Al principio era il tempo:
Ymir vi dimorava;
non c’era sabbia né mare
né gelide onde;
terra non si distingueva
né cielo in alto:
il baratro era spalancato
e in nessun luogo erba.Edda poetica, Profezia della Veggente
Oggi riprendiamo contatto con la runa Mannaz con la scintilla divina che abita – a volte ben nascosta – dentro ognuno di noi. Secondo la mitologia norrena la terra e tutto il cosmo conosciuto si sono formati grazie a due elementi opposti e apparentemente inconciliabili che si incontrano. Nessuna divisione è presente nelle antiche culture pagane norrene.
Si narra che ci fosse in un luogo lontano, all’estremo del vuoto assoluto, una terra chiamata terra del ghiaccio Niflheim, dimora del freddo e del buio assoluto; da qui escono molti fiumi detti Elivágar che hanno origine da un pozzo gelido e oscuro. Esiste però un’altra terra, lontanissima, che si chiama Muspell: essa è la dimora del fuoco, una regione piena di luce, arida e torrida. Ai suoi confini siede Surtr, un gigante del fuoco con una spada fatta di fiamme. I fiumi Elivágar contenevano un lievito velenoso che li accompagnava nel loro percorso, come un monito o una protezione. Un giorno accadde che i fiumi si allontanarono molto dalla loro sorgente e con l’innalzarsi, quasi impercettibile, delle temperature, arrivassero vicino alla terra del fuoco. Il veleno si trasformò in vapore e in pioggerella e bagnò i confini della terra del fuoco, incontrandosi col vento caldo del meridione. Da questo scontro tra il ghiaccio e il fuoco nacquero i primi esseri: il gigante Ymir e la mucca primordiale Audhumla. La mucca nutriva Ymir e dalle loro parti del corpo nacquero i primi uomini. Buri fu la prima creatura umana.
Dall’incontro degli opposti nascono quindi due creature, un gigante e la mucca primordiale: il principio maschile e il principio femminile. Il principio assoluto del ghiaccio e il principio assoluto del fuoco, apparentemente unici e completi da soli, incontrandosi danno vita ai primi esseri, circondati dal vuoto cosmico. Dall’unione di questi due opposti (il gigante e la mucca) a sua volta nasce l’uomo, Buri.
Il mondo come lo conosciamo oggi è dovuto al corpo smembrato di Ymir: egli era l’uno, l’indiviso, colui che rappresenta l’unità primordiale del maschile ma che a sua volta è nato dal ghiaccio e dal fuoco. Dalle sue carni smembrate nasce il mondo, dal suo cranio la volta celeste, la terra viene formata dalla sua carne, il mare e l’acqua dal suo sangue, le montagne dalle ossa e le pietre dai denti. Ogni elemento naturale che troviamo oggi è una parte del corpo di Ymir, colui che era nato dagli opposti, l’indiviso viene smembrato.
Mannaz esprime esattamente questo principio: è Ymir ricomposto, il gigante che riconosce il soffio vitale divino dentro di lui, che riunisce le sue membra al corpo. Con questa runa riconosciamo che “io è l’altro”, che siamo parte di un’unica grande famiglia, che la razza e la divisione sociale sono cose per intellettuali, per malati di mente. Mannaz chiede all’uomo di riconnettersi col suo bambino interiore, di gioire della vita e del meraviglioso, di restare in contatto con quell’antico potere creativo che ci è stato strappato via da secoli di materialismo. Mannaz è la responsabilità di agire, di considerare l’altro come una parte di me: se quando parlo con una persona mi infastidisce il fatto che sia lenta, svogliata nel fare le cose, che sosti in un ozio improduttivo, allora posso riconoscere che questa parte che in lei detesto è perché segretamente la bramo e la provo, è qualcosa che mi appartiene e che desidero, ma che non oso ammettere.
Buri è il primo uomo, è il prodotto dell’unione primordiale tra maschile e femminile: è il maestro dentro di noi, colui che ci sa guidare verso il percorso dell’anima, colui che è in grado di integrare perfettamente Anima e Spiritus, senza farsi divorare, senza disperazione e abbandono. L’essere umano con la runa Mannaz è chiamato a guardare al suo bambino interiore, a entrare in quella stanza chiusa a chiave nel nostro inconscio che rinchiude una bambina o un bambino spaventato, ferito, terrorizzato. Bisogna aprire quella porta, fare un atto di fede autentica, abbracciare quella piccola creatura e portarla fuori dalla stanza. Solo così l’equilibrio potrà essere ristabilito.
Ymir è il gigante che ha compiuto l’estremo sacrificio, ha concesso a Odino e agli Dèi di strappargli le membra per creare il mondo per suo figlio Buri. La dedizione è totale, dalla separazione nasce la vita. Ecco che quindi l’atto separativo tra una madre e un bambino, che tanto ci ha addolorato quando eravamo piccoli, ora può essere visto come un atto sacrificale, in tutta la sua sacralità. La separazione nasconde in quel dolore la nascita di una possibilità. Dalle membra di Ymir fu fatta la terra.
Mannaz ci ricorda che dalla separazione e dal sacrificio totale nasce il mondo, che è il momento di recuperare il contatto con noi stessi, col nostro bambino interiore. Mannaz ci inserisce nel mondo, un uomo tra altri uomini, questa runa richiede di non tradirci mai, di non eludere le domande del mondo. Questa è la runa della presenza, della capacità di integrare lo spirito nel corpo, di fare delle membra umili servitori al grande fuoco divino che abita ancora in noi, che nasce dagli opposti, nel luogo esatto in cui ghiaccio e fuoco si sono incontrati la prima volta.