Datelo a queste.
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Il Nobel per la letteratura è un gioco, un Risiko culturale: che senso ha? Se premiano la ‘carriera’ (restano, titanici: Milan Kundera, Cormac McCarthy, Don DeLillo, Charles Wright, Martin Amis, Peter Handke) il premio è una tautologia (il premiato è già stato premiato dalla fama). Se premiano un ignoto, come si permettono, chi è questo? Il Nobel, a meno di colpi ‘a effetto’ (chessò: affibbiarlo a Michel Houellebecq o a un caro estinto) andrebbe sempre assegnato ai poeti, i più negletti dal consesso letterario, quelli che si fanno carico del linguaggio, che hanno una fiamma al posto della lingua.
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Quest’anno, comunque, il Nobel per la letteratura dovrebbe andare a queste. Due donne. Dall’opera possente. Che rappresentano paesi culturalmente decisivi, ma squalificati dalla storia recente. Non andrà a loro, va da sé, perché c’è sempre qualcun altro, di più importante, da premiare.
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Di Zyranna Zateli mi parlò, con entusiasmo multiplo, il suo editore italiano, Nicola Crocetti. Aveva cominciato a pubblicare la sua opera vent’anni fa, con quel romanzo che mi è ancora inciso, E alla luce del lupo ritornano. Di solito la Zateli racconta storie familiari, patriarcali, in una Grecia dei primordi. L’evidenza solenne, aliena alle mode del momento, d’insindacabile bellezza, dalla lucentezza omerica, si mescola a una visionarietà alla Ballard. Zyranna Zateli è una specie di Cassandra della letteratura neogreca. Di primo acchito, mi sembrò che Crocetti esagerasse – poi capii che stavo leggendo lo straordinario.
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“Di solito, quando qualcuno moriva – almeno a quei tempi e anche prima, da quelle parti – svuotavano la grande giara con l’acqua che tenevano in casa. La svuotavano. Perché, dicevano, in quell’acqua l’Angelo della Morte immergeva la sua spada per lavarla dopo aver reciso l’anima. Anche loro, dunque, a loro volta lavavano via il sangue del morto dall’ampio contenitore di argilla, e poi lo riempivano nuovamente di acqua fresca e pulita. Quelli che non possedevano giare facevano la stessa cosa con le anfore – la spada poteva entrare anche in un’anfora, all’occorrenza anche in una brocca. Nonostante la sua spietatezza nei confronti di quegli uomini, l’Angelo della Morte trovava sempre dell’acqua pulita per lavarsi dopo la sua impresa. Inoltre, la stanza dove si era compiuta la conquista, l’ultima uccisione, veniva imbiancata a calce perché – secondo le loro credenze – il sangue era arrivato fin sulle pareti, ed era schizzato addirittura sul soffitto… Facevano quello che sapevano – e non bisogna credere che fossero ingenuità o sciocchezze”.
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E alla luce del lupo ritornano, di cui ho calcato quel brandello, mi pare un libro straordinario, è pubblico nel 1993. La Zateli è nata nel 1951, il suo primo libro è una raccolta di racconti, La fidanzata dell’anno scorso (in Italia, stampa sempre Crocetti). Nel 2012 Crocetti pubblica il primo libro di un ciclo, Ultima venne la morte. In Francia la Zateli è pubblicata da Seuil, è stata tradotta dal 2001 al 2015; nel mondo inglese, nel 2016, la Yale University Press ha pubblicato At Twilight They Return con la didascalia: “La potente saga di una famiglia narrata da uno dei più acclamati maestri della letteratura greca contemporanea”.
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L’altra è Liliana Heker, di cui ho scritto ripetutamente, fino al paradosso (perché uno degli scrittori contemporanei più importanti dell’America Latina non è tradotto in Italia?). Classe 1943, ha animato la cultura argentina insieme ad Abelardo Castillo fondando riviste letterarie, ha discusso pubblicamente con Julio Cortázar intorno al ruolo dell’artista durante una dittatura, ha dialogato con Jorge Luis Borges (l’esito del dialogo è stato pubblicato da Castelvecchi con il titolo Diffido dell’immortalità, quest’anno). Maestra nell’arte del racconto breve, la Heker è pubblicata negli Usa dalla Yale University Press (Please Talk to Me), per tramite di Alberto Manguel (didascalia: “Maestra del genere, fu una critica irreprensibile durante gli anni della brutale repressione in Argentina”). In Argentina, per Alfaguara, sono stati pubblicate, quest’anno, le sue lezioni di scrittura, come La trastienda de la escritura. A breve, l’editore Theoria manderà in libreria il suo romanzo, di raffinata avanguardia, La fine della storia, ambientato durante gli anni della dittatura militare argentina, pubblicato in origine nel 1996.
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Eccone un brandello: “Questi criminali, figlia, che entrano nelle case e annientano gli uomini e le cose degli uomini, annientano anche in noi, in quelli che per puro caso continuano a vivere, quella trama delicata e volubile che stavamo ordendo in tempi meno bestiali e che ci formò come umani. Io cercavo una storia, figlia, quarant’anni fa io andavo alla ricerca di una storia che avesse una tranquilla trama quotidiana, però al tempo stesso lasciasse filtrare, come un tenue bagliore, la follia, la ferocia e la magia che segretamente incoraggiano gli atti degli uomini. Ma loro hanno raso al suolo l’intera fragile trama. Per chi di noi non era cieco, l’impulso poetico e la vena comica, la voglia di cambiare il mondo, l’amore con cui nelle cucine si preparano piatti aromatici, l’amore, ah, l’amore, tutto scomparve, soppiantato brutalmente dall’indignazione e dalla paura. Ci hanno distrutto, figlia, spezzandoci nel pieno della vita. Eppure arde, dentro tutti noi, i vivi e quelli sul punto di morire, dentro di noi arde il desiderio della vita. Piena e complessa e contraddittoria come deve essere la vita. Lascia che arda, figlia, tra gli interstizi dell’orrore e contro i servi della morte”.
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Siamo di fronte a un autentico capolavoro. Ma non preoccupiamoci troppo. Il Nobel per la letteratura andrà ad altri, ci sono altri da accontentare. Gli scrittori autentici, avari di proclami, lontani dall’impegno sociale, intensamente coinvolti nella letteratura, sono ignorati dai premi – hanno premura di scrivere. (d.b.)
*In copertina: Zyranna Zateli. In Italia Crocetti ha pubblicato i romanzi maggiori