24 Luglio 2022

"Non c'è niente di più terribile di un artista mancato": "Paura di volare" di Erica Jong è un libro scomodo

Hai l’aria di una che vuole essere salvata, zucca. Te lo vai cercando. Mi guardi con quegli occhioni miopi, come se fossi il Papà Psicanalista. Passi la vita alla ricerca di un maestro e poi quando lo trovi diventi così dipendente che finisci con l’odiarlo. Oppure aspetti che saltino fuori le sue debolezze e poi lo disprezzi perché è umano come te.

Paura di volare, Erica Jong

Con Paura di volare di Erica Jong (traduzione di Marisa Caramella, Bompiani) siete i benvenuti dentro il cervello femminile. Auguri. Pubblicato nei primi anni ’70 fece ovviamente scalpore: una signorina che aveva esordito come poetessa che scrive un romanzo – parecchio autobiografico – dove usa parole come fuck e descrive accuratamente fantasie sessuali da giovane donna sposata. Incredibile, anche le donne sposate possono desiderare una sana “scopata senza cerniera”! E “In viaggio verso il congresso dei sogni ovvero la scopata senza cerniera” è il titolo del primo capitolo di questo libro.

Inizierete questo libro pensando che è tutto uno scherzo, che la situazione è irreale e grottesca: 117 psicanalisti sono sullo stesso volo per Vienna per un congresso, la nostra protagonista è la moglie di uno di questi, è stata in analisi da almeno altri sei dei centodiciassette psicanalisti e ha un sincero e naturale attacco di panico da paura di volare. Il marito le prende la mano, teneramente e terapeuticamente, ma si lamenta che è fredda. Incredibile, di solito le estremità delle persone in pieno attacco di panico sono caldissime e accoglienti, il loro respiro è tranquillo e sono sorridenti. Sto ovviamente scherzando. Insomma, l’inizio è un ossimoro.

Che cosa resta se non la puzza? Non sto parlando dei primi anni di analisi, quando si fanno tutti gli sforzi possibili per scoprire la propria pazzia e riuscire finalmente a fare qualcosa, invece di dedicare tutta la vita alla nevrosi. Sto parlando del momento in cui tu e tuo marito, dopo essere stati in analisi da tempo immemorabile, arrivate al punto in cui non riuscite a prendere nessuna decisione, per quanto insignificante, senza che entrambi i vostri psicanalisti tengano un comizio immaginario su una nuvoletta sopra le vostre teste.

Isadora Zelda White Stollerman Wing è il nome della nostra protagonista, ventinove anni e già cinque di matrimonio con lo psicanalista Bennet Wing. Secondo matrimonio, perché la signorina Isadora prima ha sposato un pazzo, nel vero senso del termine, cioè un caro brillante ragazzo che a un certo punto ha iniziato a credersi il nuovo Gesù Cristo e ha fatto sbocciare il fiore meraviglioso e carnivoro della follia; e poiché l’inconsapevolezza senza analisi produce mostri, la protagonista ha cercato come secondo marito il curatore del primo, a livello simbolico. Potremmo definire questo libro come un monumento alla reattività: ogni azione di Isadora è una reazione a qualcosa, a una ferita, a una ossessione, a un dolore. Tutto reagisce con tutto, Isadora è un composto chimico altamente infiammabile, è una donna fiammifero, ricoperta di combustibile. L’unico motivo per cui non si auto incendia è l’analisi, che poi è lo stesso motivo per cui si incendia a contatto con desideri, passioni e immagini.

Erica Jong

Leggere Erica Jong è fare un bagno di verità, quindi lasciate stare la morale e le regole, il come dovrebbe essere, il come è giusto e accettabile comportarsi. Isadora lo dice chiaramente e senza inutili abbellimenti:

Ma che cosa non andava nel matrimonio? Anche se si ama il proprio marito arriva inevitabilmente il momento in cui scopare con lui è come mangiare un formaggino alla panna: riempie, ingrassa perfino, ma niente sapori eccitanti, niente gusto dolce-amaro, niente pericoli.

Parliamoci chiaro, la Jong scoperchia il vaso di Pandora che tutte le bravi mogliettine e compagne tengono tanto ben sigillato nella cabina armadio, sepolto da quintali di vestiti e scarpe col tacco. Perché la lotta per la sopravvivenza della sessualità e dell’erotismo è una questione feroce, drammatica e senza possibilità di sconti. È un lavoro continuo, estenuante, tra marito e moglie; far sopravvivere la passione non è un traguardo che si ottiene allo scambio delle fedi nuziali, il vero gioco della vita e della morta invece inizia proprio lì. La vita infatti ci mette davanti costantemente la possibilità del cambiamento e sta a noi, individualmente, rispondere a questa chiamata con umiltà e onestà. Isadora risponde, non si lascia ingannare dalla sicurezza della vita matrimoniale, dell’avere un caro amico tra le quattro mura di case in un mondo esterno pericoloso e inospitale. Isadora non si accontenta, e alle domande della passione e del desiderio risponde rischiando tutto.

Quel che fece scalpore negli anni ’70 quando venne pubblicato questo romanzo per la prima volta furono ovviamente le descrizioni sessuali esplicite, il linguaggio colloquiale poco adatto a una signorina poetessa. Ma forse quel che è utile ancora oggi leggendo questo libro, specialmente alla luce dell’abolizione della legge per la pratica dell’aborto libero in America, è la possibilità che ci da la Jong di entrare dentro la testa delle donne, o almeno dentro una piccola parte totalmente proibita, un giardino segreto di desideri e scomode ammissioni. Paura di volare è un libro scomodo, non leggetelo se volete stare tranquilli nella vostra cappa matrimoniale di perfezione con due figli a carico; oppure leggetelo se siete alla ricerca di una scrittura onesta, troppo diretta. Un libro irrinunciabile per chi cerca di capire il femminile, questo perturbante sacro e allo stesso tempo dimenticato, troppo addomesticato nei secoli; tra imposizioni religiose, ebraiche o cattoliche che siano, la donna ha finito per essere soggiogata anche dalla nuova religione moderna, la psicanalisi freudiana, dove tutto è sesso e genitori. Un cavallo impazzito che corre nei sogni di una donna è per forza il padre, questa attrazione e repulsione erotica verso la figura maschile.

Il cavallo che continui a sognare è tuo padre. La cucina economica che continui a sognare è tua madre. I mucchi di merda che continui a sognare sono, in realtà, il tuo psicanalista. Questo si chiama transfert, no?

Il nuovo oppio dei popoli, in sostituzione di Dio, è papà – psicanalisi: abbiamo la necessità costante di chiedere a qualcuno chi siamo, di sapere da altri – fuori da noi – dove dobbiamo andare; Dio è troppo difficile da contattare, ma uno psicanalista è a portata di mano, ci illude del progresso che faremo, ci si sente migliori perché qualcuno ci dice che un cavallo nei nostri sogni è nostro padre. Quello che cerchiamo è sempre però – tanto nella religione, quanto nella psicanalisi – una risposta da qualcuno, è sempre fuori da noi la verità, sempre altrove la colpa. Siamo così per colpa dei nostri genitori, di una madre severa e di un padre che beveva, e non riusciamo a renderci responsabili nemmeno delle nostre scelte quotidiane perché tutte deviate da una comune colpa originale che risiede placidamente nell’infanzia. E così abdichiamo alla responsabilità e al diritto al cambiamento, alla nostra parte in questa storia.

A poco a poco cominciai ad apprezzare i miei pensieri. Cominciai ad ascoltare i miei sogni. Era come se fossi vissuta per cinque anni in una stanza blindata e mi avessero finalmente liberato.

Isadora Wing smette di credere a un dio salvatore psicanalista e inizia un percorso – apparentemente distruttivo – alla ricerca di se stessa, andando da sola a prendere con le proprie mani quel conflitto centenario tra matrimonio e libertà per la donna; Isadora è una donna che ringrazia la psicanalisi ma che capisce quanto sia fondamentale rendersi responsabili, imparare a sopravvivere al dolore senza nessun papà pronto a tirarci su. Questo libro affronta di petto e con severa ironia il dramma tutto femminile dell’essere libera: libera da chi e da cosa, se non ci liberiamo della paura di volare, tutto è precipizio. Siamo Sisifo che spinge quel masso su per la collina e a un passo dal farlo cadere dall’altro lato, questo torna indietro e ci schiaccia. La psicanalisi può dare la spinta iniziale ma le risposte sono dentro di noi, in una ricerca di consapevolezza fuori dal tempo e fuori dagli obblighi, dove tutti i vincoli saltano in funzione di una autenticità impagabile, non barattabile.

Non c’è niente di più terribile di un artista mancato. L’energia rimane, ma, priva com’è di una valvola di sfogo, implode, in un gigantesco peto nero di rabbia che offusca tutte le finestre interne dell’anima.

Gruppo MAGOG