Ha cercato il volo, la pace di una sposa all’altare. Ha abbracciato l’arte per farne messaggio di speranza e si è inginocchiata davanti ai volti ospitali, per dire che la guerra può essere anche un miraggio.
Giuseppina Pasqualino Di Marineo, in arte Pippa Bacca, sapeva che non sarebbe stato facile. Credeva nell’amore, nella fratellanza fra i popoli. Desiderava che fili invisibili avvicinassero le distanze scavate dagli uomini in conflitto. Si interrogava sull’esistenza e sapeva che la morte e la miseria creano corone di spine.
Si è punta.
Aveva fatto della performance la sua ragione di vita e con l’amica Silvia Moro aveva ideato Spose in viaggio – Brides on tour: partire da Milano e attraversare undici Paesi in cui la parola “fratello” suonava ancora come un colpo di stocco. L’ex Jugoslavia, la Bulgaria, la Turchia e la Siria, poi il Libano, l’Egitto, la Giordania e la Cisgiordania, per arrivare, infine, in Israele.
Non ce l’ha fatta. Era il 31 marzo 2008 e si trovava a Gebze, in Turchia, quando venne violentata e poi brutalmente uccisa. L’autostop, e quell’affidarsi all’altro che era mondo e accoglienza, punto focale della sua ricerca sul corpo.
Aveva trentatré anni ed era vestita di bianco. La purezza di un abito che avrebbe terminato di cucire alla fine di un percorso fatto di nomi e strade, di lingue nuove e sapori speziati. Di madri pronte a raccontare i silenzi. Il significato di una performance si disegna durante il tragitto e lei lo sapeva che “poter andare dove si vuole/ è il gesto originario dell’essere liberi”. Perché l’uomo è un essere relazionale e ha bisogno di essere riconosciuto per affermare la propria identità.
L’acqua di Gerusalemme avrebbe mondato ogni traccia di polvere da sparo ed era lì che si sarebbe addormentata per sognare il rimpatrio. Lei, sposa fra le spose, per dire che un velo non è impiccagione ma scelta consapevole di vivere nel sentimento.
La primavera è vicina e non serve retorica. Dodici anni trascorsi dalla sua partenza e da un ritorno fantasticato. Quanta violenza si è calcificata agli angoli dell’indifferenza fra donne apostrofate, molestate, insultate, infastidite, braccate, aggredite. Dove eravamo? Guardare accanto diventa urgenza e atto di coraggio.
E ora?
“Sono innamorato di Pippa Bacca” è il documentario di Simone Manetti che sarà nelle sale cinematografiche il prossimo 8 marzo. Nessuna volontà di celebrare eroine, ma memoria storica di chi attraverso l’arte ha ragionato di corpi e poteri, dell’uguaglianza che si attesta come diritto inviolabile. Un materiale inedito per dire anche della responsabilità e di quel giorno che ha visto la cattura della mano bruta, restituendo all’opinione pubblica un altro nome da incorniciare.
Pippa Bacca amava la poesia e guardava alla storia. Come Bertolt Brecht, sperava che l’uomo fosse destinato “a un compito diverso/ che mettere a soqquadro l’universo”.
Özür dilerim, Pippa. Mi dispiace.
Alessandra Angelucci
*In copertina: Pippa Bacca photo Danilo Borrelli