legami né antenati: il suo poema non poteva spiegarsi che con il poema stesso… Si vede la sua influenza in alcuni dei poemi che ho scritto dopo aver ultimato la mia traduzione: influenza delle immagini e forse anche del ritmo. Coloro che esamineranno le mie ultime opere troveranno forse che questa influenza persiste sempre.

(I materiali sono tratti dalla preziosa edizione di “Anabase” curata da Giorgio Cittadini per Ecig, 2000)

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