03 Maggio 2020

“No, io non mi faccio mettere in scacco da due righe verticali, le precedo”. Un libro in 3D: tre domande a Lidia Popolano, autrice di “Rinascite”

Rinascite è il titolo del tuo libro, ci racconti come nasce quest’opera così particolare?

C’è un periodo molto lungo della mia vita in cui ho tenuto per me riflessioni, dialoghi, emozioni, studi. Vivo questo periodo come un crogiolo di anima (se così vogliamo chiamarla) che ha trovato la strada per esprimersi, a partire da circa venti anni fa, nel mio primo romanzo, ma anche in questa sorta di prosa e nella poesia. Qualcuno ha intravisto della poesia anche in quest’opera. Non so se questo sia vero, ma so che in tutti i miei lavori si scorgono tracce di altri generi letterari.

Abbiamo definito “opera” il tuo libro, perché di difficile classificazione. Nella Prefazione Davide Grittani ci avverte: “Questo libro è così intimo che anche i racconti in esso contenuti finiscono per nascondersi, al punto che per rinvenirne il senso e la sostanza bisogna liberarsi dall’idea – mi si perdoni l’intreccio – che si tratti di racconti”. Come definiresti quello che hai scritto, così intessuto del tuo mondo intimo e personale?

Una mia lettrice attenta ha definito quest’opera come una raccolta di brevi personal essay. C’è del vero, ma con una differenza essenziale: nel personal essay, lo scrittore usa la forma del racconto per parlare di sé. Nel racconto in prima persona, invece, abbiamo qualcosa che si presenta come un enunciato di realtà, ma invece è fiction. D’altro canto, come dice Käte Hamburger nel suo La logica della letteratura, il principio discriminante fondamentale, nei generi di statuto incerto, è la volontà artistica dell’autore, non la forma. Ciò che mi ha spinta è stata la volontà di dare voce a emozioni e convinzioni di alcuni personaggi di finzione, ossia fittivi, senza osservarli dall’esterno, ma lasciando che parlassero in prima persona. Ma se invece di personaggi fittivi, fossero state a parlare le diverse sfumature della mia personalità, in fondo, per il lettore cosa sarebbe cambiato?

Il libro è scritto in modo curato, uno stile definito e maturo, si sente che c’è una predilezione per la “bella scrittura”, a tratti poetica; come metti in relazione questa esigenza con un mercato editoriale sempre più propenso a non rischiare nel pubblicare opere che non contemplino i canoni della fiction?

Devo dire che le proposte editoriali non mi sono mancate. In questo caso, poi, l’editore ha creduto fortemente in quest’opera. Premesso che ciò che conta per me è l’origine dell’impulso che mi spinge a scrivere e non il fine, il soggetto del mio lavoro non sono io, quindi il lavoro si ascrive nel genere del racconto in prima persona entro il contesto della fiction, come ho precisato nella precedente risposta.

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La lettura. Io non mi metto mai seduta davanti un foglio bianco, mi terrorizzerebbe o mi costringerebbe a tracciare scalette, mappe, estratti, contare le righe, contare i caratteri. Tutta roba buona per la scuola o per quando devi scrivere su commissione. No, io non mi faccio mettere in scacco da due righe verticali, le precedo”. È l’incipit di questo piccolo gioiello letterario che è Rinascite; l’autrice mette subito in guardia dunque, ci sfida: non siamo di fronte a un’opera qualunque, ma questa è “l’opera” creativa di ogni mente che operi una ricerca libera e dia ad essa una forma, dunque arte. Libro che si legge con il sesto senso della sensibilità (che sta in ogni singola parola/ riga); in cui lettore e opera sono in dialogo costante, esattamente come accade, a mio avviso, con le espressioni artistiche di arte contemporanea, siano esse musica, pittura, teatro o letteratura. Una voce fuori dal coro dunque, raffinata e nel contempo semplice nella suo essere audace. Credo sia soprattutto quest’ultimo il grande pregio di Rinascite: (l’apparente) semplicità, caratteristica difficile da raggiungere perché richiede innanzi tutti grande perizia e, in secondo luogo, una buona dose di coraggio. E di questi tempi, meno male che scrittrici come Lidia Popolano credono ancora nel valore della letteratura, quella vera.

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L’autrice. Appassionata di neuroetica, vive a Roma, dedicandosi all’attività creativa. Ha scritto e diretto i monologhi itineranti Di notte per i vicoli di Roma antica e Il Grande Cinema per le strade di Roma patrocinati da Roma Capitale e Fondazione Cinema per Roma (2007-2013). Ha pubblicato per 96, rue-De-La Fontaine, il romanzo Come l’impronta di un quadro (2017), Menzione Speciale della Presidenza, Premio Wilde 2019, e 2° Premio, Concorso Poeta per caso 2018. Ha vinto il Premio Nabokov 2019 con la silloge poetica inedita Abitare mura diroccate, pubblicata in eBook per Abelbooks e cartaceo per 96, rue-De-La Fontaine.

Daniela Grandinetti

*John Singer Sargent, “Claude Monet Painting by the Edge of a Wood”, 1885

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