06 Dicembre 2017

Pastorale italiana. La narrativa dell’attualità, ovvero: “Igor il Russo” è un personaggio di Philip Roth

La cronaca, proprio quella dei media, alle volte diventa la narrativa migliore per raccontare lo stato dei tempi di un popolo. Penso a qualche mese fa, quando, a Milano, un imprenditore 65enne investe con lo scooter una bambina di 4 anni – salva nonostante un volo di qualche metro – e ha il “coraggio” di scappare. Ad acciuffarlo è la Squadra interventi speciali della polizia locale, cioè i Navy Seals dei vigili urbani. Hanno scoperto che viaggiava con scooter sequestrato, senza assicurazione e patente revocata. Tranquilli. È successo alle quattro del pomeriggio del 7 aprile, in serata lo hanno beccato e subito dopo era già a piede libero. Per avere giustizia in Italia ci voleva che uno di quegli “incursori” impazzisse e gli sparasse in testa. In contemporanea anche “Igor il Russo” – all’anagrafe il serbo Norbert Feher – è a piede libero (per la verità lo era già da un mese e, ovvio, lo è ancora oggi). La gigantesca caccia all’uomo con elicotteri, reparti speciali e mille uomini a inseguirlo, gli ha fatto una pippa, con addirittura tre carabinieri che lo hanno intercettato ma non hanno avuto il coraggio di provare a fermarlo. E con l’edizione bolognese del Corriere della Sera dell’11 aprile che quel giorno ha giocato tutti i suoi assi, chiamando in causa la “Criminologa d’Italia”, Roberta Bruzzone: “È un soggetto psicopatico e sadico che ha improntato tutta la sua vita su reati di matrice criminale, non disturbato affatto dal senso di colpa”. Pupi Avati: “Un contesto inquietante, che suggerisce e legittima le recitazioni orrorifiche”. La famosa che non lascia il territorio nonostante tutto: “E la sua Budrio, la città dove la scrittrice Simona Vinci ha deciso di vivere, ‘non deve chiudersi ma fidarsi di se stessa’”. E anche il presidente di Federcaccia: “Lo incontrai nel 2015 aveva un arco e la bici con la ruota a terra; io gli prestai una pompa”. Non sto scherzando, non mi permetterei mai: era tutto sulla prima pagina. Con il caporedattore che in botta d’adrenalina si sarà detto. Per fortuna che Giacomo Bulgarelli, da Portonovo di Medicina, è morto nel 2009, altrimenti toccava sentire anche lui. E adesso, per beccarlo, dobbiamo confidare che Igor incroci la Squadra interventi speciali della polizia locale di Milano, i Navy Seals dei Navigli. Ma oltre alla cronaca, sono i commenti sui social che diventano il perfetto corollario di pensatori che vogliono apparire dei novelli Philip Roth in versione italiana ma fanno la figura inconsapevole di Alvaro Vitali quando faceva le scoregge nei suoi film. Come in questi giorni. Su Facebook ho 5mila amici e cerco di “gestirli” tenendo conto, oltre di quelli in carne e ossa, dei miei molteplici interessi – editoriali, giornalistici, orologieri e di comunicazione – e la cosa funziona discretamente perché il “palinsesto” che ne viene fuori mi incuriosisce abbastanza. Domenica scorsa la notizia trasversale era il grave malore a Nadia Toffa, la brava inviata della trasmissione tv “Le Iene”. Su Facebook ci sono due post successivi. Gli autori sono due uomini. Il primo commenta la pubblicità di Pandora: “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora. Secondo te cosa la farebbe felice?”. Giustamente il primo amico scrive: “Altri luoghi comuni ne abbiamo?”. Subito sotto, però, c’è il post del secondo uomo che condivide la notizia di Nadia Toffa, grave, in ospedale, commentandola così: “Nadia non facciamo scherzi che sei pure carina!”. E la conclusione, drammatica, è che quelli di Pandora conoscono bene i loro polli. E che la realtà è meglio di un romanzo di Philip Roth.

Michele Mengoli

www.mengoli.it

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