“Mamma, non mi drogo, non fumo, non bevo alcolici, tra le parolacce dico solo ‘caz*o’, qualche volta ‘fo*tuto’, però voglio sc*parmi le più grandi m*gnotte di tutti i tempi. Questo voglio, mamma, come voglio menarmelo in santa pace, quando mi pare, e senza che tu mi rompa le scatole. CAPITO? Ma non lo sai, mamma, a letto cosa vogliono le donne? Vogliono che gli afferri le t*tte e gliele strizzi forte, e questo solo per iniziare; poi vogliono che gli mordi i capezzoli, e che gli fai un ditalino al grilletto fino a farle svenire! Solo così godono a farsi sc*pare la p*ssera, e dopo, se sono stato bravo, mi sp*mpinano a dovere. Io ne conosco una, fa la spogliarellista, che prima di prendermelo in bocca si passa cubetti di ghiaccio sulle labbra! E lo sai, mamma, che certe volte me lo prende mentre sto in bagno, seduto sul water? Grazie a Dio, mamma, io non sono stitico come papà, che poi è stitico per colpa tua, che non te lo sc*pi più, ti sei dimenticata da tempo come si fa, e stai sempre lì a piagnucolare e a lamentarti, e a dar retta a quel pomposo intollerante buffone d’un rabbino! Mamma, io sono diventato un uomo da quando ho iniziato a dar retta al mio uccello, e a cavarmela nel mondo della p*ssera!”.
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È questo il sunto, il seme, il nettare, la gioia suprema di quel che Philip Roth è stato, per la letteratura intera, un genio infinito, scrittore immenso, lucente, che ogni aggettivo che ho in punta di dita non basta, è poco, è niente, non serve a esprimere quanto io abbia amato e ami quest’uomo. Il più grande di tutti, lo so, non sarai d’accordo con me, lo so che per genere e classe e tempo per tutta la vita se l’è dovuta vedere con Saul Bellow, e con Isaac B. Singer, e con altri, eppure, eppure, Philip Roth ha brillato e brilla di suo, nossignori, non ce n’è per nessuno, come scrive lui di sesso e dei tormenti e dello schifo e fissazioni e di ciò che di sesso è più buio insondato e insondabile e non spiegato. E questo fin dall’inizio, fin da Goodbye, Columbus, i suoi primi racconti, e fin dal 1969, 50 anni fa, quando uscì Lamento di Portnoy, e fu scandalo, e fu vergogna, e orrore etico, e infamia, e blasfemia. Sotto processo rabbinico, me lo volevano mettere, di nuovo, se non come per i 3 libri precedenti, quasi. Andava punito, Philip Roth, scandaloso, sfrenato, sudicio, irrispettoso di ogni regola passata presente futura: “Roth, a causa tua, il popolo ebraico ne pagherà il prezzo!”, e per quello che ho riassunto all’inizio, il cuore del Lamento di Portnoy, per quello che scopre, e mette alla berlina, e ingiuria, e sputa.
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Roth, ci fossi stata, con te, in quel 1969, ti avrei protetto col mio corpo, mi sarei fatta burlare insultare lapidare uccidere. Tutto avrei fatto, per te, t-u-t-t-o, abbassandomi ad ogni bassezza, per difenderti, anche se non me lo avresti mai chiesto e per orgoglio il più sacrosanto e virile di uomo. Salinger non ce l’ha detto se Holden è mai stato così, e quanto, ma tu sì, con Alex Portnoy ce l’hai sbattuto in faccia, ci hai sporcato la mente con lo sporco di Alex, che poi è il tuo, con la smania che hai, avete, voi uomini adorati, di entrare e venire in ogni antro, orifizio, slip femminile che trovate in giro, e Alex arriva a masturbarsi e a venire dentro quel pezzo di fegato che poi la madre cuoce e serve alla famiglia per cena!!! Che pagina, righe mitiche, la leggi e non sei più la stessa di prima, sei peggio, persa, andata, dannata, ti meriti gli inferi, ogni espiazione. Non hai via di scampo, Roth l’ha scritto e tu l’hai letto, e con che divina soddisfazione, e allora di chi è la colpa se non tua, e sua, di Roth il magnifico, del suo Portnoy che si sc*pa la p*ttana che ha rimorchiato insieme alla fidanzata e pagato tutti e due, ma che poi da quel gran villano che è si gode da solo, e alla sua ragazza, le fa passare la voglia, e alla fine la molla pure, in Grecia, con lei che vuole gettarsi giù dal balcone…!
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C’è poi che la sua ragazza è una shikse, cioè non solo non è ebrea, ma è una wasp, perché Portnoy cioè Roth si sc*pa solo wasp così si illude che entrando in quelle vagine possa entrare dentro l’America che conta! Peccato che le sue shikse siano parecchio deludenti, prendi Kay, già a 20 anni che c*lone si ritrova, ci fai un figlio, poi un altro e addio, diventa un armadio come sua madre. Kay: ma l’hai vista bene? Le stanno già spuntando i baffi! Per non parlare di Sarah, che te lo prende in bocca come fosse un termometro, e per convincerla a fare un p*mpino non immagini che fatica, e poi una sera, ecco che si decide, lo prende, gli fa due leccatine misere, e nemmeno te lo succhia! Santo cielo, ma come le crescono ’ste americane col pedigree, poi dici uno non santifica le p*ttane, loro sì che ci sanno fare, e quanto e come se non lo sai te lo spiega Portnoy, cioè Roth, il folle Roth, il Roth quello reale, che da sposato si chiudeva per ore, in hotel, con la prostituta del momento, basta leggerlo, in fondo, prima di morire, come aveva detto, in quell’intervista, “io scrivo di f*ga e da me leggi di f*ga”, e dimmi se non era da Nobel solo per questo, anche per questo, stupendamente per questo…?
Barbara Costa