21 Novembre 2023

“Non crediamo nella buona fede del vincitore”. René Char

René Char (1907-1988) è tra i grandi poeti del Novecento, tra i grandi poeti francesi di sempre. Il suo dire disorienta per combustione: voce che proviene dalle oscurità di Eraclito, dai chiaroscurali enigmi di Georges de la Tour. L’ordine, l’anatema, il comando si legano al sogno, il terrestre al celeste, il carnale all’invisibile, l’arcangelo al centauro. René Char condivide la parola che sobilla, sibilla, che sibila fino ad alterare i sensi, i manierati lignaggi di una virtù ossea, infima. Da tutto va estratto l’argenteo albume: nulla divide la lacrima dal coltello; nulla si può condividere coi laidi lattai della parola odierna, parolieri di latta. In René Char la suprema grazia si lega all’imprecare: nei veleni si riconosce la perla di miele, ricandidata a Dio.

Tradotto da grandi poeti – Vittorio Sereni, poi Giorgio Caproni – di René Char – poeta dall’opera latitante – si dà qui qualche sparsa traduzione, nuova.  

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Sulla poesia

Il poema: amore realizzato dal desiderio che permane desiderio.

Essere poeta è essere famelici di un’inquietudine la cui realizzazione, tra i mulinelli delle cose che esistono e si sentono, provoca, nel momento in cui si dà in pasto, la felicità.

Crollano le prove: il poeta risponde con una salva di profezia.

La poesia osa dire con modestia ciò che nessun’altra voce osa, confinata nel Tempo sanguinario. Aiuta anche l’istinto di perdizione. In questo moto, accade che un nudo vocabolo si volga al vento della parola.

Ci sono giorni in cui non puoi avere timore di nominare le cose impossibili da dire.

Le azioni del poeta non sono che la conseguenza degli enigmi della poesia.

Il poeta si distingue per il numero di pagine insignificanti che non scrive. Ha tutte le vie della vita dimentica per distribuire la sua modesta elemosina e sputare il sangue di chi non muore.

Se le patate non si riprodurranno più su questa terra, balleremo su questa terra. È il nostro diritto, la nostra frivolezza.

L’esperienza negata dalla vita è quella che preferisce il poeta.

Il poeta deve colpire senza tentennamenti la sua aquila e la sua rana se non vuole ammaccare la propria lucidità.

Nella poesia, convertire è riconciliare. Il poeta non dice la verità, la vive; vivendola, si fa bugiardo. Paradosso della Musa, giustizia del poema.

*

Chiose su una notte senza ornamento

Fissare la notte battuta a morte; continuare a soffrire con lei, a farcela bastare.

Nella notte, il poeta, il dramma e la natura che si fondono, si sollevano e si succhiano.

La notte nutre, il sole affina il nutrimento.

Di notte: apprendistato che serva ad altri, dopo di noi. Fertile frescura di questo guardiano!

L’infinito arde, ma una nuvola ci salva.

La notte si affilia a qualunque istanza della vita disposta a morire a primavera, a volare nella tempesta.

La notte si colora di ruggine quando acconsente a socchiudere per noi i cancelli dei suoi giardini.

Rispetto alla vita notturna, il sogno, a volte, non è che lichene spettrale.

Non c’era bisogno di incendiare il cuore della notte. L’oscurità è fuggita – questo accadde –, a scolpire il rosone rugiada del mattino.

Sequela della notte. Il campanaccio solare non è che una scaltra tolleranza della notte.

Rinnovamento del nostro mistero: se ne prende cura la notte – toilette degli eletti eseguita dalla notte.

La notte nega il nostro passato di uomini, inclina la psiche al presente, radica indecisioni nel nostro avvenire.

Mi riempirò di una terra celeste.

Notte plenaria dove il sogno non alligna più, conserva per me ciò che amo.

*

La notte monta

Fiore che mi riscaldi: raddoppio i suoi petali, si adombra la corolla.

Il tempo divarica e taglia.

Una luce si allontana: il nostro coltello.

La primavera ti cattura, l’inverno ti emancipa, paese di slanci d’amore.

La stella rende il dardo di vespa che vi era infossato.

Guarda, viso inclinato, tu irrighi i cuori delle capre sulle vette.

*

Fossile sanguinario

Il nemico, sopprimendoci, avrebbe abbreviato un supplizio di cui non era né l’autore né l’inventore.

Piuttosto, il servitore occasionale.

Supplizio la cui decisione proveniva non si sa da dove e che estendeva la sua attrattiva onnipotenza ai legami e agli stati a noi assegnati.

Ribelle, non fui provvidenziale ma fermo.

O arditezza giovane e vecchia!

*

Permane invisibile

Permane invisibile alle ambite cacce,

prossimo, così prossimo alle mie dita,

mia selvaggina lontana, la notte mi abbasso

per un novizio corpo a corpo.

Bere fino al fragile, la riparazione è brutale.

Su questo doppio giardino si arrotonda il tuo coperchio.

Hai la densità della rosa che deve sorgere.

*

Vita

Nel mio paese, le tenere prove della primavera e gli uccelli dall’abito sfatto si preferiscono alle lontane mete.

La verità attende l’aurora accanto alla candela.
Il vetro della finestra è negligente.
Non gli importa dell’attesa.

Nel mio paese, un uomo appassionato non è messo in questione.

Nessuna maligna ombra sulla barca capovolta.

Il saluto a denti serrati è ignoto nel mio paese.

Prendiamo in prestito soltanto ciò che può essere reso il doppio.

Ci sono foglie, moltissime foglie sugli alberi del mio paese.
I rami sono liberi di non dare frutto.

Non crediamo nella buona fede del vincitore.
Nel mio paese, ringraziamo.

René Char

Gruppo MAGOG