Giovedì scorso se ne è andato Remo Bodei. Fu professore di filosofia e storia della filosofia e riuscì a rappresentare bene l’Italia anche sulla West coast. Qui sotto il ritratto di un suo ex allievo. Io non posso dire altro: lessi le sue considerazioni sulla vita di Hegel e confermo, che Bodei effettivamente “faceva la storia dei predecessori per parlare delle sue idee”. Ecco perché ricamava su Hegel che ingravidava la fantesca e riconosceva il figlio. Ancora una parola. L’unica volta che vidi Bodei fu sul Lungarno di sera. Si affacciò insieme alla moglie su un negozietto bengalese chiedendo “ha pane?”. Non ce n’era. (Andrea Bianchi)
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Appena entrato nella Hogwarts normalistica, mi avvenne di incontrare Remo Bodei, che mi chiese se ero parente di un professore che conosceva. Si, lo ero, ma poi parlammo del più e del meno, mentre lo accompagnavo nella sua casa sui Lungarni.
Mi sembrò ben diverso dagli altri docenti della Scuola Normale, che sembravano camminare come se portassero, già da vivi, la loro erma del Gianicolo, tra i Padri della Patria e delle ugualmente patrie Lettere.
Giovanissimo, secondo i criteri gerontocratici che, fuori dal Cremlino, si utilizzavano solo nella nostra Hogwarts pisana, ci fece correggere le bozze di quello che mi sembrò, anche dopo, uno dei suoi libri migliori, Sistema ed epoca in Hegel.
Enrico de Negri, hegelista insigne, disse a Remo, e poi anche a me, un po’ prendendolo in giro per le sue idee di sinistra, che li sembrava un “libro borghese”. Per Enrico era un bel complimento.
Chi era Bodei? Era un curioso, soprattutto, di tutto e di tutti, anche di argomenti che sembravano lontani dalla filosofia come la intendono quelli che la leggono unicamente in spesso pessimi manuali scolastici.
Allievo di Arturo Massolo, che ricordava sempre con grande affetto, si era poi collegato, dopo la morte imprevedibile di Massolo nel 1966, che era un grande teoreta, maestro anche di Gianmario Cazzaniga, all’erede, mediocrissimo, del palermitano Massolo.
Si trattava di Nicola Badaloni, che era, al massimo, da livornese, una leggera passata di libeccio sulle fronti dei suoi migliori allievi.
Cazzaniga, a differenza degli altri allievi di Massolo, non si piegò alla caduta della qualità filosofica della Scuola e se ne andò a fare il professore di Liceo, dove lo ritrovai.
Remo Bodei, invece, si adattò obtorto collo al verboso cacciucco comunista e ebbe, dopo un suo naturale passaggio nei Licei, un incarico in Normale. Se lo meritava, comunque.
Poi, alla nostra Hogwarts arrivò anche Eugenio Garin, per trasformare il Rinascimento nella totalità della filosofia moderna. Ma da grande pensatore, quale era, oltre che storico del pensiero.
Chi era però Remo Bodei, come studioso? Uno storico della filosofia alla maniera di Hegel che, appunto, faceva la storia dei predecessori per parlare delle sue idee. Filogenesi e Ontogenesi dei concetti coincidevano, nella sua esposizione. Ma non era, Bodei, il ripetitore, fino alla noia, di qualche formuletta, come è accaduto a molti filosofi accademici italiani. E, soprattutto, era uno studioso che aveva scoperto la forza della soggettività, della psiche, della vita materiale nella elaborazione dei grandi progetti epistemologici tra otto- e novecento. Ecco il senso dei suoi tanti volumi come Scomposizioni, forme dell’individuo moderno, del 1987, o Le logiche del delirio, del 2000.
C’era, molto forte, l’influsso della psicanalisi, che Bodei conosceva benissimo, anche se non credo che lui sia andato in pellegrinaggio da tutti gli psichiatri e gli psicanalisti possibili come un suo collega genovese.
Mentre si scoprivano i “super-ordini dei super-concetti”, come li chiamava Wittgenstein, venivano alla superficie tutti gli elementi di una immane e imprevista complessità degli individui, che non permetteva più la vittoria della Grande Macchina né della Storia, né della Tecnocrazia.
Tra i filosofi contemporanei che “fanno notizia”, come Cacciari, Vattimo, Severino, Remo Bodei era forse il meno ripetitivo, il più problematico e, comunque, quello che scriveva di gran lunga meglio.
Si vedeva che Bodei leggeva, proprio come se fossero classici della filosofia, i grandi testi della letteratura moderna, da Mann ai grandi francesi, e seguiva anche la poesia, in cerca di tracce concettuali che, Remo lo diceva spesso, si trovano dovunque.
Era, strano per un cattedratico, un gentiluomo, un signore che non si metteva sugli altari, un professore disponibile a discutere con tutti e di tutto. Lo rivedrò a passeggiare in Borgo Stretto, tra poco.
Marco Giaconi