Umberto Eco e la semiotica del “complotto”
Letterature
Secondo lo stigma esoterico, poco si sa dei “Fratelli della Purezza”, gli Ikhwān al-Ṣafāʾ, società segreta cresciuta intorno all’VIII e il X secolo, con centro nevralgico a Bassora. Dediti all’astronomia, all’aritmetica, all’arte lirica, allo studio dei testi sacri, tra l’altro “furono influenzati dalle teorie dei pitagorici, secondo i quali l’armonia prodotta dalla musica è analoga alla struttura del cosmo, e offre i mezzi con cui l’anima umana può intravedere ‘la bellezza superiore degli ordini supremi’”. Si preparavano alla fine del mondo, da attendere con suprema disciplina: “Sintetizzando le scienze e le sapienze del mondo antico e del loro tempo, sviscerando i principi ultimi che si celano dietro le realtà del mondo, erano convinti di vivere entro un nuovo ciclo astrologico, latore di immensi cambiamenti politici e sociali” (Nader el-Bizri, “Ikhwān al-Ṣafāʾ: An Islamic Philosophical Fraternity”, in Houari Touati (ed.), Encyclopedia of Mediterranean Humanism, 2015).
Anonimi, probabilmente sciiti, ismailiti, hanno radunato il loro sapere in un’immane Enciclopedia, Rasāʾil Ikhwān al-Ṣafāʾ, suddivisa in 52 trattati: straordinario compendio in cui l’esegesi coranica si mescola ad Aristotele e a Porfirio, la narrazione mitologica alle teorie di Ermete Trismegisto, l’etica islamica alla gnosi neoplatonica. Attraverso l’Enciclopedia – più volte setacciata, censurata e mandata al rogo dall’ortodossia sunnita – la confraternita ha diffuso il proprio pensiero in forma cifrata: alla foce della fiaba, del detto sacro, dell’indirizzo morale, l’adepto deve scorgere un significato profondo, proficuo per la propria ascesi.
Nella Storia della filosofia islamica, Henry Corbin distingue “la costituzione ideale del loro Ordine”:
“Essa comprende quattro gradi, funzionali alle capacità spirituali che si sviluppano con l’età (l’idea del pellegrinaggio alla Mecca si trasforma in simbolo del pellegrinaggio della vita). 1) I giovani, da 15 a 30 anni, formatisi secondo la legge naturale. 2) Gli uomini dai 30 ai 40 anni, istruiti alla sapienza profana e alla conoscenza anagogica. 3) Soltanto a partire dai 40 anni l’adepto è in grado di essere iniziato alla realtà spirituale celata sotto l’essoterico della shari’at; il suo modo di conoscenza diventa allora quello dei profeti. 4) A partire dai 50 anni egli è in grado di percepire in tutte le cose questa realtà spirituale esoterica; il suo modo di conoscenza diventa allora angelico, padroneggiando egli altrettanto bene la lettera del Liber mundi che quella del Libro rivelato”.
Tra i trattati dell’Enciclopedia, il ventiduesimo è dedicato al Processo degli animali contro l’uomo. In questa favola “mistica” (ora tradotta per le edizioni De Piante, 2022), gli animali chiamano a giudizio, al cospetto del re dei Ginn, l’essere umano, accusato di schiavizzarli, torturarli, dar loro la caccia, sopraffarli impunemente. Chi ha permesso all’uomo di ritenersi superiore al resto degli esseri animati? I rappresentati dell’umanità si rifanno al codice divino – che è poi quello biblico: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”, Gn 1, 26 –, privo di valore, a dire delle bestie, frainteso, un sopruso spudorato dopo la Caduta. A confronto con le altre creature, l’uomo, piuttosto, è inferiore: da esse dipende in tutto, per mangiare, vestirsi, vivere. Soltanto la bestia è, integralmente, al di là del giudizio; l’uomo vive di riporto, smarcato dall’autentico, ha bisogno della costrizione morale, della costruzione legale; è vile per natura, pronto a insistere sul debole, a spadroneggiare sul misero, a fare la guerra ai propri fratelli. Sembra una preveggenza dell’Ottava elegia di Rainer Maria Rilke: “Libero da morte./ La morte la vediamo noi soli. Il libero animale/ ha sempre la fine dietro a sé,/ e Dio davanti”.
Costruito secondo i canoni della favola antica – che si ritroveranno nelle Mille e una notte, ad esempio – Il processo degli animali contro l’uomo è forse il primo trattato “ecologico” della storia letteraria. Soltanto attraverso un rapporto armonico con il mondo, la conoscenza – e l’imitazione – delle creature, l’uomo può ascendere a Dio, scansando la morte che lo ammalia e lo fa feroce. Altrimenti, la creatura creata a somiglianza del Creatore dissipa i patti, si muta in mostro, figlio informe, latore di male.
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Il processo degli animali contro l’uomo
Capitolo 1
Si narra che quando la razza di Adamo iniziò a riprodursi e moltiplicarsi, gli esseri umani si diffusero per la terra e per il mare, sulle montagne e le pianure, perseguendo i loro scopi ovunque in libertà e sicurezza. In principio, quand’erano pochi, vivevano nella paura, e si nascondevano dai molti animali selvaggi e dalle bestie predatrici, si rifugiavano sulla cima di montagne e colline e si riparavano nelle caverne, mangiavano la frutta degli alberi, le verdure della terra e i semi delle piante. Si vestivano con foglie d’albero per ripararsi dal caldo e dal freddo, passavano l’inverno dove il clima era più mite e l’estate più fresco. Poi costruirono città e villaggi sulle pianure e vi si stabilirono.
Ridussero in schiavitù bestiame, mucche, pecore e cammelli, e ancora cavalli, asini e muli. Li legarono per le zampe, li sellarono e li misero al lavoro – cavalcandoli, facendoli arare e trebbiare. Sfruttarono queste creature fino a sfinirle in lavori superiori alle loro forze. Animali che avevano vagato per boschi e spazi bradi in totale libertà, alla ricerca di pascoli, acqua e ogni loro necessità, furono catturati e imprigionati.
Altri animali – somari selvatici, gazzelle e predatori, la fauna selvaggia e gli uccelli un tempo docili che vivevano in pace e in quiete sulle terre dei loro antenati – rifuggirono dalle abitazioni degli uomini diretti verso deserti, foreste, creste di montagne e valloni remoti. Ma i figli di Adamo diedero loro la caccia con ogni stratagemma per trovarli, catturarli e metterli in trappola, convinti che gli animali fossero fuggiaschi di loro proprietà o schiavi ribelli.
Passarono gli anni, e Maometto fu mandato sulla terra, che Dio lo benedica. Richiamò uomini e Genii a Dio e all’Islam. Un gruppo di Genii rispose al suo appello: divennero buoni musulmani. Il tempo passò, e la razza dei Genii diede un re, Bīwarāsp il Saggio, conosciuto come Mardan, il Re Eroe. La sua capitale si trovava sull’isola di Ṣāʿūn, presso l’equatore, al centro del Mare Verde. Aveva buona aria e buon terreno. E dolci fiumi, zampillar di sorgenti, campi vasti e valloni protetti, dovizia di alberi da frutta, prati rigogliosi, corsi d’acqua, erbe officinali e spezie.
Accadde in quei giorni che venti di tempesta rigettassero una nave sul lido dell’isola. A bordo c’erano uomini di commercio, d’industria e studiosi, e altri. Sbarcarono ed esplorarono l’isola, e la trovarono ricca di alberi da frutta, acque fresche, aria salubre, con un bel terreno, verdure, erbe e piante, ogni genere di cereali e grano che cresceva dalla pioggia del cielo. Videro ogni specie di animali – bestiame, uccelli, e carnivori – vivere tutti in pace e in armonia gli uni con gli altri, al sicuro e senza timore.
Deliziate dal luogo, quelle genti decisero di stabilirsi laggiù. Costruirono case e presto iniziarono a disturbare il bestiame e gli altri animali, obbligandoli a lavorare, cavalcandoli e caricandoli di pesi, come nelle loro terre lontane. Ma gli animali si rifiutarono e si diedero alla fuga. Gli uomini li inseguirono e li cacciarono, usando ogni tipo di stratagemma per prenderli, convinti che gli animali fossero fuggiaschi di loro proprietà e schiavi ribelli. Quando gli animali compresero come la pensavano, i loro rappresentanti e i loro capi si riunirono e comparirono al cospetto di Bīwarāsp il Saggio, Re dei Genii, a cui denunciarono l’ingiustizia e i torti dell’umanità contro di loro e protestarono contro le idee degli umani nei loro confronti. Il Re inviò un messaggero a convocare alla sua corte le due parti contendenti.
Un gruppo che si trovava sulla nave, circa settanta uomini di terre diverse, rispose al suo invito. Allorché se ne annunciò l’arrivo, il re ordinò che venisse dato loro un degno benvenuto. Dopo tre giorni li condusse nella sua sala del consiglio. Bīwarāsp era un re saggio, giusto e nobile, dalla mente aperta e la mano generosa, che accoglieva gli ospiti e dava asilo agli stranieri. Aveva pietà per gli afflitti e non tollerava l’ingiustizia ma ordinava il bene e impediva il male, cercando solo di compiacere Dio e di essere degno del Suo favore. Comparendo dinanzi al Re, gli uomini lo videro seduto sul trono reale e lo salutarono augurandogli lunga vita e prosperità. Tramite il suo interprete, il re allora chiese: “Cosa vi ha portato su quest’isola? Perché siete venuti alla nostra terra senza esserne stati invitati?”.
Uno degli umani rispose: “Siamo stati attratti da tutto ciò che si sente delle virtù del Re, le sue molte imprese gloriose, la sua grande generosità e il nobile carattere, la sua giustizia e il giudizio imparziale. Siamo venuti innanzi a lui perché ascolti il nostro caso e le argomentazioni che gli presenteremo, e giudichi tra noi e questi schiavi fuggiti, che disconoscono la nostra autorità. Dio difenderà la giusta causa e guiderà Vostra Maestà a una decisione saggia. Perché lui è il più saggio dei giudici”.
“Parlate come ritenete opportuno”, disse Re.
“Grazie, vostra Maestà”, rispose il portavoce degli umani. “Queste mucche, questi predatori e queste creature selvagge – tutti animali in effetti – sono nostri schiavi. Noi siamo i loro padroni. Alcuni si sono ribellati e sono fuggiti. Altri obbediscono di mala voglia e sdegnano di servirci”.
Il Re rispose: “Quali prove o certezze avete per dimostrare le vostre pretese?”
“Vostra Maestà”, disse l’umano, “noi abbiamo motivi tradizionali religiosi e prove razionali del nostro stato”.
“Molto bene”, disse il Re, “ascoltiamoli”.
Così un oratore umano della stirpe degli abbasidi si alzò e salì sulla tribuna, aprendo il proprio discorso con l’esordio seguente: “Sia gloria a Dio, Sovrano dell’universo, speranza di coloro che lo temono e nemico di nessuno tranne dell’ingiusto. Dio benedica Maometto, Sigillo dei profeti, capo dei messaggeri di Dio, e intercessore nel Giorno del Giudizio. Lodato sia Dio che creò l’uomo dall’acqua, e da lui creò la sua compagna. Diffuse il loro seme, uomini e donne, li fece prolificare per la terra e il mare, diede loro il vantaggio del dominio, li nutrì con ogni genere di delizia dicendo, Il bestiame Dio l’ha creato per voi, perché vi scaldiate e lo impieghiate in molti modi. Ve ne ciberete e lo ammirerete quando lo condurrete a casa per il riposo o lo farete uscire al pascolo. Porterà le vostre some a quelle terre che raggiungereste solo con grande turbamento di cuore. Lui disse anche, Vi servirà da mezzo di trasporto come le navi, una parte da soma e un’altra per la carne. E poi cavalli, muli e asini da sella e da ornamento, e molto altro che ignorate, e Sia gloria a Dio che disse: sedetevi sulle loro groppe e cavalcandoli ricordate il favore di Dio verso di voi. Molti altri versi nel Corano, nella Torah e nei Vangeli dimostrano che gli animali furono creati per il nostro vantaggio, che sono nostri schiavi e noi i loro padroni. Dio perdoni voi e me”.
“Bestiame e animali tutti”, disse il Re, “Avete sentito i versi dal Corano che questo umano ha addotto a sostegno delle sue pretese. Cosa rispondete?”
Al che un rappresentante degli animali, un mulo, si alzò e disse: “Gloria sia a Dio, uno, unico e solo, senza pari, imperturbabile, immortale ed eterno, che esisteva prima che tutte le cose venissero create, oltre ogni tempo e ogni spazio, che un tempo disse “Luce sia!” E allora vi fu un effluvio di luce, che Lui fece splendere traendola dalla sua inviolata rapidità. Da quella luce creò un abbagliante mare di fuoco e un impetuoso mare di onde e d’acqua, e dal fuoco e dall’acqua creò sfere tempestate di costellazioni e stelle splendenti. Sollevò i cieli e dispiegò la terra, ancorò le montagne e formò i cieli torreggianti a dimora degli arcangeli, e gli spazi tra le sfere a dimora dei cherubini. La terra la diede agli esseri viventi – animali e piante. Poi creò i Genii dall’infuocato simun, e gli umani dalla creta. Diede all’uomo una discendenza – dall’acqua vile in sicuro recipiente –, e permise alle generazioni degli uomini di succedersi le une alle altre sulla terra, di dimorarvi e non lasciarla incolta, di curare gli animali e trarne profitto, non di abusarne o maltrattarli. Dio conceda il perdono a voi e me”.
“Vostra Maestà”, continuò il mulo, “non c’è nulla nei brani citati da quest’umano che conforti la sua pretesa di essere loro i padroni e noi gli schiavi. Questi versi sottolineano solo il favore e la benedizione concessi da Dio all’umanità. Dio disse Li assoggettò a voi – così come disse assoggettò il sole e la luna, i venti e le nuvole. Dobbiamo forse pensare, Maestà, che anche i corpi celesti sono loro schiavi e proprietà, e gli uomini i loro padroni? Affatto! Dio ha creato tutte le Sue creature in cielo e in terra. Ne ha poste alcune al servizio di altre, per il loro bene o per evitare il male. Ha assoggettato gli animali agli uomini solo per aiutarli e difenderli dai pericoli e non, come loro ingannevoli suppongono e offensivi reclamano, per renderli nostri padroni e noi loro schiavi.
“Vostra Maestà”, continuò il portavoce delle bestie, “i nostri padri vivevano sulla terra prima della creazione di Adamo, capostipite della razza umana. Abbiamo abitato nei campi e vagato per i sentieri. Le nostre mandrie andavano e venivano nella terra di Dio, cercando sostentamento e prendendosi cura di noi. Ognuno badava alle proprie cose, restava nel luogo più adatto alle sue esigenze – brughiera, mare, foresta, montagna o pianura.
Ogni genere aveva cura di sé, impegnato ad allevare i piccoli e a crescerli con buon cibo e l’acqua che Dio ci ha assegnato, sicuro e indisturbato nel proprio dominio. Giorno e notte abbiamo lodato e santificato Dio, e Dio soltanto, non affiancandogli né rivale né pari.
In epoche successive Dio creò Adamo, capostipite dell’umanità, e ne ha fatto il suo vice reggente sulla terra. La sua prole si è riprodotta, e il suo seme moltiplicato, diffondendosi per terra e mare, montagna e pianura. Gli esseri umani hanno invaso le terre dei nostri antenati. Hanno catturato pecore, mucche, cavalli, muli e asini e li hanno resi schiavi sottoponendoli a lavori terribili, la fatica del trasporto, dell’aratura, dell’attingere l’acqua, del far girare la mola, e dell’essere cavalcati. Ci hanno costretto a questi compiti con percosse, mazzate e ogni tipo di coercizione, torture e castighi per tutta la vita. Alcuni di noi sono fuggiti in deserti, luoghi abbandonati o cime di montagne, ma gli adamiti ci hanno inseguito, dandoci la caccia con ogni tipo di astuzia e arnese.
Chiunque cadeva nelle loro mani veniva aggiogato, legato, messo in gabbia e incatenato. Lo massacravano e scorticavano, gli squarciavano la pancia, gli tagliavano gli arti e rompevano le ossa, gli strappavano i tendini o le piume, gli strappavano la pelliccia, e lo mettevano sul fuoco a cucinare o ad arrostire su uno spiedo, o lo sottoponevano a torture anche più tremende, tormenti impossibili da descrivere. Malgrado tutto ciò i figli di Adamo non sono paghi di quanto ci fanno. Adesso sostengono che è loro diritto inviolabile, che loro sono i nostri padroni e noi i loro schiavi. Trattano chiunque di noi fugga come fuggitivi, ribelli, e disertori – senza alcuna prova o ragione oltre la forza bruta”.