20 Novembre 2023

“Trasfigurare l’addio”. Rilke & Merline: un nome scritto nella neve di Muzot

Dopo lo scatenamento della furia creativa che lo guidò nella composizione delle Elegie Duinesi e dei Sonetti a Orfeo, la piccola torre di Muzot ancora avvolta nell’abbraccio degli dei, Rilke legge all’amica e mecenate Marie von Thurn und Taxis le grandi opere appena concluse. Tra il 6 e il 9 giugno del 1922, il poeta e la principessa vivono il coronamento di un sogno. È lei a raccontarcelo nel suo libro di memorie Rainer Maria Rilke:

“Sembrava che egli avesse risolto l’enigma della vita; approvava gioia e dolore, felicità e infelicità, accettava tutto, e tutto comprendeva con indicibile giubilo. Io lo guardavo, lo ascoltavo, profondamente commossa di vedere improvvisamente illuminato quel volto che di solito era pieno di una sconfinata malinconia”.

Fu certo un momento straordinario, in cui le zolle di terra che reggono il piccolo Muzot si saranno nuovamente trasformate in tappeto volante tra le galassie e le costellazioni dell’universo.

Ripartita Marie, arrivarono a Muzot la pittrice Baladine Klossowska, compagna di Rilke, e Anton e Katharina Kippenberg, i suoi editori, per affrontare le pubblicazioni ormai imminenti. Dopo qualche giorno di vacanza, in agosto, Rilke e Merline – così il nomignolo di Baladine – ritornarono a Muzot all’inizio di settembre e lui si prodigò con ogni mezzo per aiutarla a trovare una sistemazione per sé e i suoi due figli, che diverranno poi famosi: Pierre (filosofo e scrittore) e Balthus (pittore) Klossowski. Fece di tutto per risparmiare loro un altro inverno a Berlino, dove l’inflazione e i disordini politici stavano rendendo le condizioni di vita sempre più difficili. Cercò di trovare un modo per far rientrare Pierre a Parigi ovvero di trovargli un posto in Svizzera come ospite pagante presso amici.

André Gide e Madame Nölke, cui Rilke si era rivolto, gli dimostrarono la massima attenzione e cercarono di aiutarlo. Purtroppo, questi piani non erano ancora sufficientemente organizzati quando dalla Germania arrivò la notizia di un aumento del cento per cento delle tariffe ferroviarie tedesche a partire dal primo dicembre. Merline decise quindi di lasciare Muzot alla volta di Berlino alla fine di novembre.

Quella che segue è la lettera dell’“addio”, tratta dall’edizione Max Niehans della Correspondance 1920-1926 tra Rilke e Merline curata da Dieter Bassermann nel 1954, inedita in italiano.

*

Da Muzot a Berlino, 2 Dicembre 1922

Sabato

Mia cara Merline, sì, in effetti, la forma così inaspettata della tua partenza ha trasfigurato questo addio e gli ha restituito la trasparenza dello spazio e – quasi – l’allegria involontaria dei movimenti degli uccelli. Tutto è stato trasposto sul piano dell’immagine, e ti assicuro che l’altra metà del quadro – vista dal castello – era altrettanto incantevole. Ti allontanavi su quella slitta sottile come per fare un certo contorno, come a terminare ed accentuare questo paesaggio imbiancato: era grazioso come un tratto del tuo pennello; ti assomigliava e non si distingueva dall’insieme. Un momento leggendario che ci coglie a meraviglia. Come lo scorso anno hai ricamato il mio nome sul nastro del mio tovagliolo, questa volta hai scritto il tuo sulla bella pagina valligiana che si allarga davanti alle mie finestre. Ed io: chino a leggervi!

Ammiro, mia cara, la tua energia, per essere riuscita a perseverare [sulla via di Berlino] senza cedere alla tentazione di Berna… Come hai trovato Pierre? Non sono ancora riuscito a scrivergli, ma nel frattempo potrai raccontargli come sono andate le cose e dirgli che questa disposizione amichevole di Gide, che abbiamo visto all’opera e su cui può contare, è una gran cosa. Gli ho appena scritto a lungo e ho scritto anche alla signora Nölke, chiedendole di tenere in sospeso la mezza possibilità che voleva offrirti. Per quanto riguarda le altre lettere che devo scrivere – più numerose di quanto pensassi – mi affretterò a scarabocchiarle, perché sono impaziente di riprendere le mie traduzioni. Ecco un primo esempio di ieri: Paul Valéry, Ode secrète (la prima versione, che non mi piace del tutto, ma che comunque segna un nuovo inizio. Quale orgogliosa promessa è il lavoro!).

Arrivederci!

René

A Baltusz, va detto che gli uccelli frequentano enormemente il nostro ristorante di lusso.

*

Quale quadro si disegna dinanzi ai nostri occhi nel vedere quella slitta che ricama – e fissa – il nome di Merline sul paesaggio imbiancato di Muzot! In questa immagine vi è forse tutto lo spirito del legame che unì il poeta alla pittrice: la delicata – eppure resistente – bellezza di una storia scritta nella neve. “Un momento leggendario che ci coglie a meraviglia” dice Rilke. Un colpo di pennello che “restituisce la trasparenza dello spazio e – quasi – l’allegria involontaria dei movimenti degli uccelli”, dice ancora, quasi a rendere meno penoso l’addio, ad accompagnarla, a coltivare il suo ricordo sulla soglia, a sottolinearne la presenza, a trattenerla…

Dopo la morte di Rilke, Merline decise di distruggere le lettere (con ogni probabilità disperate) che gli scrisse durante quell’inverno; ci restano dunque solo quelle che lui le inviò nello stesso periodo, animate da un’autentica partecipazione al suo destino.

Come recita il risvolto del carteggio “la sorte volle che fossero separati per la maggior parte del tempo; ed anche le loro lettere rispecchiano tutto ciò che la loro vita poté contenere di esaltante, di bello e di tormentato allo stesso tempo”. Ed è proprio questo, oggi, a rendercele così preziose, vicine, profondamente umane.

Marilena Garis

Gruppo MAGOG