Dick è vivo e voi siete morti! (Ergo: togliete PKD dalle grinfie del tronfio Carrère)
Politica culturale
Luca Bistolfi
Per capire la Cina bisogna leggere Pound
Politica culturale
Oggi, quasi all’imbrunire, scrivo da Torino. Ho lasciato la periferia da sola con le sue ferite ed i suoi orgogli. La grandine ha sconquassato quasi tutto, persino il tetto della mia auto. Ma che importa?
Mi cimento nuovamente nel viaggio e nella ricerca continua dei libri, coi libri, per i libri.
Essi ti cercano, sanno di trovarti. Gli intrecci che conoscono e ribadiscono sono pronti a irretire nuove vite, nuovi poeti, nuovi scrittori. Il lettore non può far altro che cedere al loro incanto ‒ tutt’altro che un miraggio.
Così, pur essendomi portato dietro le poesie di Velimir Chlebnikov, del quale volevo scrivere e parlare, m’imbatto fortuitamente, nel mio vagabondare, nelle poesie esoteriche di Fernando Pessoa.
Lui è un lume, un chiaro nella notte, un immenso monito alla sfida perenne chiamata Letteratura. Pessoa è l’orgoglio della poesia universale, l’irretire l’intrico dei sogni gli appartiene fin dal principio. Pessoa è un camminamento, un uomo che cammina. Il suo cappello e i suoi occhiali sono quelli dell’incantatore. Nello stare in trincea, non possiamo fare a meno di lui, riparandoci in parole e versi meravigliosamente abissali e/o pieni di vertigini.
Perché mi pesa sul corpo e sulla mente
questa miseria di soffrire? Mie non furono
la colpa e la ragione di ciò che mi tormenta.
Oggi non ho memoria, in questo sogno
che sono di me stesso, di quando volli essere io.
Nulla di nulla sorge dal tremendo
abisso di chi sono in Dio, dal mio
essere a me anteriore, a dirmi
chi sono, quale fui quando nel cielo,
o in quello che è chiamato cielo, potei volere.
Sono intervallo fra me e me ‒
io, che uso questa forma definita
da cui slitto ad un’altra successiva.
In altro mondo, dove la volontà è legge,
liberamente ho scelto quella vita
con la quale dapprima entrai in questo mondo.
Libero, vi rimasi ostaggio e la riscattai
col prezzo delle vite successive
di cui è causa, e dio; e tali esistenze,
essendo quel che fui, saranno chi sarò.
Dunque, può nascere unicamente questa domanda, leggendo una poesia davvero originale, dalla quale le parole pessoane non possono far altro che premere sull’interrogativo: Ed io chi sono?
Dopo tutto, i libri ci cercano, ci stanano più delle persone, aspettano l’imprevisto arrivo di qualcuno che possa dar loro nuovamente vita. E con essi rinasce l’autore: quel poeta imprevedibile e fantomatico, che in questo fatale imbrunire porta l’affascinante e irrequieto nome di Fernando Pessoa.
Giorgio Anelli