24 Ottobre 2023

“Lo spazio insondabile del sentimento”. Le lettere di Rilke ad Anita Forrer

Quando si incontrarono, lei aveva l’età di sua figlia; lui era già il più importante poeta dell’epoca. Diciottenne, figlia della buona borghesia svizzera, Anita Forrer scrive a Rainer Maria Rilke nel gennaio del 1920 e gli esprime la sua ammirazione. Colpito dal tono semplice e sincero della giovane svizzera, Rilke le risponde qualche giorno dopo e la ringrazia affettuosamente. Ha così inizio un epistolario commovente nel quale Rilke non esita ad assumere il ruolo di “maestro” che Anita gli attribuisce e va incontro ai tormenti di questa giovane donna severamente educata, ma dotata di un’intelligenza vivace e ricca di sensibilità.

L’epistolario tra Anita e il poeta è tra i più alti dell’oceanico carteggio rilkiano: vi si rintracciano, tra estasi e tremori, i segni del rigore e dell’abbandono, una maestria immacolata. Rilke è prossimo al capolavoro, la ragazza gli consegna i codici del suo segreto. Dopo alcune lettere, con ellittico riserbo, gli confessa la sua omosessualità. E la voce di Rilke tuona: 

“Ascolti, Anita, si liberi da questo fardello dall’oggi al domani, subito […] È importante orientarsi secondo la propria innocenza, rimanendo imperturbabili e fiduciosi”.

(2 febbraio 1920)

Il carteggio tra Rilke ed Anita Forrer, finora inedito in Italia, pare il controcanto “al femminile” delle notissime Lettere a un giovane poeta, che Rilke scrisse tra il 1903 e il 1908 – tra i ventotto e i trentatré anni – a Franz Xaver Kappus, allievo dell’accademia militare di Wiener-Neustadt, che scriveva poesie e gli chiedeva consigli. Ma l’epistolario con Anita ha in dote qualcosa in più: la maturità di Rilke, la distanza – un pastorale di stelle, diremmo –, l’obliqua paternità, tenendo conto che la giovane, all’epoca del carteggio, aveva la stessa età di Ruth, la figlia di Rilke. Anche il contesto è diverso: nel 1920, Rilke non è più quel poeta di trent’anni che additava a Kappus la montagna dell’arte, è ormai un artista conosciuto e ammirato per la sua opera; ha quarantacinque anni, è profondamente segnato dal lungo silenzio inflittogli dai terribili anni della Prima guerra mondiale, ma è determinato a trovare le condizioni per poter realizzare la sua opera maggiore, quella che da anni sente come il compito supremo della sua esistenza. È alla ricerca di un rifugio che gli conceda la beatitudine del silenzio e del raccoglimento interiore: lo troverà tra le mura solitarie di Muzot, piccola torre medievale vicino a Sierre, in Svizzera, nel canton Vallese, dove sgorgheranno d’assalto, in soli venti giorni, le Elegie duinesi e i Sonetti a Orfeo e dove Anita gli invierà molte delle sue lettere.

L’epistolario con Anita Forrer non conobbe tuttavia lo straordinario successo toccato alle lettere a Kappus: fu pubblicata da Insel solo nel 1982 per la cura di Magda Kerényi, conosciuta soprattutto come studiosa e curatrice dell’opera di suo marito, il filologo e teologo ungherese, Karl Kerényi. L’edizione tedesca conobbe una sola ristampa, poi caduta sorprendentemente nell’oblio fino al 2021, allorquando il carteggio è stato tradotto in francese a cura di Jeanne Wagner e Alexandre Patou e pubblicato da Bouquins. Non si può che esserne sorpresi: siamo di fronte a pagine illuminate e illuminanti dove il Rilke della maturità cerca di orientare la giovane Anita e di liberarla dalle convenzioni sociali e familiari che la opprimono, per esortarla a prendere in mano il proprio destino. Risponde con infinita sensibilità e pazienza alle sue domande più segrete; orienta le sue letture verso grandi opere letterarie, come i Fiori del Male di Baudelaire e la Corrispondenza di Goethe con una bambina di Bettina von Arnim; le spiega come leggere la sua opera (il Malte e Il libro d’ore); la spinge a coltivare la gioia e ad aprirsi alle potenzialità dell’esistenza.

Rilke ha scritto migliaia di lettere: il loro volume supera di certo quello dell’opera.  “Non si chiede se l’anonimo che gli scrive meriti la sua prosa” osserva Tzvetan Todorov.

“Le sue lettere non sono soltanto voluminose, contengono anche pagine tra le più intense che egli abbia mai scritto; non si limitano a descrivere la sua esistenza, ma la trasformano. Alla fine della vita, nel testamento legale, dà indicazione che le lettere possono essere pubblicate, come le opere. Ma ciò non dice ancora tutto il bene che esse meritano: il romanzo di Rilke, raccontato giorno dopo giorno nella corrispondenza, non solo è degno di essere considerato alla stregua dei poemi e dei testi in prosa, ma raggiunge addirittura un grado di emozione e di sensibilità che non compare altrove”.

È proprio così: le lettere ad Anita ci confermano le parole luminose di Todorov. Sarà Anita stessa a confessare a Magda Kerényi che mai dimenticò il suo maestro e le sue preziose lezioni di vita – che saranno determinanti nel suo percorso esistenziale e nella formazione del suo mondo interiore.

Anita ebbe una lunga vita: morì nel 1996, a novantacinque anni. Fu a capo di una galleria d’arte, divenne grafologa e si sposò con un avvocato svizzero. Dopo il divorzio, alla fine degli anni Trenta, condivise la sua vita con la celebre scrittrice e fotografa svizzera Annemarie Schwarzenbach, di cui sarà esecutrice testamentaria. Nel gennaio 2021, il suo nome è associato per la prima volta alle attività che avrebbe svolto per conto dei servizi segreti americani durante la Seconda guerra mondiale – una missione segreta legata alla lotta contro il regime nazista.

Alla fine della guerra tornò in Svizzera e visse tra il Ticino e l’Engadina. Trascorse i suoi giorni nel villaggio di Sils, luogo di ispirazione di molti pensatori e scrittori, tra cui Friedrich Nietzsche. Come successe a Kappus, neppure Anita divenne poeta (dopo aver letto alcuni suoi tentativi lirici, Rilke la dissuase fermamente dal continuare a comporre versi, raccomandandole invece di “scrivere i suoi sentimenti in prosa”) ma orientò la sua vita verso le gallerie d’arte e la grafologia. Contribuì anche a fondare nel villaggio di Sils la piccola “Biblioteca Engiadinaisa”, dove è conservato ancora oggi l’esemplare dei Fiori del Male, che Rilke le regalò per il suo ventesimo compleanno:

“un libro per la vita, per ogni vita, si dovrebbe dire, e che supera largamente, molto largamente la capacità del suo cuore d’oggi, Anita –, e nel quale si trovano forse solo poche righe che risultino per lei già contemporanee e attuali. Ma questo è uno di quei libri ai quali bisogna almeno abituarsi, quando si diventa adulti, per trarre, forse molto più avanti, dalla sua superiorità, una vera parte, un’indicibile felicità, il più dolce conforto o un prodigioso comune sapere della nostra umana miseria”.  

(12 aprile 1921)

Ventisei sono le lettere di Rilke ad Anita Forrer (più una cartolina senza data), scritte tra il 1920 e il 1923, finora inedite in italiano. Abbiamo così voluto colmare una lacuna nell’immenso patrimonio epistolare rilkiano, gettando nuova luce su quelli che furono gli ultimi anni del poeta, le sue interminate erranze, la sua feroce ricerca di solitudine – offrendo ai lettori la possibilità di dissotterrare dall’oblio lettere sensibili e altruistiche, da cui emerge un Rilke poeticamente e umanamente compiuto. Un’immagine ben diversa dall’artista che aveva abbracciato un distacco aristocratico e senza compromessi nei Quaderni di Malte Laurids Brigge, per poi virare verso la torre solitaria di Muzot. Protagonista di queste lettere è un uomo che tesse pazientemente la tela di una singolare e immensa geometria del cuore

“che ha bisogno di un punto esterno per dominare, per quanto possibile, le distanze e i rapporti che regolano lo spazio insondabile del sentimento”.

Marilena Garis

*Marilena Garis ha curato per le edizioni Pangea / Magog l’edizione delle lettere di Rilke ad Anita Forrer, finora inedite in Italia, “La tentazione della rima”

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