28 Settembre 2022

“Mi alzo con le palpebre infuocate”. Pasolini e i volti di Roma

Pasolini è Roma, e Roma è un regesto di volti. Li trovi nelle periferie ‒ questi volti ‒ che oramai periferie non saranno più, perché inglobate dalla città eterna, che si espande, implacabile ‒ antica e moderna. Sì, sono stato a Roma, dove l’amico e scrittore Sandro Bonvissuto mi ha invitato per presentare le mie poesie.

Quel che conta però, ciò che voglio sottolineare (oltre alla presentazione andata proprio bene), è la dignità immensa di un amico, che lotta dentro al quotidiano, e scrive, grazie alla sua seconda anima, dopo aver dato tutto come cameriere in trattoria. Credo infatti che alla fine un vero scrittore, o un vero poeta (se non entrambe le cose) debba essere tale dovendo sputare sangue per guadagnarsi da vivere. Un po’ come Carver, insomma. Nell’impossibile si rischia il possibile, raschiando il tempo da dedicare alla lettura e alla creazione di una nuova opera.

È già sera quando saliamo sull’auto, io e la mia musa (che d’ora in avanti chiamerò Abigail). Saliamo sull’auto che ci porterà a Centocelle. Nel buio della notte attraversiamo non so più se la Tuscolana o qualche altra arteria principale. Ci avviciniamo all’acquedotto. È ancora intatto, immenso, lunghissimo chilometri e chilometri. È ancora quello antico, romano, che regge e fornisce tutta la città: incredibile… Poi passiamo anche sotto uno dei suoi archi, vediamo illuminati i colli romani e, prima di svoltare a sinistra, uno scorcio veloce a Cinecittà.

Sandro ha voluto portarci in una trattoria popolare, dove sta la gente comune, il vero popolo di Roma: non quello turistico e nemmeno quello ricco; quello povero, semmai, ma con una dignità che straborda: appunto, immensa. I volti di queste donne e di questi uomini li riconosci subito con uno sguardo. Sembra che parlino. Non nascondono nulla. Esprimono la vita che fu e quella che è ancora da venire. I volti di Roma parlano. Come quello di Pasolini, del resto.

È per questo che dopo cena Sandro ha voluto portarci al quartiere del Pigneto, che appare nel film Accattone. Abbiamo camminato per tutta la Via del Pigneto, in una notte insolitamente fredda, i nostri volti sferzati da un vento gelido, ma accompagnati e accarezzati da tavolini di locali strapieni di ragazzi che animavano la movida romana.

Chissà cosa pensava Pier Paolo Pasolini quando camminava per quel quartiere; per quelle vie che bramava di giorno e nella notte, sua compagna inseparabile. Ma i volti di Roma, il volto del poeta, parlano più di qualsiasi altra cosa, e redimono il segreto nascosto di ognuno di noi, ci salvano e mi salvano da qualsiasi preoccupazione incastonata nel pensiero.

Sandro Bonvissuto dunque mi ha fatto un grande regalo a portarmi lì. A passeggiare e parlare insieme al Pigneto. A parlare di ‘futuro’. Perché di cos’altro si può parlare tra poeti e scrittori? Mentre Abigail si accompagnava alla nuova amicizia, chiacchierando con la donna del mio amico scrittore. La notte, il vento, le facce del popolo. Sandro sta con questa gente e io pure, poiché siamo fatti della medesima pasta, e tante ne passeremo ancora. Ho sempre sostenuto che la poesia debba stare lì, a servizio di qualcuno che non si conosce affatto.

La poesia, in fondo, è piena di “palpebre infuocate”. Sono quelle della gente comune che si alza all’alba e si corica al tramonto, per andare a lavorare. (Giorgio Anelli)

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Mi alzo con le palpebre infuocate

Mi alzo con le palpebre infuocate.
La fanciullezza smorta nella barba
cresciuta nel sonno, nella carne
smagrita, si fissa con la luce
fusa nei miei occhi riarsi.
Finisco così nel buio incendio
di una giovinezza frastornata
dall’eternità; così mi brucio, è inutile
‒ pensando ‒ essere altrimenti, imporre
limiti al disordine: mi trascina
sempre più frusto, con un viso secco
nella sua infanzia, verso un quieto e folle
ordine, il peso del mio giorno perso
in mute ore di gaiezza, in muti
istanti di terrore…

Pier Paolo Pasolini

Gruppo MAGOG