Orazio Labbate è in libreria da pochi giorni con il suo nuovo romanzo, Spirdu, edito da Italo Svevo. Un romanzo autenticamente gotico che ho avuto il privilegio di leggere in anteprima e che consiglio per almeno tre ragioni: la bellezza della lingua con cui è scritto (un misto di siciliano arcaico e italiano letterario), l’atmosfera gotica che lo permea, il fascino dei personaggi. E anche la storia procede spedita e ben costruita. Insomma, non manca nulla. E non c’è nulla di troppo. Di Labbate avevo letto anche i precedenti romanzi, che troverete citati nell’intervista, perciò non aggiungo altro, se non questo: Labbate è un autore che seguo fin dal suo esordio e per il quale nutro una grande ammirazione. Giovane e colto, serio, studioso, profondo, appassionato, intelligente e pronto rimettere tutto in discussione, proprio come piace a me. È una di quelle persone – ci siamo conosciuti a Taranto in occasione di un Festival letterario – che mi vanno subito a genio, cosa rara. Ma quando accade, c’è qualcosa di prodigioso. E voglio capire. Gli ho chiesto un’intervista, ha accettato. (Gianluca Barbera)
Orazio, sei considerato l’iniziatore del “gotico siciliano”: puoi parlarcene?
La definizione critica avvenne nel 2014 alla nascita del mio primo romanzo Lo Scuru e così via per le altre opere nel tempo. Il “gotico siciliano” è, dunque, definitivamente, un perturbante e atipico miscuglio tra l’orrore folclorico insito nei miei territori e una tendenza personale a ravvicinarli e a stravolgerli verso quel Southern gothic americano. Ecco con Spirdu l’ultimo tassello: l’horror filosofico e realistico che non nega l’intrusione della dimensione empirica e fantasmatica.
Quali modelli, se ne hai?
Cito alcuni dei miei scrittori/filosofi che ho eletto a fondamentali: Cioran, Vollmann, Bernhard, Consolo, Bufalino, Faulkner, Sgalambro, Burroughs, McCarthy, Blatty, D’Arrigo, Bolaño.
È esatto dire che Butera è la tua Providence? Qualche influenza da Lovecraft?
Sì, certamente. Traggo da Lovecraft l’adorazione verso l’abisso e le oscurità cosmiche.
E come nasce l’impasto linguistico fatto di siciliano e italiano che usi nei tuoi romanzi?
Nasce da una metodica, istintiva, intima, spirituale e insieme musicale riunione tra italiano e dialetto buterese, quello della mia zona. I toni devono essere il più possibile gutturali, chiusi e che abbiano un’insita (intranea) forza immaginifica oscura.
Con Lo scuru, Suttaterra e Spirdu, una trilogia, hai dato vita a un mondo tutto tuo, con personaggi, luoghi, miti fondativi, cosmogonie, visioni escatologiche: raccontaci qualcosa di questo mondo.
È un mondo che prova a rifondare, stravolgere o dissacrare tutti gli elementi precostituiti della letteratura siciliana contemporanea. Dalla sua mitologia religiosa ai suoi stilemi e luoghi comuni. Volevo, con coscienza, metodo e visionarietà, trasformare la mia Sicilia del sud. Eleggerla a luogo a sé, capace di dialogare col continente, con l’oltreoceano.
Quale l’idea da cui scaturisce Spirdu?
Dall’orrore e dalla bellezza della possessione, dall’amore incompiuto, dal mio rispetto teologico verso il rito esorcistico e dalla solitudine rispettosa degli uomini davanti ai fantasmi e alla morte. Davanti a quei fenomeni tutti, dove la scienza non può nulla seppur abbia una risposta consapevole per ogni possibile frammento di vita.
Per i tuoi personaggi scegli nomi quasi parlanti, come li trovi?
Li trovo grazie alla mia ossessione underground verso i film e i telefilm americani.
Sei credente? In che modo sei affascinato dal sacro, dalla religione? Quale il confine tra sacro, mistico, esoterico?
Sono cresciuto nel cattolicesimo e sono affascinato dalla sua simbologia e dalla sua mitologia. Rispetto il credo. È tuttavia, esso, arcaicamente imbevuto di sacrilego. Ciò non è un male. Il paganesimo è fondamentale per capire le nostre piene origini teologico-religiose, nonché la realtà del male secondo i credi rispettivi e secondo l’essenza primitiva di esso.
Che tipo di scrittore sei? Come vivi nel quotidiano?
Sono uno scrittore metodico e che non ama perdere tempo. Vivo la scrittura come qualcosa di molto serio, professionale. Questa serietà la applico giorno dopo giorno, dal mattino alla sera tarda, dandomi una precisa organizzazione tra lettura, scrittura, lavoro recensorio, di editing e di consulenza.
E con la morte? ti fa paura? quale il senso della vita? e quello della morte?
Non mi fa paura la morte. Credo sia qualcosa di giusto e da cercare di studiare. Da capire il più possibile proprio in vita prima che si mostri nella sua interezza nel tempo.
In che rapporto stanno fiction Tv e letteratura? come si vince la concorrenza delle fiction Tv?
Credo che film e telefilm viaggino su parametri narrativi differenti. Attualmente le serie Tv stanno però dimostrando una qualità complessiva travolgente.
Le tue tre fiction preferite?
“True Detective”, “The Leftovers” e “I Soprano”.