11 Gennaio 2018

Il Nobel per la letteratura? Sessista, classista e partigiano. Nel 1967 lo avrebbero potuto vincere Borges, Tolkien e Pound. Invece… A questo punto, aboliamolo

Partiamo da dati di fatto universali prima di precipitare nel particolare. Il Premio Nobel per la letteratura, che siamo proni a riconoscere come il massimo riconoscimento letterario del pianeta, è profondamente maschilista, clamorosamente partigiano, sontuosamente classista. Gli archivi – che arrivano fino al 1967 – mostrano un grafico spietato: su 3.169 ‘nomine’ (lo stesso nome può ricorrere più volte, negli anni) il 90% è di scrittori col batacchio, maschietti. Il primo Nobel per la letteratura donna è del 1909, la Svezia gioca facile, va a Selma Lagerlöf, ma su 117 premiati soltanto 12 sono donne, concentrate, per altro (8 su 12) dal 1991 in qua, in era di fibroso femminismo. Dunque. Il Nobel per la letteratura è affare da maschioni. Secondo aspetto. Il Nobel per la letteratura è spudoratamente ‘partigiano’. Se osserviamo lo schema che riassume i ‘nominati’ fino al ’67 ci accorgiamo che l’Europa e gli Stati Uniti sono costellati di macchie (cioè, di ‘preferenze’), il Sudamerica ha qualche chiazza qua e là mentre l’Africa e l’Asia sono un oceano latteo, con rarissimi ‘nominati’, forse per gli accademici di Svezia quelle sono lande preda di analfabetismo millenario. Se leggiamo la lista dei vincitori del Premio Nobel, fino all’ultimo, Kazuo Ishiguro – nato in Giappone, ma cittadino britannico – la sintesi è brutalmente limpida: 29 premi Nobel per la letteratura sono anglofoni – poi non stupiamoci se in libreria e al cinema vince sempre&soltanto quell’immaginario lì, fabbricato tra Londra e New York. Tra i Paesi, è in testa la Francia (15 Nobel), seguita da Usa (11) e Regno Unito (11), poi Germania e Svezia (8 a testa) poi Italia e Spagna (6 a testa, cosa francamente ridicola: come se la Svezia avesse prodotto una letteratura, nel Novecento, migliore di quella italiana o spagnola…). Ad ogni modo, i primi 12 paesi con più Nobel per la letteratura in teca sono ‘occidentali’. Seguono Giappone, Cile, Cina, Sudafrica. Ergo: il Premio Nobel per la letteratura è di parte, è partigiano, premia sempre l’Occidente al tramonto. Soprattutto, il Premio Nobel per la letteratura è inchinato ai ‘poteri forti’, è fortemente classista. Possibile che non sia mai stato premiato un autore indonesiano, un autore afghano, un autore vietnamita, un autore somalo, un autore dell’Uruguay, un autore rumeno o albanese? Ora. Quelli dell’accademia di Svezia hanno ‘desecretato’ (qui) i faldoni che riguardano l’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura 1967. La cosa fa un po’ ridere, dacché non è che stiamo parlando di servizi segreti, di segreti di Stato, di Cia… Ad ogni modo, ogni volta che i voti vengono al pettine, s’incazzano tutti. Gli inglesi (qui) sbraitano, “avrebbe potuto vincere Graham Greene”; gli argentini (qui) berciano, doveva vincere Jorge Luis Borges (secondo il kapò dell’accademia Borges “è troppo esclusivo e artificiale nella sua geniale arte della miniatura”, infatti è diventato un fenomeno planetario…). Hanno ragione. Il Premio Nobel quell’anno va a Miguel Asturias che non legge più nessuno, mentre il romanziere de Il potere e la gloria e di Il nostro agente all’Avana e il genio di Finzioni sono ancora degli inossidabili ‘classici’. Ergo: oltre a essere classisti, partigiani e maschilisti – e un tanto qualunquisti – gli accademici di Svezia di letteratura capiscono un cavolo. Per la cronaca, tra i nomi proposti al Nobel per il 1967 ci sono futuri premiati (Samuel Beckett, Yasunari Kawabata), assoluti ignoti (Väinö Linna, André Pezard), che la dicono sul plumbeo provincialismo del Nobel, ma anche esteti dell’estremismo come Yukio Mishima, Jean Genet, Ernst Jünger, Henry de Montherlant. Tra i nomi inauditi nel consesso del Nobel, anche quelli di J.R.R. Tolkien e di Georges Simenon. Ma pure quello di Ezra Pound. Già. Perfino il vilipeso Pound, dieci anni dopo l’uscita dal manicomio criminale di Washington, ha rischiato di vincere il Premio Nobel per la letteratura. Ha vinto, come sempre, il perbenismo. A questo punto, non è meglio abolire il Premio Nobel per la letteratura, mero esercizio di potere?

Federico Scardanelli

Gruppo MAGOG