18 Ottobre 2018

Quel finlandese un po’ pazzo dagli occhi fulminanti: ci lascia Arto Paasilinna. Il ricordo di Fabrizio Carbone, che ha introdotto i suoi primi libri, ora di culto. Quando Achille Bonito Oliva si indispettì con “sto Pasillina del cavolo…”

Sapevo che non stava bene. Capita spesso, quando non ci si vede per un periodo, di cercare di riprendere un rapporto interrotto. E proprio una settimana fa avevo pensato ad Arto Tapio – il suo secondo nome è quello del dio del tuono, il massimo nell’olimpo delle antiche divinità animiste finniche – e alla sua bella casa di legno a Kittilä, la cittadina lappone, bruciata dai nazisti alla fine della guerra, e dove lo avevo incontrato l’ultima volta. C’era un’ombra di silenzio su di lui che faceva presagire al peggio.

ArtoÈ morto la mattina di lunedì 15 ottobre a Espoo, proprio in un luogo dove non avrebbe mai voluto vivere: una città tecnologicamente moderna, una serie di micro e macro quartieri lontani fra loro con una ragnatela di tante strade alla Los Angeles, ma in piccolo. Paasilinna era in una casa di cura costretto suo malgrado. Scriveva ormai solo per sé: poche pagine ogni tanto ha spiegato Petteri, il suo figlio più grande.

Rispetto la riservatezza sulle sue condizioni di salute e vado oltre. Voglio ricordarmi di lui, del suo viso buffo, dei suoi occhi fulminanti, della sua pancia grande di chi beve buon vino e birra Lapin Kulta.

Non sapevo nulla di Paasilinna quando ricevetti, all’inizio del 1994, una telefonata di Emilia Lodigiani, la fondatrice di Iperborea, che mi preannunciava una bozza di un libro divertente, grande successo in Francia, di un finlandese un po’ pazzo. “Se hai voglia scrivimi l’introduzione” furono le parole asciutte di questa geniale ed elegante signora milanese. Lessi e scrissi d’un fiato.

Di corsa il libro fu stampato e pronto, era aprile, per un festival di piccoli editori fuori Milano. Dalla tipografia arrivarono molte più copie del previsto e la Lodigiani pensò di tappezzare il suo spazio con una sfilza di copertine de L’anno della lepre: il particolare di bel quadro di un pittore svedese dei primi del Novecento. Tutte le copie andarono a ruba e così iniziò un passa parola senza fine. Da un’edizione all’altra che ancora va avanti.

Arto Tapio sfonda il muro dell’indifferenza tipicamente nostrana e della supponenza di alcuni critici letterari: esce dall’anonimato lappone. Un ex poeta, ex boscaiolo, ex giornalista diventato scrittore di novelle picaresche, ecologiste, irriverenti satire del perbenismo luterano-finlandese. Era dissacrante e anticonformista, legato profondamente alla natura della sua Lapponia ben oltre il fantomatico circolo polare artico. In pubblico: timido e impacciato, distratto, impaurito persino.

ArtoMolti anni fa al Festival della letteratura di Mantova era stato invitato a presentare Il mugnaio urlante. Arrivò con la moglie e l’editore finlandese. A tavola, prima dell’incontro con il pubblico, si scommise su quanti sarebbero stati i presenti in sala. Lui disse che sarebbe stato bello contarne una trentina. Erano in duecento e alla fine tutti in fila per farsi firmare i suoi libri allora pubblicati in Italia. L’invitato dopo di lui era Achille Bonito Oliva che se ne uscì, indispettito per la perdita di tempo, con un “ma chi è sto Pasillina del cavolo?”.

Paasilinna è un autore cult, amatissimo da 24 anni in qua ed è forse difficile spiegare questo successo. Penso perché forse ha aperto le porte di un Paese lontano, sconosciuto o quasi, ritenuto freddo, buio, pieno di zanzare e di laghi, di aurore boreali e orsi, di suicidi e di alcolizzati in un crescendo di luoghi comuni e di fake news che comunque affascinano e portano in cima al Grande Nord. Lo schema letterario di Paasilinna è spiazzante e fa il paio, in opposizione e a volte in simbiosi, con il cinema del suo amico-nemico Aki Kaurismaki.

Ha scritto 35 novelle, come amava definirle, e Iperborea ne ha ancora tante da pubblicare. Questa benemerita casa editrice ce lo farà sentire vivo ancora per molti anni.

Ciao Arto Tapio. Quando vedrò le lepri correre d’inverno, bianche candide, intorno alla mia casa sulle rive del lago Kitka, penserò a te che scappi ancora nei boschi in cerca di avventure.

Fabrizio Carbone

*Ispirato da Emilia Lodigiani, Fabrizio Carbone – giornalista, viaggiatore, artista – ha introdotto i primi libri di Arto Paasilinna pubblicati in Italia per Iperborea, divenuti ‘di culto’: “L’anno della lepre” (1994), “Il bosco delle volpi impiccate” (1996), “Il mugnaio urlante” (1997), “Il figlio del dio del tuono” (1998), “Lo smemorato di Tapiola” (2001)

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