Il suo negozio a Gallarate, in provincia di Milano, è stato (anche e soprattutto in epoca pre internet) ed è tuttora la mecca dei dischi di importazione – soprattutto americana – di difficile reperibilità. Il suo giornale Buscadero apparso per la prima volta nel 1980 continua, mese dopo mese, a parlarci di musica senza tempo e senza confini, lontano anni luce da mode e classifiche, portando in primo piano artisti e band sconosciuti ai più, ma interessandosi solo ed esclusivamente alla qualità.
In questo mondo sfatto tra smartphone e Maneskin, dialogo a ruota libera con Paolo Carù, giornalista musicale, spacciatore di dischi, fulminato dalla musica.
Per prima cosa, la passione.
Senza quella, è vero, non può esserci nulla e non si può costruire nulla. Io sono un grande lettore del Busca, almeno dal 1998 quando, da anomalo sedicenne, preferivo i Los Lobos a Massimo di Cataldo e Willy DeVille ai Thake That. Paolo Carù, con la barba e gli occhiali da vista, mi ha sempre ricordato un pò Gerry Garcia, uno dei suoi miti.
“Io, fin da ragazzino, e grazie a mio padre, mi sono appassionato alla musica. La musica per me è diventata ragione di vita e, di conseguenza ho cominciato a collezionare dischi. Il lavoro in negozio è nato di conseguenza. Più che stare attenti a cosa veniva pubblicato andavo a cercare, ma lo faccio ancora, dischi strani o autori non popolari , musicisti strampalati, ecc. Il giornale ha seguito questi dettami: musicisti che ci piacevano e ci piacciono, famosi e non, anzi più sconosciuti , sopra tutto in Italia. A me interessa la qualità della musica così non ho mai guardato le classifiche o i dischi maggiormente sponsorizzati dalle case discografiche”.
Ed effettivamente sul Busca ci potevi e ci puoi trovare di tutto. Dalle discografie di Hendrix, Springsteen e Dylan alle recensioni dei dischi di Malcom Holcombe, Latin Playboy e Randy Newman, passando per le recensioni dei live di Phish, Tom Waits, Eric Bib e Pogues… ma quali sono i suoi artisti preferiti?
I miei miti personali sicuramente sono Van Morrison, i Grateful Dead e Dylan. Ma anche tantissimi altri. Ho iniziato fin da ragazzo ad ascoltare quello che mi piaceva. Quando eravamo adolescenti, io e un gruppo di amici, ci ritrovavamo a casa di questo o di quello ad ascoltare i Rolling Stones, tanto per fare un esempio. Eravamo una decina di persone. Poi questa ricerca e questa passione si è fatta personale e disco dopo disco sono andato a cercare i miei miti… e li ho trovati!
…e sicuramente abbiamo gusti molto simili. Su tutti Dylan, anche se non è mai stato il mio preferito in assoluto, rimane una delle mie ossessioni private. Soprattutto perché amo ascoltare più i suoi dischi meno riusciti (come Down in the Groove) che quelli storicamente mitizzati. Cosa ne pensa?
È fuori di dubbio che sia il più grande. Anche se, ultimamente, Van Morrison mostra una continuità ed un livello che Dylan non ha. Dylan ha avuto, come tutti, i suoi alti e bassi: personalmente amo poco i dischi degli anni Ottanta, mentre gli anni Sessanta ed alcune delle ultime cose incise (Oh Mercy, i due dischi acustici, Rough and rowdy ways) sono tra le mie cose preferite.
Chissà se anche e soprattutto i giovanissimi, desertificati e ottusamente devoti alle classifiche di spotify (ma una volta c’erano le radio che portavano avanti lo stesso discorso) potranno mai tornare a questo tipo di ascolti, di ricerca, di scoperte.
C’è il pericolo di questo scollamento a cui ti riferisci. Il pubblico è diviso: ci sono gli appassionati, quelli di una volta ed anche dei neofiti, seppure in quantità minore. Ma la maggior parte dei ragazzi mi sembra distaccata e disinteressata. Il cambio generazionale non è avvenuto; ci sono però giovani che comprano, per lo più vinili, e continuano a voler scoprire cosa vi sia al di là di quello che ci propina il mercato. Non siamo in un periodo florido, ma alcuni mostrano interesse e non tutto è andato in malora.
I live per fortuna non cambiano, anche se la logica di TicketOne che ormai cattura e gestisce il 99% degli spettacoli proprio non riesco a digerirla e così ho diradato sempre di più le mie presenze ai concerti concedendomi solo a quelli più underground che esulano dal business di cui sopra. Ho però ricordi indelebili di concerti memorabili; Nick Cave, Tom Waits, Willy DeVille, Lou Reed, Pere Ubu tra i tanti. Quali i suoi concerti del cuore che ancora ricorda con eterno affetto?
Per quanto riguarda i miei concerti del cuore ce ne sono decine e decine se non centinaia. Van Morrison, che ho visto una quantità di volte, Dylan ovviamente e poi Jerry Garcia a Berkely, Allman Brothers a Seattle, Black Crowes a Milano. I Fairport Convention davanti al mio negozio, Willy DeVille. I Rolling Stones e The Who entrambi negli anni sessanta, Jimi Hendrix a Milano e molti molti altri ancora. Su Ticketone… sono d’accordo con te!
Se vi capita fatevi quindi un giro a Gallarete in questa piccola roccaforte fatta di cd rari, vinili d’importazione, libri e dvd. E se volete fare uno sforzo in più vi consiglio ancora di darvi alla lettura su carta stampata, perché il Buscadero è capace di regalare emozioni anche in questo mondo odierno plastificato pieno di catene di fast food, facendovi conoscere musica che nemmeno immaginate. E poi, se proprio volete cominciare ad ascoltare qualche cosa, incominciate pure dai nomi che troverete in questa intervista fatta all’uomo della musica!