Una freccia che punta fiera verso l’alto, un fallo maschile eretto stilizzato, la spada tagliente della verità: questa è la runa dell’ordine universale Teiwaz. Con questa runa entriamo nell’Aett di Tyr, il terzo e ultimo gruppo di otto rune che sta a indicare la nostra realizzazione nel mondo con la consapevolezza di portare dentro al nostro respiro anche l’oscurità dell’abisso e la liberazione della luce. Se nelle precedenti rune spesso ci confrontavamo con la valenza del numero due, luce e ombra, con Teiwaz ritorniamo al numero uno e alla immensa potenza che racchiude; l’uno è l’inizio di ogni cosa, è la parola (“In principio ci fu il verbo”), è la stella polare che guida i marinai nella tempesta delle acque. La verità della spada di re Artù risiede nella forgia del metallo ma questo solo in apparenza: siamo portatori di una verità antichissima e sacra dentro di noi, è questo che dobbiamo estrarre, excalibur sta dentro le nostre viscere, ai confini nell’angolo del diaframma. Un oracolo che riguarda Teiwaz recita “quando si conquista il proprio cuore, nulla più si può perdere”.
Il difficile compito di questa runa è renderci capaci di conquistare il nostro cuore, la nostra spada di verità conficcata in secoli di materialismo e nichilismo. In un tempo amaro come quello attuale è più che mai necessario estrarre la nostra spada personale, farsi luce nell’oscurità grazie al riflesso dell’acciaio con la luna. Per questo Teiwaz può rappresentare l’archetipo del sovrano, si ricollega all’Imperatore o alla Regina di spade nelle carte dei tarocchi; è qualcuno che sta sopra, che presiede con determinazione e autorità puntando però all’alto, la spada rivolta al cielo. La runa quindi ha una valenza fortemente maschile, è l’atto della penetrazione, il fallo nella sua massima espressione che è funzionale alla riproduzione: ma il concepimento non è soltanto riproduzione della specie, atto puramente egoistico di non rimanere soli nella vecchiaia, è invece dono universale, si dona allo spirito la possibilità di continuare un percorso di evoluzione nella materia, portare alla luce la spada.
A questa runa è associata nella mitologia norrena una splendida storia, direi la storia che amo di più, la storia del dio Tyr da una mano sola. Il dio Tyr era della stirpe degli dèi Asi ed era considerato il dio della giustizia e della legge; il suo potere maschile però non è esercitato in modo attivo e propulsivo come per la runa Thurisaz, la runa del dio Thor, ma è una reggenza quasi passiva, l’immobilità della fermezza e della volontà. La runa Teiwaz è il sovrano che però contiene in sé anche la possibilità del tiranno, questa runa rovesciata è una spada conficcata nel corpo del nemico, è lo scettro del potere che non ammette repliche.
Il potere però chiede sempre qualcosa, attende il sacrificio ed ecco la storia dolorosa e magica del dio Tyr. Tyr porta lo stesso nome della sua runa, infatti la runa Teiwaz può anche essere chiamata Tyr; è il dio della guerra, una sorta di corrispettivo romano dio Marte, a lui era dedicato il martedì (che in antico nordico si chiama tysdagr), il giorno di Tyr appunto.
Accadde che uno dei figli di Loki, il dio burlone e malvagio, fosse un gigantesco lupo feroce chiamato Fenrir. Questo lupo aveva preso a minacciare la pace e la stabilità degli dèi Asi tanto è che Odino a un certo punto si decise a chiedere ai nani, fabbri dal talento insuperabile e capaci di forgiare qualunque cosa coi metalli e le pietre, di creare un laccio particolare con cui incatenare il mostruoso lupo. L’ordine celeste era minacciato e il dio Tyr è colui che detiene il potere della giustizia e della legge, è anche il dio che presiede alle assemblee e che domina dall’alto sulla possibilità di una guerra. Un dio quindi capace di azione ma anche di sacrificio, quando necessario. Ecco che il lupo Fenrir costituiva una solida minaccia; a questo punto della storia le versioni riportate sono due, entrambe però con un solo esito: Tyr si farà divorare una mano dal lupo.
In una versione del mito è Tyr che volontariamente sacrifica la sua mano per ingannare il lupo e farlo avvicinare quel tanto che basta per legarlo e incatenarlo per sempre con lo speciale laccio dei nani. Nella seconda versione invece il lupo si trova di nuovo in uno scontro frontale con gli dèi e avendo compreso di essere quasi in trappola morde la mano di Tyr e gliela stacca, quasi fosse una sorta di pegno per permettere agli dèi Asi di portare a termine il loro incantamento.
Ad ogni modo è sempre Tyr che perde una mano, sacrifica sé stesso come Odino per un bene maggiore, affinché l’ordine cosmico sia ristabilito e possa regnare ancora la pace.
Impara le rune della vittoria, se tu desideri vincere, e scrivi le rune sulla tua elsa; alcune nel solco, ed altre nel piatto, e due volte dovrai invocare Týr ᛏ
(da un poema dell’Edda poetica)
Nella mitologia norrena vediamo che tutte le forze cosmiche devono sempre stare in perfetto equilibrio; se il lupo Fenrir viene incatenato allora anche gli dèi devono perdere qualcosa. Non esiste un bene che sovrasta il male senza sacrificio. Questo è infatti il meraviglioso insegnamento della lingua runica: nemmeno il giusto può sentirsi al sicuro dal sacrificio, persino il dio della giustizia deve mettere qualcosa sulla bilancia dell’eternità, da una parte il lupo, dall’altra la sua mano.