Gli inglesi hanno problemi col sesso. La nota Wikipedia in lingua dedica 30 righe alla Literary career di Robert Graves, e 24 rimestando intorno alla sua Sexuality. L’equilibrismo è un poco sbilanciato, sbilenco, se contiamo che la bibliografia di Graves conta una quarantina di raccolte poetiche, una ventina di romanzi, una cinquantina di saggi, tra cui un testo memorabile e, per così dire, ‘seminale’ – La Dea Bianca, abbecedario poetico di tanti, tra cui va menzionato Ted Hughes –, le raccolte dei miti greci e dei miti ebraici, di vastissimo successo, e una traduzione piuttosto riuscita delle Rubʿayyāt di Omar Khayyam. Bello, oxfordiano – come l’amico T.E. Lawrence, di cui scrisse, nel 1927, una biografia celebrata, Lawrence and the Arabs –, reduce della Prima guerra, Graves fu nominato nove volte al Nobel per la letteratura: il ’66 pareva il suo anno – aveva alle spalle il Pen Club londinese – ma il premio maximo andò al duo Nelly Sachs-Shmuel Yosef Agnon. Eppure, la mirabile enciclopedia digitale, col gusto – vigorosamente english – di guardare al microscopio sotto le mutande dei grandi, ci avvisa che “Robert Graves era bisessuale”, che la mamma “gli proibiva di parlare di sesso”, elencando i suoi innamoramenti, da ragazzino; frequentava una scuola di soli maschi. Piuttosto, viso apollineo, naso virile, pare fosse insaziabile a letto, Graves: ha avuto otto figli dalle due mogli, Nancy Nicholson, artista di talento, da cui divorzia nel 1949 (che gli dà Jennie, David, Catherine e Sam), e Beryl Pritchard, più giovane di vent’anni, vigorosamente bella (che partorisce William, Lucia, Juan e Tomás). Si vociferava di una relazione tra il poeta e Ava Gardner; come si sa, Graves, uomo dall’energia dirompente, aveva fatto della sua dimora a Deià, a Maiorca, una specie di rifugio per artisti vaganti, per esteti di una poetica panica, dalla dissipata voluttà. Lui, il gran maestro, autore di poesie presto canonizzate e di romanzi dalla fama cesarea – Io, Claudio, Belisario, Jesus Rex, La figlia di Omero – finì delirante, nel precipizio della demenza. Delicato per prossimità – avevano quasi gli stessi anni, e una comune maestria nel sondare l’ignoto – il ricordo che Jorge Luis Borges ne fa in quel libro tardo, Atlante. “Immobile anziano… ormai fuori dal tempo e dalle cifre del tempo”, Graves continuava a morire, “circondato dalla moglie, i suoi figli, i suoi nipoti”. Non vedeva, non sentiva, non parlava: “l’anima era sola”: “La moglie gli dava da mangiare col cucchiaio e tutti erano assai tristi e in attesa della fine”.
L’episodio cardinale accadde però molti anni prima. Nel 1925 Graves conosce Laura Riding: ebrea, americana, poetessa, venticinquenne. Hanno una relazione potente, condivisa con la moglie di Graves, Nancy. Il poeta porta tutta la famiglia al Cairo, dove è invitato a insegnare letteratura inglese: il ‘triangolo’ è fatto. Dal 1928, ritornati in UK, nel mucchio selvaggio si aggiunge Geoffrey Phibbs, poeta irlandese, che va in estro per la Riding – Graves amava, pure, guardare. Lei, esasperata d’amore, tenta il suicidio, a Londra, nel ’29: a quel punto Graves lascia la famiglia, vaga tra Maiorca e Usa con Laura, portandosi dietro, come alleato in licenziosità, Phibbs. La torbida trama – gli inglesi, appunto, sono assatanati di sesso – è al centro di un film, The Laureate, appena uscito negli altri mondi (qui ne parla “El País”), con Tom Hughes che fa Graves, Laura Haddock che interpreta la di lui moglie, Nancy, e Dianna Agron nei panni di Laura Riding. Pur introdotto nell’aureo catalogo Adelphi (che pubblica, dopo che altri li hanno pubblicati, Addio a tutto questo, La Dea bianca, L’urlo), Robert Graves in Italia non passa. Le raccolte poetiche – I poeti sono uomini e Lamento per Pasifae, edite da Guanda – sono dimenticate da tempo, altro non si traduce. Robert Graves era lo “scrittore preferito” di Orson Welles, e la lapide che lo ricorda, a Deià – il corpo era stato incenerito, dato agli oceani – porta inscritto “Poeta”.
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Il bacio
Sei scosso, sei sconvolto?
Da un’eco d’amore
parola che incanta
il tempo cessa di muoversi
fino al fermo occhio grigio
di lei, che dilata un cielo
e la nuvola dei capelli
vortica come un temporale?
Le labbra che hai baciato
mutano in ghiaccio e fuoco
candida nebbia che arde
annienta il desiderio:
tutto torna all’origine
si dissolve in acqua, aria, terra
il Primo Potere si muove
tra vuoto e vacuità.
È amore? No, Morte, piuttosto,
passione, grido grave,
ispirazione abissale,
alone del respiro – ruggito
e quando svanisce
resti nella tua menzogna
senza speranza, senza vita
cruda carne, delirio d’ossa.
La rinascita
Il grasso bianco si assottiglia, è bronzo
le braccia inermi sono sbarre di ottone, ora,
hanno imparato a soffrire, a vivere nel candore
e a contemplare le stelle.
Hanno limato il cuore limitrofo alla ragazza
raffinato nell’orgoglio dell’uomo
imparano cos’è uno scannatoio
anche se una donna gli urla dentro –
Imparano a saltare la trincea,
a perimetrare la corsa
a pugnalare con la baionetta
una cosa sola con i guerrieri.
Sulla rocca di Achi Baba le loro ossa
imbiancano le Fiandre
dai loro gemiti
rinasce la poesia.
*
Due fucilieri
Infine, abbiamo finito con la guerra?
Siamo stati entrambi diavoli fortunati,
non c’è bisogno di perdono o giuramento
per intricare la nostra amicizia
con cose concrete
il nodo della vicinanza.
Siamo stati legati al legno, al palo, al filo
di Fricourt e di Festubert,
alla pioggia incessante, al sole che scatta,
alla miseria e al canto,
alla primavera,
nel fango di Picard.
Mostrami due così congiunti
quanto noi, nell’avido legame del sangue,
da un’amicizia che sboccia nella melma
sigillata dalla Morte: l’abbiamo sfidata
l’abbiamo scovata
Bellezza in Morte
tra i morti, il singulto.
*
Un Valentino
Dal cacciatore al cortigiano dei campi
tutto omaggia il principio dell’amore,
dedito alla legge di amare
il fantasma uccide chi medita.
Lasciami abbracciare, abbracciandoti,
la bellezza di altre forme e tinte,
strane grazie che scintillano, ma nessuna
supera la candela del tuo sole;
la tua mano mi chiama
tra immagini ignote.
Sorride il perdono: ogni spettro luminoso
si getta nella gloria dell’amore e si perde
cede la risoluta superbia
in omaggio, perfino, al suicida.
Robert Graves