07 Marzo 2021

"Ma tu capisci, viviamo entrambi nella patria invisibile. Le tue poesie sono sempre accanto a me. Prima del sonno, la sera, leggo, questo è il nostro modo di pregare." Nelly Sachs scrive a Celan

Ho provato commozione, stasera, sfogliando un libro importante, dal titolo inequivocabile. Si tratta della Corrispondenza tra due poeti ben noti: Paul Celan e Nelly Sachs. Mi sono commosso in quanto, nella lettera scritta da Stoccolma il 10.2.1969, la poetessa premio Nobel esprime tutta se stessa, donando il cuore al caro amico Celan.

I due si cercheranno, poetando, come fratelli. “Tra Parigi e Stoccolma passa il meridiano del dolore e della consolazione”, scriverà, sempre Nelly, dieci anni prima, proprio a voler battezzare un carteggio fitto e decisivo tra due ebrei, protagonisti del Novecento letterario. Il poeta romeno Paul Celan, in quel periodo, vive a Parigi; mentre la Sachs è fuggita a Stoccolma dal nazismo.

A ben vedere, non si tratta di un semplice carteggio, bensì di un luogo dove si vengono decisamente incontro una donna e un uomo segnati da un analogo destino di sopravvissuti. Nelly si accorgerà subito che il poeta “vede molto del paesaggio spirituale che si nasconde dietro ogni cosa del mondo”, attribuendogli “il vigore espressivo necessario per dar voce al segreto che sommessamente si dischiude.” I due si riconosceranno, quindi, «fratelli nello spirito», cercando ‒ caparbiamente cercando, fino alla fine ‒ una dimora nella parola.

Venendo alla lettera del febbraio ’69, la poetessa afferma di aver scritto alcune cose per evitare di andare a fondo: “Ma tu capisci, viviamo entrambi nella patria invisibile. Le tue poesie sono sempre accanto a me. Prima del sonno, la sera, leggo, questo è il nostro modo di pregare.”

Dunque non ci sarebbe nient’altro da aggiungere. Ciò che potrebbe sembrare, agli occhi sbadati di qualcuno, del fanatismo tout court, in realtà, in quelle parole vergate a mano, ci mostra il vero significato dello scrivere, dello scriversi, cercandosi nel ‘luogo della notte’.

Non può esistere esattamente altra dimora. Il poeta abita l’andito, l’ambito corridoio che porta all’Assoluto, indossando l’abito dell’alfabeto. Ci si scopre immediatamente fratelli, compagni sulla strada della poesia. Ci si ritrova al buio, con in mano solo la candela illuminata dalle parole, come a sentenziarne un patto:

Fenditi notte

le tue due ali illuminate

tremano per l’orrore

perché io voglio andare

e ti riporto la sera sanguinante

Tua Nelly

Ritorna decisamente il concetto del sacro, del valore indissolubile di una parola data, tanto più se scritta (nonostante tutto, nel mondo, dica il contrario). Spicca, nel meridiano incontro, la gioia di sapersi vicini, pregando con parole nuove dal sapore antico.

Giorgio Anelli

*in copertina la Sachs ritratta nel 1966 quando vinse il Nobel

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