Il 28 luglio 1959 Italo Calvino si è mangiato i gomiti. O meglio, così ha scritto in una lettera a Ottiero Ottieri in cui si congratulava con l’autore romano per il successo di critica e pubblico che Donnarumma all’assalto stava riscuotendo dal momento della sua uscita. «Caro Ottiero, ho cominciato Donnarumma con grande interesse, te ne scriverò appena l’avrò finito. Sento del grande successo e – pur mordendomi le pugna – ne godo».
Ma la storia comincia ben prima, all’inizio degli anni Cinquanta, esattamente nel 1952. Un giovanissimo Ottieri spedisce il suo primo manoscritto, Memorie dell’incoscienza, a Torino, con la speranza che Einaudi possa pubblicarlo, ma al posto del suo nome utilizza uno pseudonimo firmandosi con il nome del personaggio principale del romanzo, Lorenzo Bandini, per evitare che la sua parentela con Valentino Bompiani potesse influenzare il giudizio di Calvino e Vittorini.
Ma più che familiare, la questione si rivelò ideologica: forse perché ancora ingenuo, forse un peccato di gioventù, Ottieri, che ha poco più che 26 anni, non considera il rischio di identificazione con il personaggio protagonista del suo stesso romanzo. Personaggio preda dello sbandamento intellettuale di chi aveva aderito al fascismo della prima ora e che, dopo il ‘43, si trova a fare i conti con la sconfitta intellettuale prima che storica.
Il giudizio di Calvino su Memorie dell’incoscienza non tarda ad arrivare: «Un libro sincero, scritto con una sicurezza e una sobrietà rara con una pacata abilità a dipingere caratteri e atmosfere. Indubbiamente il Bandini è scrittore assai fine e insospettato. Difficile dare sul libro un giudizio obbiettivo: è un libro intimista e psicologico, per lettori di palato fino, ma il dramma politico vi ha parte preponderante, mentre come documento non soddisferebbe nessuno né antifascisti, né missini».
In poche parole, Calvino dà un parere parzialmente positivo, Vittorini segue il ligure e chiedono a Ottieri di riscrivere una parte del romanzo. Ma questa riscrittura che si porta avanti per un paio d’anni non soddisfa le aspettative degli editor che si trovano a dover pubblicare un libro di cui non sono assolutamente convinti. Vittorini scriverà, dopo aver temporeggiato e procrastinato fino all’inverosimile (l’uscita del romanzo era pensata per il 1953 e, complice anche una lieve malattia di Ottieri, scivola fino al gennaio 1955), un risvolto che lo stesso Giulio Einaudi gli chiederà di riscrivere per smorzarne i toni. Il libro esce e Ottieri, all’oscuro di tutta la querelle einaudiana, rilancia di lì a breve con un altro libro, Tempi stretti. Un romanzo totalmente diverso dal precedente, figlio dell’esperienza nelle fabbriche del nord, la Olivetti chiaramente, della militanza nel Partito socialista italiano, della sua nuova vita milanese in seguito al distacco dalla culla romana così riassunto nella Linea gotica: «Ho lasciato il 2 febbraio, a 23 anni, Roma per Milano. Ho lasciato la letteratura, la casa agiata dei miei, la nevrosi di figlio unico».
Tempi stretti viene immediatamente letto da Calvino che ne dà parere positivo e scrive immediatamente a Vittorini: «Ti mando un romanzo di Ottieri. So che l’autore non ti garba, ma questa è cosa completamente diversa dalle Memorie dell’incoscienza», è infatti il romanzo che Vittorini vuole pubblicare, sulla fabbrica, sul rapporto operaio padrone, ma l’autore, per quel fascismo giovanile e l’appartenenza a una delle famiglie più ricche e note di Italia, pur riconoscendo il valore del romanzo commette quello che è a tutti gli effetti considerabile come uno sgarbo editoriale: non firma, e soprattutto non scrive, il risvolto di copertina adducendo a giustificazione dello strappo non la reale idiosincrasia per l’autore e quindi la legittimità all’assenza del risvolto, ma il fatto che stesse in vacanza.
Questo clima sempre più difficile per Ottieri si ritroverà anche per l’altro romanzo, Donnarumma all’assalto, romanzo che assieme a Memoriale di Volponi rappresenta il paradigma della letteratura industriale italiana. Il libro lo legge Natalia Ginzburg e lo boccia, poi Calvino lo lascia sotto alla pila dei manoscritti, finché Ottieri si stufa e lo fa leggere a Bompiani, suo zio, che ne intuisce la grandezza e vuole pubblicarlo. Ottieri tentenna, da una parte vuole sbarazzarsi di Einaudi e dai complessi di inferiorità che prova nei confronti sia di Calvino che di Vittorini e dall’altra sente ancora forte il prestigio e la conferma letteraria che riceverebbe dalla pubblicazione di questo ulteriore romanzo. Ma Bompiani è deciso, o si pubblica, e subito, oppure non è disposto ad assecondare le paturnie del nipote, e così, ecco che nel febbraio del 1959 scrive:
«Caro Ottiero
È persino ridicolo che io ripeta che il sospetto di malafede non poteva passarmi per il capo neppure per sbaglio: e così l’ingratitudine, ammesso che entri nel discorso (ma non c’entra: io sono contento se ho un buon libro da pubblicare, ma non sono grato all’autore: altrettanto vale se io faccio il mio lavoro meglio che posso).
Questi erano due punti da chiarire senza possibilità di equivoci: quanto al resto, è ora di chiudere. “Il cielo soffre violenza”. Soffrici anche tu. E vieni a trovarmi.
Tuo aff.
Valentino»
Ed è questo il punto di svolta. Ottieri si arma di un coraggio fino a questo punto inedito, sfida a suon di raccomandate Giulio Einaudi e con risposte secche il tentativo di Calvino di instillare nello scrittore romano un senso di colpa per la mancata riconoscenza per non aver pubblicato con loro il romanzo della maturità nonostante i primi, editorialmente più difficili, gli fossero stati pubblicati.
Che irriconoscente questo Ottieri, costretto a vedersi i risvolti firmati dalla redazione, i ritardi, la bassa quanto poco comprensibile considerazione per le sue opere, ad andarsene presso un altro editore che gli ha ridato fiducia in un momento difficile: «(…) Mi sono impegnato con Bompiani perché egli mi ha ridato una fiducia editoriale che avevo completamente perso: ed essa, per continuare a scrivere, mi è indispensabile. La vita di uno che scrive è già tanto difficile».
Andrea Crisanti
*Tutte le lettere tra Calvino, Vittorini e Ottieri qui citate sono state pubblicate nei tre volumi de La storia dei «Gettoni» di Elio Vittorini, pubblicato da Aragno, Torino 2007.
* Per le lettere di Bompiani, Centro Manoscritti di Pavia.